Risarcimento ai detenuti reclusi in condizioni inumane
È stato approvato, nei giorni
scorsi, in prima lettura alla Camera il disegno di legge che prevede
il risarcimento in favore dei detenuti reclusi in “condizioni
inumane” e ulteriori interventi in materia penitenziaria tesi a
risolvere il problema del sovraffollamento carcerario.
Il decreto risponde a un obbligo
assunto dall’Italia al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa
del 5 giugno 2014 e scaturito dalla condanna dell’Italia da parte
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per violazione
dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
nel quale è stabilito che «Nessuno può essere sottoposto a tortura
né a pene o trattamenti inumani o degradanti» (va ricordato che la
violazione dell’articolo 3 è alla base di numerose decisioni di
condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo
relative alle condizioni di detenzione).
Con la sentenza-pilota
«Torreggiani contro Italia»
dell’8 gennaio 2013 la Corte europea ha certificato il
malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano
accertando, nei casi esaminati, la violazione dell’articolo 3 della
Convenzione a causa della situazione di sovraffollamento carcerario
in cui i ricorrenti si sono trovati. La Corte ha ordinato alle
autorità nazionali di approntare, nel termine di un anno dalla data
in cui la sentenza in questione sarebbe divenuta definitiva, le
misure necessarie che avessero effetti preventivi e compensativi e
che garantissero una riparazione effettiva delle violazioni della
Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia.
Come abbiamo già evidenziato in
altri nostri post, Il problema dell’eccessivo
numero di detenuti rispetto
alla dimensione delle carceri nazionali si trascina nel nostro Paese
ormai da molti anni e questa emergenza torna ciclicamente a impegnare
l’attività parlamentare.
Soltanto negli ultimi anni, mentre la
capienza degli istituti è sostanzialmente migliorata (49.461 posti
al 30 giugno 2014) a seguito, soprattutto, di interventi di
ristrutturazione di padiglioni esistenti, si registra – anche
grazie a numerosi interventi legislativi – una netta tendenza alla
diminuzione delle presenze, fino ad arrivare ai 58.092 detenuti di
oggi. Ci sono però ancora 8.631 detenuti in eccedenza rispetto ai
posti previsti (sovraffollamento del 17%).
Il decreto votato dalla Camera
interviene su diversi aspetti della questione carcere. Ad esempio,
il decreto inserisce nell’ordinamento penitenziario (legge n. 354
del 1975) il nuovo art. 35-ter, con il quale si introducono rimedi
risarcitori per i detenuti reclusi in “condizioni inumane”. In
particolare:
1) Sconti di pena: è previsto un
abbuono di 1 giorno ogni 10 passati in celle sovraffollate, se la
pena è ancora da espiare.
2) Rimborso in denaro: spetta un
rimborso di 8 euro per ogni giornata in cui si è subito il
pregiudizio per i casi in cui:
pena sia stata già scontata (la richiesta, in questo caso, va fatta
entro 6 mesi dalla fine della detenzione);
residuo di pena da espiare non permette l’attuazione integrale
della citata detrazione percentuale (perché, ad esempio, sono più
numerosi i giorni da “abbuonare” a titolo di risarcimento che
quelli effettivi residui da scontare);
periodo detentivo trascorso in violazione dell’art. 3 CEDU sia
stato inferiore a 15 giorni;
pregiudizio di cui all’art. 3 CEDU sia stato subito in custodia
cautelare non computabile nella determinazione della pena.
La competenza per l’adozione di
tali provvedimenti è in capo al magistrato di sorveglianza, che
procede su istanza del detenuto (o del difensore munito di procura
speciale). Da qui al 2016 per i risarcimenti saranno disponibili 20,3
milioni di euro.
Inoltre, viene
modificato l’articolo 275 del codice di procedura penale, sui
criteri di scelta delle misure cautelari, in modo da limitare il
ricorso alla custodia cautelare in carcere. In presenza di una
prospettata sospensione condizionale della pena, il nuovo testo del
comma 2-bis conferma la norma, ma specifica che a non poter essere
applicata è la misura della custodia cautelare “in carcere o
quella degli arresti domiciliari”, volendo con tale specificazione
far sì che risultino escluse dall’ambito applicativo della nuova
disposizione la custodia cautelare in istituto a custodia attenuata
per detenute madri e la custodia cautelare in luogo di cura.
Viene poi stabilito il divieto di
custodia cautelare in carcere in caso di pena non superiore ai 3
anni. In altri termini, se il giudice ritiene che all`esito del
giudizio la pena irrogata non sarà superiore ai 3 anni, per esigenze
cautelari potrà applicare solo gli arresti domiciliari. La norma non
vale però per i delitti ad elevata pericolosità sociale (tra cui
associazione mafiosa e terrorismo, omicidio, incendio doloso
boschivo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e
maltrattamenti in famiglia) e in mancanza di un luogo idoneo per i
domiciliari (un’abitazione o altro luogo di privata dimora ovvero
un luogo pubblico di cura e assistenza o una casa famiglia protetta).
Vengono
introdotte norme di favore per i minori estese anche agli under 25
(art. 5): le
norme di favore previste dal diritto minorile sui provvedimenti
restrittivi si estendono a chi non ha ancora 25 anni (anziché 21
come oggi). In sostanza, se un ragazzo deve espiare la pena dopo aver
compiuto i 18 anni ma per un reato commesso da minorenne,
l’esecuzione di pene detentive e alternative o misure cautelari
sarà disciplinata dal procedimento minorile e affidata al personale
dei servizi minorili fino ai 25 anni. Sempre che il giudice, pur
tenendo conto delle finalità rieducative, non lo ritenga socialmente
pericoloso.
Più
magistrati di sorveglianza, maggiore efficienza del personale
dell’amministrazione penitenziaria e controlli sull’edilizia
penitenziaria: questi sono altri articoli previsti nel nuovo testo.
Tutto ciò,
in ragione delle particolari esigenze che caratterizzano l’attuale
situazione carceraria.