Un nigeriano si oppone al decreto di espulsione: a ferro e fuoco il CIE di Ponte Galeria
Alle
porte di Roma, il centro di identificazione ed espulsione (CIE) di
Ponte Galeria è stato messo a ferro e fuoco da alcuni detenuti
nigeriani dopo che uno di loro, Victor di 29 anni, si è opposto al
decreto di espulsione emesso nei suoi confronti. Alcuni immigrati,
suoi connazionali, hanno dato alle fiamme materassi e suppellettili,
altri sono saliti sui tetti dell’istituto. Durante la rivolta è
stata ferita alla mano una poliziotta e sono dovute intervenire tre
squadre dei vigili del fuoco.
rappresentanza nigeriana è la più numerosa, all’interno di questa
struttura, con circa il 40% della popolazione maschile ospite (43 su
132 persone). L’immigrato nigeriano non è stato rimpatriato, altri
otto sono in stato di fermo giudiziario, mentre gli altri immigrati
(non nigeriani) sono rimasti indifferenti all’accaduto.
gesto di Victor e dei suoi connazionali non è l’unico Nei giorni
scorsi un cittadino ivoriano si è dato fuoco all’aeroporto di
Fiumicino dopo il respingimento della sua richiesta di asilo:
piuttosto che entrare in un CIE o tornare in patria, ha preferito
tentare di togliersi la vita. E, sempre di recente, un altro
cittadino africano si è gettato sotto la metropolitana romana.
Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, sostiene che le
condizioni nei CIE italiani siano proprie di un lager e che le
persone “ospiti” al loro interno, in realtà, si vengano a
trovare in una condizione di vera e propria tortura psicologica
perchè i CIE sono luoghi di privazione della libertà personale e di
sistematica violazione dei diritti umani: persone che non hanno
commesso alcun reato sono, infatti, private della libertà e dei
diritti solo perchè si trovano nel nostro Paese senza un permesso di
soggiorno.
questi ultimi episodi dimostrano che si debba continuare a parlare
dei CIE per rivedere le condizioni di vita dei migranti al loro
interno e che si debba varare una radicale riforma delle leggi
sull’immigrazione.