Tornare a parlare di Lampedusa, tornare a parlare dei migranti
Conversazioni su isole, politica, migranti”, edito dal Gruppo
Abele è una lunga intervista che
Qui Marta
Bellingreri, scrittrice e mediatrice culturale palermitana ha fatto
al
sindaco di Lampedusa e Linosa Giusi Nicolini che ha presentato, ai
gruppi di Camera e Senato, una proposta di legge per far nascere la
“Giornata
della memoria e dell’Accoglienza” dopo il terribile naufragio
che ha visto morire nel “Mare nostrum” centinaia di migranti.
Abbiamo posto alcune domande all’autrice, Marta Bellingreri, che ringraziamo molto per la sua disponibilità.
L’isola di Lampedusa è un’isola siciliana, più vicina alle coste africane che a quelle siciliane. Entrambe, io e Giusi, siamo delle isolane, siciliane, lei lampedusana, io palermitana. Quando ho conosciuto Giusi si occupava di Legambiente Lampedusa, era la direttrice della Riserva Naturale. Lei è sempre stata attiva sull’isola e quando ho messo per la prima volta piede sull’isola nella primavera del 2011, anche io ero un’attivista, non lavoravo allora per una ong, ero attivista del Forum Antirazzista di Palermo. Il nostro confronto sul tema dell’accoglienza dei migranti è stato diretto e spontaneo fin dall’inizio. Sapevamo l’una dell’altra di essere in prima fila, lei sull’isola, io nel capoluogo siciliano. C’è stata da parte mia immensa curiosità, quella del resto c’era e continua ad esserci nell’ascoltare il punto di vista privilegiato dei lampedusani tutti e dei lampedusani attivi nell’accoglienza. Forse anche lei era curiosa delle mie esperienze in paesi arabi, e ancora di più lo era nell’ascoltare la continuazione delle storie, ossia le storie delle persone transitate da Lampedusa e poi trasferite ancora, che io avevo continuato a sentire. Lo dice pure nell’intervista: non mi interessa sapere solo che lascino l’isola, mi interessa anche sapere cosa succede dopo. Non credo ci siano differenze, forse io a cause dei miei studi ho più interesse a seguire i dettagli di politica interna a paesi arabi e/o africani ed interesse dunque a suscitare attenzione di chi si occupa di accoglienza in Italia.
Lampedusa è innanzitutto un’isola che ci parla di una parte d’Italia, come altre, dimenticate e che solo all’occorrenza diventa oggetto di uno show televisivo: che si tratti, tristemente, drammaticamente e consapevolmente, di tragedie; che si tratti di altro. Lampedusa chiede dei servizi e delle agevolazioni economiche per alleviare la sua posizione di confine e marginalità: la sua popolazione è la prima a migrare per motivi di studio,salute, lavoro, burocrazia. L’umanità in transito, quella delle popolazioni migranti, ci parla della povertà, della guerra di altri paesi, della forza straordinaria e del coraggio; ci porta la ricchezza e la gioia delle culture che resistono sotto le bombe o in anni di dittatura. Un’umanità che andrebbe ascoltata e lasciata sì transitare ma liberamente.
Non riesco a rispondere a questa domanda. In Italia ci sono esempi eccezionali, storie magnifiche di differenze che si integrano, di danze e musiche che si mescolano, di amori che nascono e crescono, di associazioni, librerie, musei, comuni, palestre, uffici, università, bar… insomma luoghi e case che sono sì per me l’Italia aperta, o se si vuole chiamare “multietnica”. Forse siamo lontani e queste sono esperienze minori, ma sono esperienze belle, le uniche che cambieranno, per ragioni più demografiche che politiche o culturali, le leggi e l’Italia.
Innanzitutto le condizioni
Credo che negli ultimi anni |