La guerra e l’amore, l’orrore e la bellezza: le poesie di Golan Haji
Haji è un giovane poeta curdo siriano, patologo di professione, ma
poeta di fama riconosciuta, vincitore di molti premi letterari e
collaboratore per diversi organi di stampa libanesi anche se ora vive
in esilio in Francia a causa della guerra civile nel suo Paese
d’origine.
questi giorni è uscita la raccolta dal titolo “L’autunno, qui, è magico e immenso”, ed. Il Sirente, in cui
l’autore propone le sue liriche, scritte negli ultimi due anni e
pubblicate per la prima volta in italiano e con testo arabo originale
a fronte.
guerra è fatta di lance che trasfigurano il corpo della terra;
l’orrore comporta paura, solitudine e abbandono; l’esilio può essere
ironia e la bellezza, cosa può essere la bellezza se non lo sguardo
di un bambino e un desiderio nascosto dietro la spalla e sotto le
ciglia?
la lezione di Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”, la
poesia, nel testo di Haji, si pone, nei confronti della guerra, come
Perseo di fronte alla testa della Gorgone: il poeta non rimane
pietrificato perchè non guarda la testa, ma i suoi riflessi nello
scudo. Un poeta, Haji, fortemente ancorato alla contemporaneità, ma
che non permette all’orrore di pietrificare anche la libertà insita
nel fare poesia. Nei suoi versi orizzonti, corpi e anime sono composti
dalla stessa materia e quelle pietre o quelle lance possono farsi
nuvole.
infatti, dice: “Per uno scrittore in una situazione come quella
della Siria, usando l’uscita di sicurezza dell’incubo per superare le
lacrime e il dolore, è importante riuscire a vedere noi stessi in
modo diverso, la nostra memoria e il nostro passato. Dobbiamo
meditare e contemplare il passaggio di tempo degli ultimi due anni e
interrogarci”.
corpo della terra evaporare
piogge gli avevano insegnato,
delle rose addormentarsi
gatti gli avevano insegnato;
il pozzo lo guidava ad occultarsi.
le foglie in giro volano e urlano;
l’affanno dell’albero lui ascolta.
mondo è lacerante come le punte delle lance,
sventolano come stendardi nell’arena
i folli nuotavano nelle nostre ferite
di rimanere aperte;
nulla questo sangue fermerà
il sole e il vento.
L’autunno, qui, è magico e immenso