La protesta delle donne indiane contro la violenza
L’ultima notizia, data anche dalla stampa occidentale, risale al 16 dicembre scorso, ma chissà quante altre donne, ragazze e bambine sono state ancora vittime della violenza maschile, in India.
Il caso eclatante di dicembre riguarda Aisa, torturata e violentata su un autobus a New Delhi. Aisa aveva 23 anni, era una studentessa; è deceduta, dopo poco, in ospedale.
Un’inchiesta recente ha confermato al continente indiano l’amaro primato di essere il Paese in cui la condizione femminile è la peggiore: negli ultimi quattro decenni gli stupri sono aumentati del 900%. In un Paese vasto in cui, soprattutto nei villaggi, vige ancora una mentalità arcaica e patriarcale, le donne non denunciano le violenze per paura di ulteriori ritorsioni, ma anche per vergogna e senso del disonore; si moltiplicano i casi di infanticidio per malnutrizione o mancanza di cure sanitarie solo in quanto “femmine”; tante bambine vengono date in matrimonio a uomini molto più grandi di loro.
Ma in seguito al fatto grave di Aisa molte donne, nei primi giorni di questo nuovo anno, sono scese in piazza a urlare contro questo clima di violenza. Insieme a loro si è aggunta la voce anche di tanti uomini e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha offerto al governo indiano un aiuto per tutte le organizzazioni, pubbliche e private, che in India, cercano di arginare il femminicidio.
E’ anche vero, però, che nel distretto di Pondicherry, una delle misure proposte dal governo è quella di far indossare alle studentesse un soprabito…Questa è la situazione attuale in India, ma purtroppo, il fenomeno del femminicidio (termine coniato da poco) riguarda anche altri Paesi e riguarda anche gli italiani. E noi torneremo su questo argomento.