Laura Boldrini, a Milano, per celebrare la festa della liberazione
di seguito, il discorso del Presidente della Camera, Laura Boldrini,
pronunciato ieri a Milano, in occasione della 68ma Festa della
Liberazione. Un 25 aprile 2013, riscaldato dal sole, ma soprattutto
da centinaia di persone colorate, attente, sorridenti, convinte che
non si debba smettere di credere nei valori giusti, nella
Costituzione, nell’impegno.
Laura Boldrini |
è per
me un grande privilegio rivolgermi a voi in questa Piazza e in questa
città.
Ho sfilato nel corteo e ora vi vedo da qui. Siete tanti,
siamo in tanti, tantissimi! E c’è ancora chi parla del 25 Aprile
come di una ricorrenza stanca e invecchiata. E anche questa mattina
c’è stato chi ha scritto che questa festa è morta. Vengano qui
gli scettici, gli increduli! Questa festa è più viva che mai. È la
festa di tutti. Di tutti gli italiani liberi.
Oggi festeggiamo la riconquista
della libertà, il dono più prezioso per ogni essere umano. C’è
gioia ma c’è anche commozione, perché il nostro pensiero va ai
tanti che per farci questo dono, la libertà, hanno perso la vita,
sono stati uccisi, torturati, internati nei campi di sterminio. Ed
erano giovani, giovanissimi. Di diverso orientamento politico, di
diversa fede religiosa. La Resistenza non fu di parte. Fu un moto
popolare e unitario, per restituire dignità all’Italia intera.
Quando sono stata eletta presidente
della camera, mi è stato regalato un libro che conoscete bene : “Le
lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana”. Un libro
straordinario perché non è scritto con la penna, è scritto con la
vita. La vita di tante persone.
Quello che più mi colpisce di
quelle lettere è l’età di chi le scrisse, a poche ore dalla
morte. Quasi tutti attorno ai vent’anni. Tutti animati da una
grande speranza per il futuro dell’Italia.
Vorrei che da qui, a
tanti anni di distanza, a quei ragazzi della Resistenza inviassimo un
grande applauso, che è il nostro grazie per tutto quello che hanno
fatto, per noi e per l’Italia.
Durante la mia esperienza negli
organismi internazionali ho conosciuto gli orrori della guerra, non
me li hanno raccontati: nei Balcani come in Medio Oriente o in
Africa, altre ragazze e altri ragazzi feriti, imprigionati,
torturati. E se riescono a mettersi in salvo diventano rifugiati,
persone costrette a fuggire dai loro paesi perché vittime di
persecuzioni e di violenze.
Come Sandro Pertini, costretto dal
fascismo a riparare in Francia, e molti altri italiani come lui.
Così
sono quei giovani della primavera araba che hanno sfidato regimi
dittatoriali che sembravano irremovibili e molti altri in tutto il
mondo che continuano a farlo, rischiando la vita ogni giorno. Sono
anche loro combattenti per la libertà. E alcuni vivono in casa
nostra, che deve essere anche casa loro. Ce lo dice la Costituzione!
Ce lo dicono i nostri ideali : libertà, uguaglianza, fraternità!
Mai
più il fascismo. Mai più guerre. Questa l’invocazione dell’Italia
libera, subito dopo il 25 Aprile. E questo monito avevano in testa i
costituenti nel redigere la nostra carta fondamentale.
Oggi,
insieme alla Liberazione, celebriamo i valori della Costituzione: il
ripudio della guerra, l’uguaglianza, la giustizia sociale.
È una giornata di ricordo. Ma deve
essere anche l’occasione per riflettere e per chiederci : da che
cosa ci siamo liberati il 25 Aprile?
Da un regime politico
totalitario, innanzitutto. Ma anche dai valori che propugnava.
Ci
siamo liberati dal mito della nazione e del popolo come comunità
chiusa, che deve essere “purificata” da coloro che possono
infettarla : i dissenzienti, i diversi, i deboli, le minoranze
etniche e religiose.
Ci siamo liberati
dall’autoritarismo e dal conformismo.
Ci siamo liberati da una
concezione del potere tutta basata sulla violenza, dall’idea di
superiorità razziale, dall’espansionismo aggressivo.
Ci siamo
liberati dalla celebrazione della virilità, del maschilismo, della
riduzione della donna a “madre e sposa”, dalla sua esclusione dal
mercato del lavoro, dalla società e dalla politica.
Da tutto
questo ci siamo liberati!
E abbiamo abbracciato altri valori:
quelli di una società pluralista, dei diritti individuali e
collettivi, della cittadinanza attiva. Quelli del ripudio della
guerra e della ricerca della pace tra i popoli. Quelli della
liberazione delle donne e dell’uguaglianza di genere.
Sono gli
stessi valori che troviamo scolpiti nella Dichiarazione universale
dei diritti umani, che è per me l’espressione più alta della
cultura antifascista.
Sono i nostri valori, i valori della
repubblica italiana.
Guai però a considerarli acquisiti
una volta per tutte. Essi sono continuamente minacciati da gruppi e
organizzazioni neofasciste. Gruppi pericolosi, perché cercano di
fare proseliti tra i giovani. Approfittano dello smarrimento di
ragazze e ragazzi ai quali è stata sottratta la fiducia nel
futuro.
Vi è un pullulare di siti Internet che inneggiano al
fascismo e al nazismo, all’odio razziale e alla violenza contro le
donne. Questo, in un paese civile, non è tollerabile !
Esiste una
convenzione del consiglio d’Europa, ratificata dall’Italia, che
impegna gli Stati a punire chi, anche attraverso la rete, diffonde
materiale xenofobo e, per odio razziale, minaccia e insulta altre
persone.
Questa Convenzione va applicata
rigorosamente.
Ma serve anche altro. Serve una battaglia
culturale, di idee, di valori. Parliamo con i nostri ragazzi, non
lasciamoli in preda a questa sottocultura ; trasmettiamo loro, nel
modo più semplice e più chiaro possibile, la bellezza di quei
valori che ci vedono insieme oggi, su questa piazza e in tante altre
piazze d’Italia.
E smentiamo quei luoghi comuni che
continuano a scorrere come un veleno nelle vene della società.
Capita ad esempio di ascoltare perfino esponenti della politica e
della cultura, affermare che ci sarebbero differenze tra un fascismo
“buono” e un fascismo “cattivo”. Il primo sarebbe il fascismo
“con il senso dello Stato”, il fascismo “modernizzatore”, il
fascismo ricco di valori – l’onore, la patria, la famiglia. Il
fascismo “cattivo” sarebbe quello dell’alleanza con Hitler,
delle leggi razziali, della guerra.
Queste idee vengono da lontano e
hanno fatto breccia in una parte dell’opinione pubblica. Si sono
perfino convertite in luoghi comuni, in chiacchiera da bar. Ma sono
idee completamente sbagliate e bisogna dirlo con forza!
Bisogna dire che non è mai
esistito un fascismo buono. Che il fascismo è stato un regime
illegittimo perché nato dall’esercizio massiccio della violenza
squadristica e da una pratica del potere basata sull’assassinio
politico, sulla soppressione delle libertà individuali e collettive,
sulla persecuzione degli oppositori, sulla manipolazione
dell’informazione.
Ce ne siamo liberati, con il 25 Aprile del
1945 e con la Costituzione del ’48.
Ma il germe dell’autoritarismo è
sempre pronto a diffondersi, soprattutto in tempi di crisi economica.
Non possiamo dimenticare che tra le cause scatenanti il fascismo vi
fu la disoccupazione di massa che fece seguito alla prima guerra
mondiale. E che il partito di Hitler fu sospinto al potere da masse
di popolo senza lavoro e senza reddito, dopo la grande crisi del ’29.
Anche oggi, in diversi paesi
europei, maturano risposte autoritarie e illiberali alla grave crisi
economica che comprime come in una morsa la vita di milioni di
persone.
Dobbiamo quindi stare in guardia e respingere ogni
insorgenza neofascista e ogni populismo autoritario.
Ma dobbiamo
soprattutto, le istituzioni debbono – il parlamento, il governo, le
regioni – dare lavoro ai giovani, aiutare i pensionati, sostenere
le madri e i padri di famiglia che perdono il lavoro, gli artigiani e
i piccoli imprenditori strangolati dalla crisi.
No. Nessuno deve essere lasciato
solo. Anche così si difende la democrazia!
E la democrazia ha
bisogno costantemente di essere difesa. Quante volte gli italiani
sono stati chiamati, nella storia repubblicana, a difendere la
libertà e le istituzioni democratiche!
È stato necessario,
perché il fascismo ha lasciato una impronta profonda sulla vita
della Repubblica.
La vita delle istituzioni italiane è stata
particolarmente travagliata, molto più di tutte le altre democrazie
europee. È stata attraversata in modo più violento che altrove
dalle lacerazioni della guerra fredda. Minacciata più di altre dalla
presenza inquietante di strutture parallele, da settori militari e
civili infedeli,dal rumore di sciabole…
L’Italia è stata colpita
ripetutamente dalla violenza politica, dal massacro indiscriminato di
cittadini inermi, dall’attacco militare della mafia, dalla barbarie
del terrorismo, dall’assassinio a tradimento di servitori dello
stato e di politici, sindacalisti, giornalisti. Tanti, troppi, anche
dopo la Resistenza, hanno continuato a morire per difendere la nostra
libertà e la nostra democrazia. Ci inchiniamo ancora una volta alla
loro memoria, abbracciamo le loro famiglie, sentiamo come fosse
nostro il loro dolore.
Anche grazie al loro sacrificio, l’Italia
ha superato con coraggio quella fase terribile della sua storia.
Ma si tratta di una ferita
dolorosa. Una ferita ancora aperta. Tante, troppe di quelle vite
perdute nelle piazze, sui treni, sugli aerei, non hanno ricevuto
giustizia. In tanti, troppi casi le istituzioni non hanno saputo dare
una parola di certezza sugli esecutori e sugli strateghi del
terrore.
Questa mancanza di verità e giustizia è una sconfitta
per le istituzioni.
Per questo, ci tengo a dire proprio oggi, 25
aprile, che mi unisco a quanti chiedono l’abrogazione completa e
definitiva del segreto di stato per i reati di strage e
terrorismo.
Perché in un paese civile la verità e la giustizia
non si possono barattare e non si possono calpestare.
Vorrei concludere con le parole che
Piero Calamandrei rivolse ai giovani, qui a Milano, dieci anni dopo
la Liberazione. Era un discorso sulle origini della nostra
Costituzione. “Se volete andare in pellegrinaggio – disse
Calamandrei – nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate
nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono
imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un
italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate li, o
giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”.
Grazie, per avermi invitato a
questa bella manifestazione, per avermi accolto con tanto affetto,
per avermi permesso, in questa giornata di festa, di stare qui con
voi, a Milano, città medaglia d’oro della Resistenza.