Mai con Salvini, per contrastare il progetto funesto dei fascio-leghisti
di
Annamaria Rivera (da
Cronache di ordinario razzismo)
febbraio le strade di
Roma
saranno percorse da un corteo della Lega
Nord, con CasaPound
e altri gruppi neofascisti, capeggiato da Matteo
Salvini,
prevedibilmente accompagnato dalla consueta appendice di
provocazioni.
Non saranno i soli a manifestare.
Da piazza Vittorio
fino a Sant’Andrea della Valle, sfilerà il corteo promosso da
#MaiconSalvini,
ampio cartello di movimenti, centri sociali, associazioni
antirazziste e Lgbt, circoli Anpi e altre realtà associative.
L’appuntamento è stato lanciato sui social network con una
campagna antirazzista
cui ha partecipato un buon numero di artisti.
Il corteo, che auspichiamo sia
pacifico e di massa, nasce dalla consapevolezza dell’importanza
della posta in gioco. Infatti, #MaiconSalvini intende essere una
tappa per contrastare l’ambizioso disegno della Lega Nord: porsi
alla guida dell’opposizione al governo Renzi, grazie al
consolidamento di un polo antieuropeista e razzista che ingloba
l’estrema destra, da CasaPound a Fratelli d’Italia. E che aspira
a essere parte importante dell’internazionale nera che dilaga in
Europa.
Abbandonato il mito della Padania
oppressa e sfruttata dal colonialismo terrone e da “Roma ladrona”,
in favore del discorso nazionalista, la Lega
cerca di guadagnare consensi e voti
anche nelle regioni dei disprezzati colonizzatori-sfruttatori.
Artefice di questa (apparente) metamorfosi è quello stesso Matteo
Salvini che in tempi non remoti, pur parlamentare della Repubblica,
intonava nelle feste di Pontida canzoncine graziose quali: “Senti
che puzza, scappano anche i cani. Stanno arrivando i napoletani”.
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/salvini-a-pontida/salvini-a-pontida/salvini-a-pontida.html
Nonostante l’innovazione (più
che metamorfosi) che la ha risollevata dal baratro degli scandali e
delle lotte intestine, la Lega
salvinizzata rimane
fedele alle proprie origini quanto a razzismo, omofobia,
islamofobia. In realtà, essa ha recuperato i suoi più vecchi temi
d’impianto
razzista-biologista
(si pensi alla campagna martellante contro l’allora ministra
Cécile Kyenge) e perfino d’ispirazione nazionalsocialista. E’
proprio l’ideologia völkish (il völk inteso come comunità di
sangue e suolo) che le ha permesso di passare con disinvoltura
dall’etno-nazionalismo
padano al nazionalismo völkish,
per l’appunto.
Ugualmente in continuità col
passato sono la tendenza a tradurre le questioni sociali in
questioni identitarie e sicuritarie, e la propensione a sfruttare,
organizzare, dirigere verso capri
espiatori (anzitutto
migranti, rifugiati e rom) la rabbia e il rancore di strati popolari
duramente colpiti dalla crisi e dalle politiche di austerità. In
tal modo essa si propone come artefice di un’uscita reazionaria
dalla crisi, che, ribadiamo, non è solo economica, sociale e
culturale, ma riguarda anche la democrazia parlamentare.
Troppe volte, a sinistra, si è
minimizzato il ruolo della Lega Nord, riducendola talvolta a
null’altro che fenomeno
folclorico o
considerandola addirittura “costola della sinistra” stessa. Non
è cosa archiviata nel registro del passato. Assai recentemente, è
per i voti decisivi di membri del Pd che la Giunta per le immunità
del Senato ha negato ai Pm di Bergamo l’autorizzazione a procedere
contro Roberto Calderoli per istigazione all’odio ‘razziale’:
per aver egli, a luglio del 2013, assimilato a un orango la ministra
Kyenge. Un senatore del Pd, Claudio Moscardelli, membro della
Giunta, è arrivato a negare il carattere razzista della Lega. E con
un’argomentazione (si fa per dire) grezza e risibile: la Lega non
è razzista, ha affermato, perché “nel suo ambito operano anche
diverse persone di colore”.
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/09/annamaria-rivera-il-pd-si-schiera-con-calderoli-contro-kyenge-a/
Oggi che essa si propone come
punto di coagulo dell’estrema destra,
il suo ruolo diviene ancor più pericoloso, in un paese devastato
-socialmente, culturalmente, politicamente- dagli effetti della
crisi e delle politiche di austerità, dalle “riforme” del
governo Renzi, dalla stessa crisi della democrazia rappresentativa.
Non sarà un solo corteo a
ostacolare un tale progetto e a spegnere le risonanze funeste che
esso evoca. Nondimeno, quello del 28 febbraio, se pacifico e di
massa –ribadiamo– può essere tappa importante per il rilancio
di un movimento che lo contrasti sistematicamente, quel progetto,
soprattutto incrementando le vertenze sociali e moltiplicando i
presidi democratici nei quartieri popolari.