William Kentridge: riflettere sulla contemporaneità
di Johannesburg, classe 1955, William Kentridge è un artista
completo, eclettico e profondo. Disegnatore, incisore,
cineasta crea installazioni oniriche e visionarie, film animati
contaminati dalla musica e dalla danza, dalla poesia e dal teatro:
per esplorare la contemporaneità.
Arte è in mostra al MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI
secolo) di Roma, fino al 3 marzo 2013 con un’esposizione intitolata
William Kentridge. Vertical
Thinking, a cura di Giulia
Ferracci. Il nucleo della mostra è dato dall’installazione “The
refusal of Time” ed è, come racconta la curatrice:
“Un’istallazione colossale, un’esplosione di musica, immagini,
ombre cinesi con, al centro dello spazio, una scultura lignea che
ricorda le macchine di Leonardo Da Vinci”. Si tratta, infatti, di
una riflessione sul tempo standardizzato dalle convenzioni globali.
Kentridge, oltre a proporre riflessioni metafisiche, sa anche calarsi
nella realtà, intrecciando, ad esempio, gli avvenimenti del suo
Paese d’origine (il Sudafrica) con i lavori dei grandi maestri del
Passato e marchiando le opere con il proprio stile, uno stile che
mescola acqueforti e intagli, disegni e materiali di archivio, video
e fumetto. L’argomento che gli sta più a cuore è il tema
dell’apartheid, la “roccia”, come lui ama definire la
segregazione razziale, quella roccia, quel macigno contro cui anche
l’arte è destinata a scontrarsi. Come molti altri artisti, anche
suoi connazionali (quali, ad esempio, la Gordimer e Coetzee),
Kentridge non affronta spesso l’apartheid in maniera diretta e
frontale, ma lo fa attraverso artifici artistici che restituiscono
agli spettatori sensazioni e vertigini, che suggeriscono associazioni
di idee, che costringono ad andare oltre l’apparenza per scoprire il
significato nascosto della sua analisi e della sua riflessione. Ecco,
quindi, che, in “Zeno Writing”, la vicenda del protagonista del
romanzo “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo diventa metafora
della società sudafricana contemporanea; oppure in “Flagellant”,
liberamente tratto da “Ubu Roi” di Alfred Jarry, torna il tema
della segregazione; oppure nel grande arazzo “North Pole Map”
viene evocato l’attraversamento dei confini.
sguardo sul Presente, quello dell’artista sudafricano, sensibile e
raffinato, per un giudizio implacabile.