Mille farfalle nel sole: spiegare l’esilio ai bambini
famiglia di origini per metà curde e per l’altra metà persiane, ad
Abadan, in Iran, la città del fiume lento e delle palme svettanti.
Era il posto dove tutta la mia famiglia aveva riso, ballato, pianto,
fatto l’amore. Lì era sepolto mio nonno Abbas ed erano nati i miei
zii, le zie, io e mia sorella. Era un altro Iran, quello degli scià,
denso di ingiustizie e ombre inquietanti, ma abbastanza moderno e
forte da tollerare la bellezza e la libertà delle donne. Mia madre
Sedigheh era una giovane di ampie vedute e aveva potuto educare noi
figlie all’occidentale. La sua cucina, con gli aromi di zafferano,
riso ed erbe appena mondate, la tavola che cede sotto una cornucopia
di frutta, era allora ed è oggi il mio rifugio. Con la Rivoluzione
khomeinista tutto finì. Niente più capelli al vento, niente più
vestiti, solo oscurantismo e violenza. Mio padre Bagher decise di
portarci in salvo nel paese in cui aveva studiato, l’Inghilterra.
Come migliaia di altri, scappammo per salvarci la vita. A ogni passo
che la allontanava, mia madre avvertì un dolore mai provato prima,
lo avevo nove anni e da allora ho ignorato le mie radici. Poi un
giorno la voce dei ricordi mi ha chiamato e ho trovato la strada di
casa.”
Questo è un brano tratto dal
romanzo Mille farfalle nel
sole, di Kamin Mohammadi,
edito da Piemme: un racconto accorato e lucido di un Paese e di una
famiglia; un racconto di formazione e di consapevolezza.
Abbiamo rivolto alcune domande
all’autrice che ringraziamo molto.
può spiegare a una bambina di nove anni che deve lasciare il proprio
Paese (la scuola, gli amici, i parenti) a causa di un guerra o di una
rivoluzione?
posso davvero rispondere a questa domanda. Nessuno me lo ha spiegato,
ce ne siamo solo andati via. Forse sarebbe stato meglio capire cosa
stesse accadendo, ma in una situazione del genere gli adulti stessi
sono cosi’ impotenti ed indifesi che non si puo’ pretendere che
siano in grado di spiegare le cose in modo sensato ad un bambino.
Penso che deve essere estremamente difficile.
sono i ricordo più vividi, degli anni prima e post rivoluzione, che
le hanno raccontato i suoi genitori?
tutti nel libro. I miei genitori non hanno storie dell’Iran
pre-rivoluzione perché io ho vissuto li e avevo i miei ricordi, ma
mia madre spesso mi raccontava storie della sua infanzia in Abadan e
i dispetti che i suoi fratelli facevano.
vive in Italia da cinque anni dopo aver vissuto a lungo anche a
Londra: nota delle differenze – nei confronti degli stranieri, dei
rifugiati – da parte delle persone oppure nelle politiche di
inclusione?
chiarire che divido il mio tempo tra Londra e l’Italia. Purtroppo
per una Londinese, che è profondamente multiculturale e parte di una
società molto aperta, tollerante e individualista, l’Italia e’
un po’ vecchio stile e provinciale nel suo approccio ai rifugiati
ed immigranti. La Gran Bretagna aveva un impero grande e quindi si e’
abituata all’immigrazione dalle ex-colonie gia’ nei lontani anni
1950 quando c’erano scontri razziali e molti problemi con il razzismo
istituzionalizzato. L’Italia ha solo vissuto l’immigrazione negli
ultimi 10-20 anni, quindi e’ ancora una societa’ molto
mono-culturale ed ha un lungo cammino da percorrere per eliminare il
razzismo dalla sua cultura e trovare una forma di integrare i
rifugiati nella sua societa’. E’ necessaria piu’ educazione.
canto, gli italiani sono naturalmente piu’ caldi ed accoglienti con
gli sconociuti – sono padroni di casa meravigliosi per noi che
siamo ospiti. Credo che il problema a volte sia quando uno straniero
non e’ piu’ solo un ospite e cerca di divenire parte della
societa’ italiana. Penso che sembra quasi impossibile, a Londra ho
incontrato molte persone del nord Africa che, dopo alcuni anni di
vita in Italia come immigranti, se ne vanno per venire al Nord Europa
perche’ capiscono che qui resteranno sempre immigranti, senza la
possibilita’ di integrarsi veramente nella societa’ o un giorno
chiamarsi italiani.
sono in Italia vivo a Firenze, e a parte i turisti che non contano
perche’ solo sono di passaggio e non contribuiscono positivamente
alla cultura locale, non ci sono praticamente persone nere o di pelle
scura che facciano lavori comuni, non ne ho mai visto neanche una
lavorare in un bar. Certo, a Milano o Roma e’ diverso ma queste
citta’ sono l’eccezione alla regola. Questo ancora mi sorprende,
che in una citta’ cosi’ importante e sofisticata come Firenze ci
siano cosi’ poche persone di altri ‘colori’ e culture
che
costituiscano parte della societa’ normale. Penso che questo sia un
problema, specialmente in un paese che ha il piu’ basso tasso di
natalita’ d’Europa e con la popolazione che piu’ rapidamente
invecchia…
porta, dentro di sé, della doppia appartenenza, all’etnia curda e a
quella persiana?
sono cosi’ distinte per noi. Dovete cercare di immaginare che
queste due etnie sono entrambe parte della stessa principale –
l’essere iraniani. Le diverse etnie d’Iran sono tutte parte delle
definizione ‘essere iraniani’, e sebbene celebriamo la differenza
– per esempio i piatti curdi, il costume tradizionale curdo e le
danze – non sento molte diversita’ reale tra le due. Sono
entrambe parti della mia stessa identita’ iraniana.
la differenza tra l’Iran contemporaneo e quello di suo nonno Abbas?
e’ un’altra domanda che e’ davvero difficile da spiegare! Iran
ha cambiato moltissimo da quei tempi – cosi’ come l’Italia e la
Gran Bretagna! Vi consiglio di leggere il mio libro – tutte le
risposte sono li’! E’ stato davvero il mio obiettivo mostrare
l’enorme cambio che l’Iran ha attraversato negli ultimi 100 anni
– nel paese di mio nonno Abbas la gente comune non aveva cognomi…
– quindi e’ stato uno sviluppo alla modernita’ incredibilmente
veloce, e penso che le tensioni di questo cambiamento accelerato
siano esplose nella rivoluzione.