L’ospite di Mohammad Amin Wahidi
ottenuto molto successo all’ultima edizione della Mostra del Cinema
di Venezia, il cortometraggio intitolato L’ospite di Mohammad
Amin Wahidi, giovane regista e poeta afghano, rifugiato politico in
Italia.
infatti, appartiene all’etnia hazara, un’etnia discriminata nel Paese
martoriato da anni.
Afghanistan, quando ancora giovanissimo comincia a presentare due
programmi televisivi, uno dedicato al cinema e l’altro
all’insegnamento della lingua inglese. Le minacce da parte dei
talebani iniziano in questo periodo. Nel 2007 realizza Le
chiavi del paradiso, un
film d’accusa contro i talebani e la loro ideologia oscurantista
per il quale le minacce di morte diventano sempre più concrete. I
suoi genitori lo convincono ad abbandonare l’Afghanistan, due amici
giornalisti lo aiutano ad ottenere un visto e l’asilo politico in
Italia. Amin giunge così a Milano dove ancora oggi lavora.
Abbiamo intervistato Amin Wahidi che ringraziamo moltissimo.
Partiamo dal titolo del film: un titolo semplice, ma molto significativo. “L’ospite”, infatti, si riferisce sia al turista (possibilmente benestante) sia allo straniero immigrato o rifugiato o profugo…
La scelta di girare a Venezia immagino che sia stata dettata proprio dal fatto che sia una delle città più turistiche del mondo e dell’Italia: quali difficoltà incontra, invece, un richiedente asilo nel nostro Paese?
Prima di tutto vi ringrazio per il vostro tempo e per l’opportunità che mi date di poter esprimermi con questa intervista.
La scelta di Venezia come location per il corto, è stata simbolicamente fatta, perché Venezia è un porto dove tutti gli anni milioni di stranieri entrano e sono ben accolti, ma sono turisti e non rifugiati e molto importante vedere la differenza tra accoglienze un turista e un richiedente asilo. Poi ci sono stati tanti respingimenti dei richiedenti asilo da Venezia perciò abbiamo scelto Venezia.
Dunque, il primo problema per un richiedente asilo è la definizione della parola CLANDESTINO che si da a una persona che è scappata dalla sua terra; una persona che fugge dal suo paese per i problemi politici e quando arriva in Italia o in Europa, si considera subito un CLANDESTINO e noi con questo corto vogliamo definire in altro modo l’identità delle persone richiedenti asilo.
Poi ci sono altre difficoltà: i respingimenti, tempi lunghi per le procedure delle richieste, mancanza dei posti nei centri d’accoglienza etc.
Uno dei temi principali del tuo corto è quello dell’accoglienza: sei un afghano hazara che vive, studia e lavora da alcuni anni a Milano. E’ una città accogliente ?
Milano in generale si considera come una città di cemento, non solo per gli stranieri come richiedenti asilo o immigrati che vengono dagli altri paesi, ma anche per gli Italiani che vengono dal sud del paese, all’inizio per un periodo è difficile trovarsi proprio accolti, ma con il tempo, quando si fanno le conoscenze e le amicizie le cose cambiano, però molto lentamente.
Personalmente sono stato molto fortunato, grazie al comune di Milano sono stato inserito in uno delle aziende più prestigiose del paese, alla Feltrinelli dove ho un lavoro, con l’aiuto del quale sono riuscito a finire lo studio e sto continuando a fare il cinema.
Però, “con un solo fiore non viene primavera” è un detto nostro, quindi vuol dire che i casi come il mio non sono tanti. Ci sono tanti rifugiati che hanno bisogno di essere aiutati come me, tra cui ci saranno anche i talenti del futuro che un giorno potranno alzare la bandiera d’Italia a livello mondiale.
Qual è, per te, il significato della parola “esilio” ?
Per chi non ha mai provato sulla pelle l’ essere in “esilio”, non è facile definire il significato della parola però per me, che ho passato quasi due terzo della mia vita in esilio (durante la guerra civile, vivevamo in Pakistan) lo definirei cosi: “ quando sei in esilio, sei come una freccia lanciata dall’ arco nel buio verso nessun luogo e non sai dove sarai conficcato alla fine”. Questa è la sensazione che può avere sempre con sè uno che vive a lungo in esilio.
Ormai ho cominciato a non sentirmi più in esilio. Ho la mia seconda casa che è l’Italia. Spero che le cose cambino verso il meglio. Ho fatto anche la domanda per la cittadinanza italiana. Mi considero una persona con due cuori, uno legato al paese natale e uno al paese in cui vivo attualmente.
Quando è nato questo progetto e che significato ha per te e per tutti i rifugiati politici?
Il progetto è nato l’anno scorso quando ho ospitato una persona respinta dalla Norvegia in Italia, era un mio paesano che non conoscevo, ma aveva bisogno di restare un notte da me, e poi chiedere asilo, ora lui è un rifugiato in Italia. Da lì è venuta l’idea di questo corto. Quando tu vuoi ospitare una persona in difficoltà ma la legge e le norme non te lo permettono tu devi decidere come agire, considerando la tua coscienza oppure vedendo la dura e sporca realtà che ti circonda.
Prendendo quest’idea di base, abbiamo discusso in cinque e finalmente la sceneggiatura è stata scritta.
Tecnicamente questo corto è un lavoro realizzato a low-budget oppure diciamo quasi no-budget però per la forma di espressione, per il linguaggio, per il contenuto, per la storia e per il coraggio di cominciare un dibattito serio e per far aprire gli occhi delle persone, io penso che è un lavoro molto importante specialmente per i rifugiati politici e spero di poterlo proiettare in tutte le città italiane e nei centri rifugiati.
Gli attori sono stati bravissimi, quasi tutti professionisti ed era un lavoro fatto con passione
Il corto segue una storia semplice e lineare e la durata è di quasi venti minuti; tutto accade in una notte.
Cosa significa per te il PREMIO CITTA’ DI VENEZIA 2014?
Sono molto contento ed emozionato di aver vinto questo prestigioso premio perché mi ha dato nuove energie e la speranza di poter lavorare meglio e continuare il cinema di denuncia sociale, il cinema per i diritti umani e il cinema umano.
Più che altro, mi ha dato la speranza di potere essere ascoltato anche se fai un film che forse non piace a tutti, però almeno ci sono delle persone sensibili al tema che ti capiscono e ti fanno vedere agli altri. Questo conta molto per me.
Non solo il riconoscimento del premio ma anche la mia presenza al festival è stata utile per me, per conoscere tante persone nuove in ambito cinematografico e fare contatti magari per collaborazioni future.
Poi la cosa piu’ importante di tutto è il risultato ottenuto; l’emozione delle persone che ho visto durante la proiezione. Almeno un paio di persone hanno pianto sulla scena finale del film. Questo e’ importantissimo per me: vuol dire sono riuscito a fare quello che volevo. Sono contento di poter aprire il dibattito su un tema di cui non si parla. Alla fine dopo la proiezione tante persone tra gli spettatori hanno partecipato al dibattio finale con tanto entusiasmo e alla fine ci hanno applaudito a lungo.
Finora putroppo non contavo molto sui festival, nemmeno pensavo di partecipare a festival dove c’ è tanta concorrenza, perche’ pensavo di fare film per il mio cuore, per quello che credo e per quello che mi piace, però poi dopo che visto che i festival possono portare delle altre possibilita’ e possono aprire delle nuove porte, e posso fare vedere agli altri anche i lavori particolari, ho deciso di sì. Da ora in poi contero’ sui festival e proverò a mandare tutti i miei lavori futuri ai festival.
Altri progetti del futuro?
I soggetti scritti sono diversi, pero come priorità ho due sceneggiature proprio pronte: una per un docu-fiction e l’altra per un mediometraggio e se tutto andrà bene, dobbiamo finire di girare entro fine ottobre di quest’ anno. Per il momento siamo nella fase di pre-produzione, stiamo cercando le location che ci servono e stiamo facendo anche casting degli attori/attrici in questi giorni.
Questo mediometraggio sara’ sempre un film indipendente, low budget con tanti attori/attrici e ambientato a Milano. Il tema è multiculturalismo e integrazione delle persone non nate in Italia. L’altro docu-fiction e’ un pò particolare, ma non voglio rivelare il trama ancora, credo che sia troppo presto per parlarne.