Un ambulatorio popolare per migranti e non solo
Cari
lettori,
anche noi l’intervento del 6 maggio 2014 a cura dell’Ambulatorio
Medico Popolare (www.ambulatoriopopolare.org) di Via dei Transiti di
Milano, pronunciato in occasione del presidio contro la riapertura
dei CIE e dei CARA a Milano, presidio che si è tenuto davanti alla
Prefettura della capoluogo lombardo.
Medico Popolare si trova in Via dei Transiti, 28 (MM PASTEUR) a
Milano.
Lunedì dalle 15.30 alle 19.00 e Giovedì dalle 17.30 alle 20.00
02-26827343
mail:
ambulatorio.popolare@inventati.org
“L’Ambulatorio Medico Popolare
di via dei Transiti è un’associazione che dal1994 porta avanti la
battaglia in difesa del diritto alla salute, lottando per
un’assistenza sanitaria di base gratuita per tutti e praticando una
solidarietà militante perché il fenomeno migratorio non sia
affrontato solo come un problema di pubblica sicurezza, ma come
esperienza di vita che italiani ed europei in primo luogo
sperimentano e hanno sperimentato.
Quest’anno compiremo i 20 anni
dall’apertura del nostro ambulatorio, esperienza che tanto ha in
comune con molte altre, come quelle del NAGA e di Oikos.
In Italia ai migranti privi di
permesso di soggiorno viene negata la tessera sanitaria, quindi per
curarsi possono solo richiedere un codice chiamato STP (Straniero
Temporaneamente Presente). Questo codice garantisce l’accesso alle
cure farmacologiche e specialistiche urgenti ed essenziali, ma non
l’assistenza di base: questo comporta l’impossibilità di
ottenere le prescrizioni per esami o visite e quindi di mantenere
sotto controllo patologie croniche. La regione Lombardia delega ad
associazioni di volontariato questo problema, non facendosene carico
in alcun modo.
SI nega così il diritto
all’accesso alle cure di prima soglia ad un gruppo di uomini e
donne, che nell’impossibilità di ottenerle seguendo un percorso
sanitario “convenzionale” deve ripiegare su soluzioni di fatto di
qualità inferiore, perché su base volontaria, e quindi con garanzie
di professionalità e disponibilità relative. Si genera così una
sorta di sanità di serie B, un accesso “dal retrobottega” alle
cure mediche di base, indispensabili a tutti per garantire
un’assistenza sanitaria continuativa e adeguata. Questo vale
principalmente per i malati cronici, gli anziani e i bambini; questi
ultimi due gruppi di assistiti solo da poco hanno trovato spazio nel
SSN, anche se precario e poco garantito.
In questo scenario,l’assistenza
sanitaria pubblica di base dipende dal permesso di soggiorno, che è
a sua volta vincolato al possesso di un contratto e di un reddito
lavorativo: questo spinge ad accettare condizioni di lavoro infime
pur di conservare il permesso di soggiorno, un ricatto che trova la
sua origine nelle leggi Bossi-Fini eTurco-Napolitano.
La nostra battaglia parte da qui, e
date queste premesse, l’Ambulatorio Medico Popolare non può che
sostenere la battaglia contro i CIE, che altro non sono se non dei
lager di stato dove viene negato un altro diritto fondamentale, il
diritto alla libertà.
L’Italia è un Paese senza
memoria: ci siamo indignati per il naufragio del 3 ottobre e per il
video che mostrava il trattamento di “disinfestazione” dei
migranti nel CIE di Lampedusa, ci siamo indignati per la storia di
Hellen e Joy, per i suicidi e le proteste delle bocche cucite, ci
siamo puliti le coscienze alzando la voce da più parti per
denunciare la vergogna di questi fatti. Passata l’indignazione,
però, ci siamo di nuovo nascosti dietro parole come “centri di
accoglienza” (CARA), per tacitare le nostre coscienze raccontandoci
la bugia di strutture umanitarie dove ospitare temporaneamente i
migranti, abbiamo ridato spazio e voce a politici e giornali che
straparlano di “razzismo contro gli italiani” e di “emergenza
migranti”.
Noi oggi siamo qui per fare in modo
che la memoria non si perda, per ricordare che i CIE sono una
vergogna e un abuso, per protestare, perché questo è l’unico modo
per sperare che certi ignobili fatti non si ripetano.
Chiedere accesso alle cure mediche
per tutti non significa solo lottare per il diritto alla salute, ma
implica per noi sciogliere quel legame infido e infame che lega
diritti, libertà, vita, lavoro, possibilità, sogni e aspettative ad
un misero pezzo di carta, rilasciato da forze dell’ordine
territoriali che nulla sanno di cosa voglia dire migrare o essere
liberi, fisicamente e mentalmente.
Dobbiamo chiudere i CIE subito,
chiudere i CARA subito, lasciare le persone libere di muoversi sulla
terra, perché la terra è di tutti e non saranno i loro muri a
fermarci o a dividerci.”