Re della terra selvaggia: un film sull’esclusione e sull’identità
Louisiana del Sud, ma potremmo anche
essere in Brasile, a New Orleans, ad Haiti…Hushpuppy ha sei anni,
la mamma se n’è andata e lei vive, con suo padre, Wink, e gli altri
membri della comunità “bathoub” nella Grande Vasca, il delta di
un lungo fiume. Qui le baracche sono fatiscenti, mancano quei servizi
che rendono la vita facile, ci si ciba di ciò che viene offerto
dalla natura. Ma c’è tanta solidarietà fra le persone e ci sono
determinazione e coraggio per continuare a vivere in un’area del
mondo sempre a rischio di calamità, una zona povera e tenuta
separata dalle grandi città, protette da infrastrutture e tecnologie
efficienti, quelle città considerate “civilizzate”.
della fine perchè la sua maestra parla in continuazione del
riscaldamento globale, dello scioglimento dei ghiacciai e dell’arrivo
dei terribili Aurochs, quelle bestie giganti e terribili che
porteranno a termine l’Apocalisse. Ma un’altra fine, più vicina e
certa, colpirà la bambina, quella del padre, ammalato di cuore.
Wink, per questo, educa la figlia a non mollare mai, a non
piangere e a non temere niente e nessuno perchè lei, un giorno,
dovrà diventare il “re della terra selvaggia”, ma Hushpuppy
coltiva, dentro di sé, il sogno di ricongiungersi a quella madre
talmente bella e dolce che, quando camminava, sapeva accendere il
fuoco con il suo corpo.
all’esplosione della grande diga per svuotare il villaggio da tutta
l’acqua accumulatasi, la bimba fugge , con altre coetanee, su una
nave mercantile verso un locale in cui vengono accolte da un gruppo
di ragazze alla deriva: qui lavora anche una giovane donna, proprio
bella e dolce come sua mamma…uno sguardo, un lungo e forte
abbraccio ridanno alla piccola la sensazione di sicurezza e di pace.
Ma lei sa di non poter abbandonare il padre in punto di morte.
Ritorna alla Grande Vasca e, al capezzale del genitore, finalmente ,
i due piangono insieme.
questo periodo nelle sale italiane, è il primo film di Benh Zeitlin,
di produzione indipendente, vincitore di numerosi premi e tratto
dalla pièce intitolata “Juicy and the delicoius” di Lucy Alibar.
In entrambi i testi si affronta il tema della dicotomia tra Natura e
Cultura, ma il film mette in evidenza anche il percorso di formazione
di una bambina che diventa adulta in condizioni di difficoltà
pratiche e psicologiche, ma che recupera gli affetti, anche grazie
alla figura paterna, dura e severa sì, ma allo stesso tempo
profondamente umana.
cinematografico, il regista – grazie a una sceneggiatura che spazia
dall’epica alla poesia – restituisce agli spettatori un’opera di
grande respiro, un’atmosfera magica (sottolineata anche dalla
colonna sonora ) che parla di fierezza e dignità, della difesa di
una propria identità culturale e del rispetto per sé e per quelli
considerati “Altri”. Senza dubbi e senza rassegnazione.