Dall’Afghanistan alla Turchia, direzione Europa: per il diritto alla vita
di Basir Ahang
Ringraziamo tantissimo Basir Ahang per aver scritto per noi il seguente articolo che pubblichiamo in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, oggi 20 giugno 2014.
La Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra in tutto il mondo il 20 giugno. Indetta dalle Nazioni Unite per la prima volta nel 2001 in occasione del cinquantesimo anniversario della Convenzione di Ginevra, questa giornata serve a ricordare ogni anno le milioni di persone che a causa della guerra o delle persecuzioni sono costrette a fuggire dal loro Paese. Oggi vi sono più di 36 milioni di rifugiati nel mondo e il numero sembra tragicamente destinato a salire. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) seleziona un tema comune per coordinare gli eventi celebrativi in tutto il mondo. Quest’anno un tema che molti rifugiati vorrebbero proporre all’UNHCR è quello dei richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan bloccati in Turchia da anni e delle tragedie che colpiscono queste persone quando tentando di raggiungere la Grecia. In Turchia il 12 aprile di quest’anno, i rifugiati provenienti dall’Afghanistan, avevano iniziato una manifestazione pacifica e uno sciopero della fame di fronte all’ufficio dell’UNHCR ad Ankara per protestare contro la mancata verifica delle loro richieste di protezione internazionale e della conseguente situazione di precarietà ed incertezza in cui gli stessi sono costretti a vivere. La manifestazione è stata condotta soprattutto dalle donne, molte delle quali si sono cucite la bocca in segno di protesta.
Senza un documento i rifugiati in Turchia non possono lavorare, i bambini non possono studiare e i loro diritti più basilari non vengono nemmeno presi in considerazione. La registrazione dei rifugiati è di vitale importanza anche perché permette il loro reinsediamento in un Paese Terzo. Dal primo dicembre 2012 l’UNHCR ha sospeso la registrazione dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan, come si può leggere nell’annuncio esposto sulla porta del loro ufficio ad Ankara. Interrogato sulla vicenda da alcuni giornalisti UNCHR non ha fornito alcuna spiegazione delle nuove politiche da loro adottate nei confronti dei rifugiati.
Traduzione dell’annuncio: “L’Alto commissariato delle Nazioni Unite ha sospeso la registrazione per la verifica dello status di rifugiato e per il reinsediamento in Paesi Terzi dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan. Il provvedimento è stato rinnovato a partire dal 6 maggio 2013”.
La Turchia rappresenta da sempre il corridoio attraverso il quale accedere all’Europa. Dal 2010 Frontex (l’agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea) ha tentato di chiudere le vie di accesso al confine tra Grecia e Turchia, ma ciò non ha comunque impedito ai richiedenti di continuare a rischiare la loro vita per fuggire dalla guerra e dalle persecuzioni. In Grecia i rifugiati subiscono ogni tipo di angherie e di violenza da parte della polizia greca. Un caso in particolare è tragicamente salito alle cronache. Nel gennaio di quest’anno un gruppo di rifugiati che stava tentando di raggiungere le coste greche è stato respinto in mare con la forza dalla guardiacostiera greca. Durante il respingimento la barca si è rovesciata e molte donne e bambini a bordo sono caduti in acqua; quando chi stava annegando ha tentato disperatamente di aggrapparsi all’imbarcazione dei guardiacosta, gli uomini a bordo li hanno rigettati in mare ed hanno impedito ai rifugiati di salvare i loro cari minacciandoli con delle pistole. Alla fine nove bambini e tre donne sono morte, uccise dalla guardiacostiera greca.
Uno degli intervistati del seguente video era riuscito in precedenza a raggiungere la Norvegia, Paese dal quale era stato rimpatriato in Afghanistan. Dall’Afghanistan, l’uomo, assieme alla sua famiglia aveva tentato nuovamente di fuggire con la speranza di salvarsi la vita.
Questa situazione non riguarda solo i rifugiati provenienti dall’Afghanistan, ma anche quelli che fuggono dalle altre guerre che insanguinano oggi il nostro mondo. Non resta che augurarsi che arrivi presto il giorno in cui non occorrerà più una giornata mondiale per ricordare i morti ed i vivi a cui non è concesso vivere.
English version:
By Basir Ahang
We’d like to thank very much Basir Ahang for writing the following article that we are going to publish today, 20th June 2014, on the occasion of the World Refugee Day.
The World Refugee Day is celebrated worldwide on June 20th. Held for the first time in 2001, by the United Nations, on occasion of the 15th anniversary of the Geneva Convention, this day celebrates the million people who are forced to leave their countries, every year, because of wars or persecutions. Today there are more than 36 million refugees in the world, and this number seems tragically destined to rise. On the occasion of the World Refugee Day, the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) selects a common theme to coordinate the celebratory events throughout the world. This year, a theme that many refugees would like to propose to UNHCR, is that of asylum seekers from Afghanistan, who have been blocked in Turkey for years, and of the tragedies that affect these people when they try to reach Greece. In Turkey, this year, on 12th April, the refugees from Afghanistan started a peaceful demonstration and a hunger strike in front of the UNHCR office in Ankara, to protest against the lack of verification of their applications for international protection and the resulting situation of precariousness and uncertainty in which they were forced to live. The event was carried out mainly by women, many of them with their mouths sewn in protest.
In Turkey, without any document, refugees cannot work, children cannot study and their most basic rights are not even taken into consideration. The registration of refugees is vital, also because it allows them to resettle in a Third Country. From 1st December 2012, the UNHCR has interrupted the registration of refugees from Afghanistan, as it is written in the notice on the door of their office in Ankara. When questioned on the matter by some journalists, UNCHR did not provide any explanation of the new policies adopted by them
concerning refugees.
Translation of the announcement: “The High Commissioner of the United Nations has suspended the registration for the verification of refugee status and resettlement in third countries of refugees from Afghanistan. The measure has been renewed since May 6, 2013”.
Turkey has always been the corridor for access to Europe. Since 2010, Frontex (European Agency for the Management of Operational Cooperation at the External Borders of the Member States of the European Union) has been attempting to close the access to the border between Greece and Turkey, but this has not prevented the applicants to keep on risking their lives to escape from war and persecution. In Greece, the refugees suffer all kinds of harassment and violence by the Greek police. In particular, a case has tragically gone up to the news. Last January, a group of refugees trying to reach the Greek coasts was violently rejected by the Greek coast guard. During the rejection the boat capsized and many women and children on board fell into the water. Those of them who were drowning, desperately tried to cling to the boat of the coast guards, but they were thrown again into the sea by the men on board, who also prevented refugees to save their relatives and friends threatening them with guns.
Finally, nine children and three women died, killed by the Greek coast guard.
One of the protagonists of the following video had once been able to reach Norway, country from which he had been repatriated to Afghanistan. Once in Afghanistan, he had tried to escape again, with his family, hoping of saving his life.
This situation affects not only the refugees from Afghanistan, but also the ones escaping from the several wars that afflict our world today.
Our hope is that, one day, to have a world day to remember dead people and living ones who are not allowed to live, won’t be necessary any more.