99ma Giornata del migrante e del rifugiato. Incontro con Basir Ahang, afghano hazara, rifugiato politico in Italia
può raccontare com’era la sua vita in Afghanistan prima di arrivare
in Italia? E perchè
ha dovuto lasciare il suo Paese?
di arrivare in Italia svolgevo il lavoro di giornalista presso alcuni
quotidinani locali di Kabul e nel contempo lavoravo per radio Farda
occupandomi prevalentemente di problemi sociali e diritti umani. In
quel periodo stavo anche per terminare i miei studi all’Università
di letteratura persiana perciò il tempo a mia disposizione era molto
poco, tuttavia riconoscevo l’importanza che l’informazione
rivestiva in una società uscita da poco da un regime terrorista e
oscurantista, quello dei talebani.
e moltissimi giovani come me erano ansiosi di portare il loro
contributo alla rinascita sociale e culturale del paese. Nel
2006 iniziai poi a collaborare con alcuni giornalisti italiani del
quotidiano “la Repubblica” e a raccogliere informazioni sul
rapimento da parte dei talebani del giornalista e fotografo Gabriele
Torsello, a causa di ciò iniziai a ricevere minacce di morte da
parte degli stessi talebani. Dopo
alcuni mesi trascorsi nel timore di poter essere trovato e ucciso,
grazie ad alcuni amici italiani ottenni un visto per l’Italia e il
5 Gennaio 2008 arrivai finalmente a Roma con un volo militare.
quali difficoltà ha avuto al suo arrivo? Come si trova oggi in
questo Paese e com’è cambiata la sua vita?
trascorsi ormai cinque anni da quando dovetti abbandonare il mio
paese e da allora non vi sono più
tornato. In
Italia mi trovo bene e continuo la mia attività di giornalista
occupandomi della situazione dei rifugiati sul sito kabulpress e
talvolta per la parte in persiano della BBC. Inoltre ho fondato il
sito www.hazarapeople.com in difesa dei diritti del popolo hazara di
cui anch’io faccio parte. Purtroppo però in questi anni ho dovuto
constatare un’assoluta mancanza del rispetto giuridico dei diritti
dei rifugiati. A
differenza di altri paesi europei infatti l’Italia concede più
facilmente il permesso ma non garantisce alcun diritto fondamentale.
Basti
pensare alle migliaia di rifugiati provenienti dalla Somalia, dalla
Nigeria o dal Sudan, solo per citarne alcuni, che spesso si ritrovano
a fuggire da guerre terribili rischiando la vita innumerevoli volte
durante il viaggio e che arrivando in Italia, dopo un periodo di
permanenza nei centri di accoglienza, si ritrovano in mezzo ad una
strada, senza conoscere i loro diritti, senza sapere la lingua e in
un Paese in cui molto difficilmente verranno mai assunti da qualcuno.
Io stesso quando sono arrivato ho dovuto imparare molte cose da capo,
quando si arriva in un Paese che non si conosce infatti si è come
dei bambini, bisogna imparare la lingua, conoscere un nuovo modo di
pensare e di vedere le cose, integrarsi in mezzo ad una società
diversa. Io sono stato molto fortunato non ho avuto i problemi che
riscontrano la maggior parte dei rifugiati e non ho dovuto rischiare
la vita per arrivare fin qui. L’unica cosa di cui mi rammarico è
di non sentirmi ancora parte integrante di questa società ma
piuttosto un membro di una grande comunità di rifugiati.