Per Emra e per tutti i giovani nati e cresciuti in Italia costretti ancora a sentirsi “stranieri”
leggi italiane in materia di immigrazione e cittadinanza siano un
groviglio di ingiustizie e paradossi non è certo una novità. A
volte però, ormai troppo spesso, le prassi amministrative di chi
queste leggi dovrebbe “almeno” rispettare, riescono a
spingersi oltre, rendendo ancor più feroci gli effetti delle norme:
quelle in materia di immigrazione e quelle che dovrebbe riconoscere a
chi non ha visto nella sua vita altro paese che l’Italia, un
passaporto italiano.
così che è avvenuto anche nel caso di Emra, un ragazzo di 22 nato
in Italia, residente a San Donà di Piave e oggi rinchiuso nel CIE di
Bari Palese.
i primi anni ’90 quando i genitori di Emra, cittadini “jugoslavi”
lasciavano il loro paese a causa della guerra nei Balcani, per
rifugiarsi in Italia. Ed è poco dopo il loro arrivo, nel 1992, a
Secondigliano (NA), dove avevano stabilito la residenza, che nasceva
Emra. Poi la famiglia intera, si trasferì in uno dei campi profughi
di Mestre, dove, grazie al lavoro della Cooperativa Caracol e del
Comune di Venezia, impegnati in un progetto di superamento della
“forma campo”, vennero guidati nell’acquisizione di una
abitazione, così come altre quattrocento persone.
Stabilitainsieme
alla sua famiglia la residenza a San Donà di Piave nel 2000, Emra
venne così iscritto nella “carta di soggiorno” del
padre.
Ma è quattro anni fa, con il compimento della maggiore
età, che la vita di Emra, come accade ad altre migliaia di giovani
nati qui, deve fare i conti con la spietata normativa italiana.
Suo
padre muore, lui non è cittadino jugoslavo (serbo), ma per l’Italia
non esiste. Perché nonostante i certificati di nascita e gli
attestati di iscrizione anagrafica che testimoniano una vita intera
passata in Italia, per le autorità italiane è straniero,
“entrato irregolarmente” e per questo dovrebbe essere
espulso in un paese che non ha neppure mai visto. La Prefettura di
Venezia ha infatti emesso nei suoi confronti un provvedimento di
espulsione seguito da un ordine di trattenimento emesso dal Questore,
nonostante le autorità serbe avessero accertato che Emra non era
cittadino serbo.
aggravare ancor di più una situazione già pesantemente segnata ci
ha pensato il Giudice di Pace chiamato a convalidare il provvedimento
di espulsione ed il trattenimento presso il CIE di Bari Palese dove
Emra è rinchiuso dal 25 novembre..
In palese violazione della
normativa vigente ed in contrasto con la consolidata giurisprudenza
in materia, infatti, non è stato preso in considerazione quanto
disposto dall’art 13 comma 2 bis del TUI che impone una attenta
valutazione sulla natura dei vincoli familiari dell’interessato
(Emra ha qui tutta la sua famiglia), sulla durata del suo soggiorno
nel territorio nazionale (Emra è qui da tutta la vita) nonché sull’
esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese
d’origine (che è l’Italia perché Emra non ha mai visto la
Serbia). Proprio in questi giorni è stato depositato dall’Avv.
Uljana Gazidede
(che collabora con Melting Pot Europa), il ricorso contro questo
illegittimo provvedimento di espulsione. Ma non basta. Si tratta
dell’ennesima vicenda che racconta come l’immediato
riconoscimento dello ius
soli e la chiusura di tutti
i CIE non siano più rinviabili.
Emra, così come per le centinaia di persone rinchiuse nei CIE e le
migliaia di giovani che rischiano di trovarsi nella sua stessa
situazione, chiediamo giustizia.