La controversa Legge 194
Marina Terragni (già
sul blog di Io Donna)
Come saprete il Consiglio
d’Europa ha recentemente condannato L’Italia
che “a causa dell’elevato numero degli obiettori di coscienza
viola i diritti delle
donne che alle
condizioni prescritte dalla 194 del 1978 intendono interrompere la
gravidanza”. Al momento nessuno sembra occuparsene, ma la sentenza
ci obbliga a trovare una soluzione.
La legge 194 è una buona
legge, che ha
consentito dagli anni Ottanta una
riduzione del 54 per cento delle Ivg.
Ma oggi è sostanzialmente
inapplicata a causa
delle altissime
percentuali di obiezione
di coscienza del personale medico e paramedico: 70 per cento con
punte fino al 90 in Campania e oltre l’80 in Lazio, Molise,
Sicilia, Veneto e Puglia, e interi ospedali che non garantiscono il
servizio (obiezione di struttura). Anche l’attività dei Consultori
si è fortemente ridotta: diminuisce il numero (per esempio, in
Lombardia si è passati dai 335 Consultori del 1997 agli attuali 216)
e viene depotenziata la loro azione.
A ciò si accompagna una vivace
ripresa di iniziativa del Movimento per la Vita,
in Italia e in Europa, oltre al proliferare dei cimiteri dei
non-nati, con cerimonie di sepoltura dei prodotti abortivi (è bene
ricordare che il diritto di seppellire i feti di qualunque età
gestazionale è già garantito da un decreto presidenziale del 1990.
Non vi è quindi alcuna necessità, se non ideologica, di istituire
cimiteri dedicati).
La massiccia obiezione è causa di
un ritorno all’aborto
clandestino (il
Ministero della Salute stima 40.000 interruzioni clandestine, numero
in difetto perché nelle ostetricie è in costante aumento il numero
degli “aborti spontanei”: dei 150 mila aborti spontanei
verificatisi nel 2011, almeno un terzo, secondo lo stesso Ministero è
attribuibile al “fai da te”, aborti non completi eseguiti in
cliniche fuorilegge o provocati con farmaci reperibili sul Web o in
farmacie compiacenti).
Altra conseguenza, il turismo
abortivo: migrazioni
interne, dal Veneto in Emilia Romagna dove la legge funziona meglio,
dal Lazio in Toscana, e così via. Cresce anche il business
dell’aborto: per
esempio, delle 3776 IVG effettuate nell’ASL di Bari nel 2011,
il 70 per cento è stato praticate in case di cura convenzionate. Il
DRG per IVG ammonta a una cifra tra i 1100 e 1600 Euro. Questo
significa 3.000.0000 di euro nelle casse del privato (dove
l’obiezione è poco significativa).
Perché si obietta tanto?
Per ragioni di carriera. Per evitare carichi di lavoro economicamente
e professionalmente non remunerativi. Per sindrome da burnout: da non
obiettore si diventa obiettore per stanchezza e per le difficoltà
connesse a un lavoro che ti pone costantemente di fronte a questioni
etiche. Per motivazioni religiose, anche se gli obiettori di
coscienza poi sono disponibili a effettuare villocentesi e
l’amniocentesi, anche in strutture private convenzionate
confessionali dove si pratica l’obiezione di struttura. E tutti
sappiamo che amniocentesi e villocentesi sono la “conditio sine qua
non” dell’aborto terapeutico.
L’obiezione di coscienza
è un diritto
garantito dall’articolo 9 della legge 194, che è una legge a
rilevanza Costituzionale. E’ garantito anche dalla Corte Europea
dei diritti dell’uomo, laddove sancisce che “gli stati membri
sono tenuti a organizzare i loro servizi sanitari in modo da
assicurare l’esercizio effettivo della libertà di coscienza dei
professionisti della salute”. Ma se il diritto alla obiezione deve
essere garantito, la Corte di Strasburgo chiarisce che ciò
non deve impedire ai pazienti di accedere a servizi a cui hanno
legalmente diritto
(sentenza della Corte del 26.5.2011). L’Europa quindi sostiene la
necessità che lo Stato preveda l’obiezione a condizione che non
ostacoli l’erogazione del servizio.
Il diritto all’obiezione
di coscienza non può quindi essere negato.
Questo diritto è garantito dall’art 3 della nostra Costituzione,
dall’articolo 9 della 194 e dall’Europa.Come
si fa, allora, a far funzionare la legge?
Nemmeno la mobilità del personale è una soluzione. I medici non
obiettori sono pochissimi. Costringerli alla mobilità su più
strutture significherebbe “condannarli” a eseguire esclusivamente
aborti, negando il resto della loro professionalità.
Molte
regioni italiane risolvono il problema chiamando medici non obiettori
“a gettone” per garantire la 194, retribuendoli in modo cospicuo:
ma non si possono fare soldi sulla pelle delle donne.
Che cosa si può fare, allora?Ogni
reparto di ostetricia dovrebbe prevedere il 50 per cento di medici e
paramedici non obiettori,
con presenza H24 di un’équipe che garantisca l’intera
applicazione della legge 194, dalla prescrizione della pillola del
giorno dopo all’aborto terapeutico,consentendo così la rotazione
del personale medico e paramedico.
Come si può garantire il 50 per
cento di non obiettori?
La strada è tracciata da una
sentenza del TAR Puglia
(14/09/2010, n. 3477, sez. II) nella quale si afferma che:
“ è
possibile predisporre per il futuro bandi finalizzati alla
pubblicazione dei turni vacanti per i singoli Consultori ed Ospedali
che prevedano una riserva
di posti del 50 per cento per medici specialisti che non abbiano
prestato obiezione di coscienza e al tempo stesso una riserva di
posti del restante 50 per cento per medici specialisti
obiettori”.
Opzione
equa, ragionevole e praticabile che non si porrebbe in contrasto con
il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione e
consentirebbe la piena applicazione della legge 194.
Il TAR dell’Emilia Romagna ((sez.
Parma, 13 dicembre 1982, n. 289, in Foro amm. 1983, 735 ss) chiarisce
inoltre che “la clausola che condiziona l’assunzione di un
sanitario alla non presentazione dell’obiezione di coscienza ai
sensi dell’art. 9 risponde all’esigenza di consentire
l’effettuazione del servizio pubblico per il quale il dipendente è
assunto, secondo una prospettiva non estranea alle intenzioni del
legislatore del 1978”.
(proposta
congegnata insieme a Mercedes Lanzilotta)