Oltre i tre metri quadri: il nuovo rapporto di Antigone relativo alle carceri
subito un numero: il 100,8%, che si riferisce al tasso di
affollamento delle carceri italiane. Si tratta di uno dei tanti
numeri che fanno parte delle ricerche svolte per l’annuale rapporto
di Antigone sullo stato degli istituti di pena, quest’anno intitolato
“Oltre i tre metri quadri”.
testo si legge che i detenuti presenti al 28 febbraio 2015 erano
53.982, di cui il 32% stranieri. Al 31 dicembre 2013 erano invece
62.536. Ad oggi sono dunque 8.554 in meno rispetto a fine 2013.
Antigone sottolinea che questo cambiamento “non è tuttavia
servito a risolvere completamente il problema del sovraffollamento: i
posti regolamentari in tutte le carceri del Paese sono infatti 49.943
secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). “Se
si tiene conto delle detenzioni transitorie – si legge nel documento
– il tasso di sovraffollamento potrebbe salire al 118%”. Sono
poi circa 4.200 i posti inutilizzabili per manutenzione. I reati
L’Italia è tra i Paesi più sicuri al mondo con un tasso di 0,9
omicidi ogni 100mila abitanti, addirittura al di sotto della media
Ue.
dell’anno sono stati regitrati 9 suicidi e 44 i detenuti si sono
tolti la vita nel corso del 2014. Numeri, superiori alla media
europea. Nelle nostre carceri sono inoltre detenuti 14 combattenti
jihadisti.
rapporto parla anche dei braccialetti elettronici: sono duemila
circa quelli in uso oggi e il loro noleggio costa 2,4 milioni di
euro.
ricerca ha riguardato anche il 41 bis, il carcere duro che viene
commentato con i seguenti dati: “Nelle carceri italiane, il
numero complessivo di detenuto sottoposti al regime duro del 41 bis è
pari a 725 e, secondo quanto dichiarato dall’amministrazione
penitenziaria, sarebbero 14 i detenuti accusati o condannati per
terrorismo internazionale jihadista”.
Giovanni Torrente, di Antigone, ha così risposto alle nostre domande:
avete condotto l’indagine e quali i risultati significativi che
emergono per quanto riguarda il sovraffollamento?
di Antigone opera attraverso diversi strumenti, fra i quali uno dei
più importanti è la visita all’interno degli istituti
penitenziari. Antigone dispone infatti di un’autorizzazione
ministeriale in base alla quale i suoi osservatori hanno la
possibilità di visitare le carceri italiane e, attraverso una
griglia di raccolta dati, verificarne le maggiori criticità.
a tale strumento, gli osservatori si avvalgono di informazioni
raccolte tramite testimoni privilegiati, cronache giornalistiche e
confronti con operatori del settore.
attività quest’anno ha osservato la quotidianità detentiva a
seguito dei provvvedimenti emanati per incidere sul sovraffollamento
penitenziario. Il quadro che ne emerge mostra come, a fronte della
diminuzione del numero di detenuti, non sia significativamente mutato
il clima di tensione all’interno degli istituti. Ciò si deve anche
al fatto che i provvedimenti adottati, pur incidendo
significativamente sul numero di persone recluse, non ha invece
toccato la composizione sociale della popolazione detenuta, che
ancora oggi appartiene in larga parte a gruppi sociali fortemente
marginali.
a noi caro: cosa scrive Patrizio Gonnella a proposito degli stranieri
detenuti? E della possibilità, per loro, di professare la religione?
l’esercizio della propria religione costituisce un problema. Ciò
si deve sia alla mancanza di spazi, sia alle limitate possibilità di
accesso per i ministri del culto di alcune religioni – soprattutto
islamica – sia infine per i pregiudizi culturali che ancora oggi
accompagnano molti operatori della giustizia penale.
report sono inserite infografiche che permettono di fare un confronto
con la situazione carcaeraria di due anni fa: c’è stato un
miglioramento? In che modo si dovrebbe intervenire per garantire i
diritti di base ai detenuti?
dicevo, un miglioramento chiaramente c’è stato. Tuttavia non è
riuscito ad incidere su quei fattori che ancora oggi incidono
pesantemente sulla dignità della pena: dalla fatiscenza dei luoghi
alla inadeguatezza del carcere nell’affrontare le situazioni di
disagio in cui versano molti condannati (tossicodipendenza, malattia
mentale, percorsi migratori irregolari ecc.).
interventi necessari sarebbero naturalmente numerosi. La madre di
tutte le riforme dovrebbe essere l’approvazione di un nuovo codice
penale attraverso l’introduzione di un sistema di diritto penale
minimo consono ai principi del garantismo penale. Ciò si
tradurrebbe, tra l’altro, in una differenziazione delle pene, con
la perdita della centralità del carcere a favore di altri strumenti
puntivi (risarcitori, riparativi, interdittivi ecc.) A ciò si
potrebbe accompagnare una riforma dell’ordinamento penitenziario in
senso più favorevole alla tutela dei diritti fondamentali del
condannato e che limiti i meccanismi più infantilizzanti delle
procedure penitenziarie. Infine, occorrerebbe intervenire anche a
livello organizzativo e strutturale. Il luogo di espiazione della
pena dovrebbe infatti mutare radicalmente nelle sue pratiche e nei
suoi luoghi, in modo da divenire qualcosa che ricordi sempre meno la
prigione così come oggi noi la conosciamo.
recita l’Art. 35 e qual è il bilancio a sei mesi dalla sua entrata
in vigore?
biliancio, allo stato attuale, è purtroppo piuttosto deludente. Come
noto, la norma prevede un rimedio risarcitorio per quei detenuti che
siano stati reclusi in condizioni ritenute dalla CEDU come inumane e
degradanti. Tale rimedio si concretizza in un risarcimento pecuniario
di 8 Euro per ogni giorno di detenzione in condizioni inumane e
degradanti per quei detenuti che attualmente sono in libertà, e di
uno sconto di pena di 1 giorno ogni 10 trascorsi nelle medesime
condizioni per chi attualmente è ancora detenuto. Purtroppo tali
rimedi si stanno attualmente scontrando con una giurisprudenza della
magistratura di sorveglianza (che è l’organo preposto a
riconoscere i risarcimenti) piuttosto altalenante e in alcuni casi
eccessivamente restrittiva. Ne deriva quindi, in diverse situazioni,
una scarsa effettività della norma nel porre rimedio alle violazioni
commesse.