L’Algeria di ieri e di oggi
Lemhanouer
Ahmine vive in Italia dal ’94 e nel suo nuovo documentario, dal
titolo Ouine Algeria?(Dove
va l’Algeria) traccia la
Storia del suo Paese d’origine, una storia strettamente intrecciata
alle vicende della sua famiglia. Per celebrare i 50 anni
dell’Indipendenza e anche per capire il Presente.
è stato presentato in prima mondiale al Festival del cinema
africano, d’Asia e America latina di Milano.
rivolto alcune domande al regista e lo ringraziamo per questa
intervista che è stata realizzata pochi giorni prima delle elezioni
in Algeria.
nasce questo nuovo progetto?
luglio 2012 sono stato in Algeria per il 50° anniversario
dell’Indipedenza. Ho preparato il documentario con Luca Cusani e
siamo partiti dalla domanda: “ Perchè in Algeria non c’è stata
una primavera araba?”. Per rispondere a questa domanda bisogna
attraversare una serie di passaggi fondamentali della storia algerina
e l’ho fatto attraverso la mia famiglia.
In
realtà avevo in mente il progetto già nel 2011: con Luca abbiamo
scritto il trattamento e la struttura. Per la sceneggiatura volevo
coinvolgere anche alcuni miei fratelli: uno che vive in Nicaragua e
faceva parte dei sandinisti e un altro che vive in Francia, la cui
moglie è stata la prima donna araba a diventare assessore al Comune
di Lione, nel 2001.
Dato che
volevo realizzare un trailer da presentare ai produttori e alle
televisioni, sono partito per l’Algeria con la mia cinepresa, ma era
troppo grande ed è stata sequestrata all’aeroporto. Per fortuna sono
riuscito a utilizzarne un’altra più piccola che mi hanno dato in
prestito. Quando, poi, sono tornato in Algeria l’anno successivo mi
sono portato dietro una cinepresa compatta e più discreta, ma ho
avuto difficoltà per l’audio in post-produzione. Ma la cosa più
difficile è stata tagliare alcune parti perchè ero troppo coinvolto
da quello che raccontavano i miei familiari e mi dispiaceva togliere
alcuni interventi dei miei fratelli. Ma, in questo, mi ha aiutato
molto Luca.
quali sono le tappe della tua famiglia che si collegano alla Storia
del Paese?
tutto la guerra di liberazione contro il colonialismo francese. Tre
dei miei fratelli sono morti durante la guerra di indipendenza. Mio
padre ha perso due dei suoi fratelli che hanno combattuto nella
rivoluzione algerina e si è trovato a dover mantenere la famiglia.
Dopo il
1988, durante quella che è stata definita “la rivoluzione del
pane”, l’Algeria si è aperta al multipartitismo che ha portato gli
integralisti del Partito Islamico di Salvezza al potere con la
conseguenza dello scontro con lo Stato e la minaccia di perdere la
Repubblica. Sono stati, infatti, dieci anni di terrorismo e di guerra
civile.
I miei
fratelli sono una copia fedele della società algerina: uno di loro è
un professore ecomomista e consulente del governo e del sindacato con
formazione di sinistra; un altro è un islamista che ha votato il
Partito Islamico ma, con il tempo, ha capito che il vero Islam non ha
niente a che fare con la politica e, quindi, fa autocritica pur
rimanendo convinto che il progetto islamista sia la soluzione non
solo per l’Algeria, ma per tutta l’umanità; e poi c’è un altro
ancora che è un po’ un “figlio del potere” perchè ha goduto dei
privilegi di un politico in quanto è stato senatore per un mandato.
In tutto
questo, mio padre rappresenta la memoria storica: conserva il ricordo
del colonialismo e quello del prezzo pagato per l’indipendenza.
armonia all’interno di questa numerosa famiglia, con persone che
hanno opinione tanto diverse?
Sì,
questo è l’altro aspetto del documentario. C’è molto rispetto
perchè ci possono essere opinioni diverse, ma la madrepatria, casa
nostra non la possiamo distruggere per nessun motivo e nessuna
ideologia. Il valore di questa appartenenza è superiore alle nostre
divergenze politiche.
fratelli che hai intervistato vivono in Algeria. Tu, al contrario,
perchè hai deciso di partire?
andato via nel ’94. Erano anni difficili, erano gli anni del
terrorismo e dovevo fare il servizio militare, ma non volevo
prendere una posizione netta, non volevo mettermi da una parte contro
l’altra. All’epoca c’era uno scontro tra gruppi armati e lo Stato e
io non ho voluto mettermi né con gli uni né con gli altri. Inoltre
volevo studiare e fare Cinema.
rimasta traccia del colonialismo in Algeria?
Dal
punto di vista urbanistico tutti i centri delle grandi città
algerine sono di stampo europeo. E questa è la traccia più
evidente.
Quella
nascosta è, per esempio, il fatto che si continui ad usare la lingua
francese e, secondo me, questa è una forma di dipendenza culturale.
Nell’immaginario
comune algerino si continua a pensare che tutto ciò che viene
dall’Europa o dalla Francia sia migliore; manca la fiducia nelle
nostre capacità.
aspettate dalle prossime elezioni?
persone che vivono in Algeria sia le persone che, come me, vivono
fuori vogliono semplicemente costruire un Paese che sia degno di
rappresentarci. Purtroppo, però, credo che vincerà sempre il
candidato che è al potere perchè, come ogni volta, chi sta al
potere ha messo tutto il suo peso in queste elezioni attraverso la
propaganda e, anche se non posso confermarlo, anche con i brogli.
alla domanda iniziale: perchè non è scoppiata la rivoluzione?
Per due
motivi. Primo: gli algerini hanno passato dieci anni di scontri
armati con tantissimi morti e questa è una lezione che il popolo ha
ben chiara. Secondo: vedendo ciò che sta accadendo nei Paesi in cui
ci sono state le “primavere”, osservando l’anarchia in cui sono
caduti, la guerra civile in Siria etc. gli algerini hanno detto: “
Non ci conviene”. Ciò non toglie che ci sia il desiderio di un
cambiamento, anche graduale.
possibile dialogare con Lamhanouer Ahmine martedì 3 giugno, alle ore
20.30, presso il Centro Asteria di Milano (Piazza Carrara 7, ang. Via
G. da Cermenate, 2) in occasione di un altro suo documentario
intitolato La curt de
l’America. I temi
affrontati saranno: immigrazione, convivenza tra italiani e migranti,
cittadinanza per i nuovi italiani, appartenenza a due culture e molto
altro ancora.