Dalle onde del mondo: immagini e parole su profughi e migranti
Lisa Tormena e Matteo Lolletti hanno girato il documentario intitolato Dalle onde del mondo che fa riflettere su uno dei temi che ci sta più a cuore: la sorte di migranti e rifugiati, i loro viaggi terribili nel Mediterraneo, il loro destino e le politiche sbagliate.
L’Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ai due registi e li ringraziamo.
Il documentario nasce da “Senza Confini – Progetto rifugiati” e dal “Teatro Due Mondi” a Lugo di Romagna: ce ne può parlare?
Il Teatro Due Mondi, sotto la guida di Alberto Grilli, ha sviluppato un progetto prezioso, di teatro di strada, con i profughi, rifugiati e richiedenti asilo presenti in provincia di Ravenna, prima a Lugo e poi a Faenza. Un progetto volto, da un lato, a stimolare un’integrazione attiva tra i profughi e il territorio, e, dall’altro, a raccontare la storia di questi uomini, in maniera non diretta, ma per metafore. Il laboratorio teatrale, all’interno del quale è nato lo spettacolo “Dalle onde del mondo”, che il nostro film racconta e da cui prende il nome, è durato molti mesi. Ha messo insieme i giovani richiedenti asilo (di origini subsahariane, ma provenienti in particolare dalla Libia da cui erano stati costretti a fuggire durante la rivoluzione) e numerosi volontari italiani, tra i quali alcune ex operaie dell’Omsa, coinvolte in precedenza nelle Brigate dell’Omsa. Il modello è molto simile a quello delle Brigate Omsa che sono riuscite, attraverso il teatro di strada, a raccontare in modo originale una battaglia sindacale e a far conoscere a livello nazionale la questione. Allo stesso modo, questo progetto ha cercato di raccogliere storie, mettendole in scena, e ha permesso ai richiedenti asilo di aprirsi, di trovare un grande spazio di condivisione, e a noi, al pubblico, di ascoltare queste storie. Si è così costituita la “Carovana Meticcia”, e poi il laboratorio di teatro partecipato SENZA CONFINI, che continua a incontrarsi e ha ripreso in settembre le proprie attività, e che giovedì 18 dicembre sarà in Piazza del Popolo a Faenza per un’”Azione contro la quotidiana indifferenza”. Come ci ha raccontato Alberto Grilli, regista del Teatro Due Mondi: “Negli ultimi mesi, siamo stati testimoni di molte manifestazioni razziste e mai nessuna a sostegno dei migranti. Ecco perché abbiamo deciso che sia necessario lanciare un forte segnale di accoglienza per dire no all’intolleranza.
Come si è sviluppato il vostro lavoro?
E’ stato un lavoro molto lungo, durato circa un anno e mezzo. Avevamo già collaborato con il Teatro Due Mondi per il progetto dedicato alle operaie dell’Omsa, da cui era nato un altro film. In questo caso abbiamo cercato di realizzare qualcosa di diverso, meno politico in senso stretto, e più poetico. Non è stato semplice. Abbiamo seguito i ragazzi durante le prove e durante tutto il progetto, siamo stati con loro, abbiamo lasciato che si aprissero e abbiamo conquistato la loro fiducia, mentre preparavano, studiavano e realizzavano lo spettacolo. Lo abbiamo visto nascere e modificarsi nel tempo, fino alla forma definitiva, in cui ciascuno aveva il suo ruolo, il suo momento a riflettori accesi. E come abbiamo visto trasformarsi i giovani migranti, inizialmente sospettosi della forma teatrale e poi entusiasti, anche noi siamo cambiati, siamo cresciuti con le loro storie, i loro drammi e le loro speranze per il futuro.
Il momento più emozionante è stato lo spettacolo a L’Aquila, dove abbiamo passato insieme un paio di giorni. Sapevamo che erano le ultime riprese e poi avremmo iniziato il montaggio. Nella pausa tra le prove e lo spettacolo, abbiamo passeggiato insieme ai ragazzi nel centro storico della città, una città fantasma, ed è stato strano vederci tutti così curiosi e quasi tramortiti da ciò che vedevamo. Una città meravigliosa e silenziosa. Così come l’Aquila, anche questi ragazzi erano come fantasmi per la società italiana. E questa consapevolezza ci ha scosso.
Come possono, cinema e teatro, aiutare i profughi a elaborare le loro esperienze di vita?
A nostro modo di vedere, cinema e teatro offrono un modo diverso, altro, di narrare se stessi. Simbolizzando le proprie esperienze – traumatiche e drammatiche – è possibile rendersi conto del viaggio, del tragitto che si è affrontato. E diventa possibile farlo senza cercare di dover raccontare verbalmente, in una lingua differente da quella madre, esperienze che sono difficili da trasmettere, per pudore o per dolore. Cinema e teatro parlano una lingua più universale, e avvicinano.
In che modo sono stati accolti i profughi e i rifugiati in Emilia Romagna?
Non esiste una risposta univoca. Il nostro territorio ha una tradizione di ospitalità e accoglienza che è storica. Parallelamente ha anche maturato una forma di diffidenza – che spesso sfocia nel razzismo – che si sta ispessendo sempre di più. Non dimentichiamo che la maggior parte dei profughi che hanno raggiunto le nostre coste sono giovani o giovanissimi, portano con sé grandi paure e grandi speranze, e il loro arrivo può tramutarsi in una grande ricchezza per noi, una grande ricchezza umana che dobbiamo essere in grado di cogliere.
E qual è il loro futuro? Sono rimasti in Italia o sono andati in altri Paesi europei?
Non c’è un futuro, perché non c’è una risposta sistemica al loro dramma, ma solo episodica e parziale. Impossibilitati a svolgere un lavoro, molti preferiscono la clandestinità e cercano di raggiungere altri stati che vivono un periodo economico migliore del nostro e sono meglio attrezzati – per storia e volontà – all’accoglienza del migrante, sia esso profugo o meno. Alcuni dei ragazzi sono rimasti in Italia, a Faenza e a Lugo, altri, la maggioranza, si sono spostati in altre zone dell’Italia o all’estero. Segno che la nostra terra forse non è riuscita a farli sentire a casa.