Uno sguardo pulito
e della cultura, della Storia e della bellezza, ma camminando con il viso
all’insù si può scoprire anche altro, ad esempio una targa come questa:
scegliamo un brano tratto da un libro bellissimo e che ci permettiamo di
consigliarvi se amate la città: si intitola
ISOLE: guida vagabonda di Roma ed è di Marco Lodoli (edito da Einaudi).
della città: e possono essere quadri o alberi, libri o angoli in penombra,
statue o fontanelle, luoghi che quasi si nascondono per non essere cancellati,
come quei gatti bellissimi che scopriamo accoccolati sotto il parafango di
un’auto in sosta e che ci studiano con i muscoli tesi e gli occhi pieni di
apprensione, perché hanno visto tanti compagni travolti dalla furia delle
macchine.
si ritraggono e non si fanno più vedere. Ma in fondo il valore delle cose può
risiedere soprattutto nel nostro modo di osservarle: ogni gatto può essere raro
e prezioso come una tigre del Bengala, e anche il luogo apparentemente più
banale può meritare una fotografia e una cornice, proprio come un tempio azteco
o una spiaggia lontana.
sulla collinetta di via Olina, a Torre Maura. Avevo un’ora di pausa e niente da
fare, se non cercare di capire ciò che avevo davanti agli occhi: uno spiazzo
desolato e case venute su senza pretese, mattoni a vista e parabole in bilico
sui tetti. Al primo piano una donna cinese puliva con cura i vetri delle sue
finestre, mentre sul terrazzino la lavatrice ruotava panni colorati.
piccolissimi, bianchi, neri, gialli, anche loro si rincorrevano e giravano
allegri come i panni nella lavatrice. Poi sono passate tre giovani nigeriane
con i volti bassi: nelle buste di plastica tenevano i vestiti striminziti che
avrebbero indossato più tardi, negli stradoni dove andavano a prostituirsi. Su
un muro laterale c’era scritto: ‘ Insieme a te è stato un hanno d’amore
indimenticabile’, scritto proprio così, con l’acca. E poi mi è scivolata
davanti una Ritmo celeste, mezza scassata, guidata a passo d’uomo da uno
zingaro che rideva a crepapelle: in equilibrio sul cofano c’era un gattone
spelacchiato, sembrava il marchio di quella macchina, di quella vita. E intanto
la cinesina seguitava a lavare i vetri, a renderli sempre più limpidi, e pareva
volesse dirmi: fai anche tu lo stesso, pulisci il tuo sguardo.”