Con il nuovo romanzo, Fulvio Ervas parla del diritto alla salute
L’ospedale è un faro nella
notte. Promette cura, salvezza, che tutto quanto è possibile si
farà. C’è una vita, in gioco, e Paolo Vivian non vivrà. Lorenzo
è suo figlio e non è per niente ‘sdraiato’. Studia medicina, sa
che sbagliare è umano, ma ci sono posti dove un errore costa molto
di più. Lorenzo non può permettersi un avvocato e i medici si
appellano alla tragica fatalità.
La sua sete di chiarezza tocca
nel cuore il vecchio professore di scienze del liceo, paladino del
corpo umano e della fotosintesi clorofilliana. Insieme, affidano il
caso alla TNT: tre donne toste, Tosca, Norma e Tina, che del diritto
alla salute sono sceriffa, contabile e poeta.
Il romanzo si intitola Tu
non tacere ed è da poco
uscito per le edizioni Marcos Y Marcos.
L’Associazione per i diritti umani
ha rivolto alcune domande all’autore. Ringraziamo molto Fulvio Ervas.
Da dove nasce la storia raccontata nel suo romanzo?
Fondamentalmente dalla mia passione per la salute e la storia della medicina. E poi da tanti frammenti di storie vere, compresa la mia.
La storia, nel romanzo, è quella di Lorenzo, un giovane studente di medicina. Il padre Paolo incappa in una doppia, brutta avventura, subisce un incidente stradale e non viene adeguatamente soccorso. Lorenzo si mette in testa che non siano state prestate adeguate cure al padre e vuole scoprire cosa sia successo. Ha il sospetto che vi sia stato un errore medico. E’ un romanzo che ci racconta il desiderio di capire di un giovane, la sua battaglia per la conoscenza e la giustizia. Ci racconta le relazioni familiari, la bufera che attraversa una famiglia quando è sottoposta a prove molto forti. Ma è anche un romanzo che ci ricorda il valore del corpo, della salute, della buona sanità.
Paolo, il protagonista, costringe il lettore ad interrogarsi sul diritto alle cure giuste e sulla giustizia in Italia: che tipo di indagine è stata fatta per scrivere questo testo?
Il romanzo si basa su una storia vera, un caso che è già stato giudicato. Quindi ho avuto la possibilità, attraverso un’azienda che svolge un’azione di tutoring ai cittadini che hanno subito danni, anche da errori medici, di avere conoscenza di casi concreti, tutti già sottoposti al giudizio delle istituzioni competenti.
Io non amo parlare di malasanità, un termine che semplifica troppo. Io credo che il sistema sanitario sia un’entità di grande complessità e che al suo interno abbia moltissime capacità professionali, ma che non sia esente da eventi di “medicina non all’altezza della situazione”. Le cause di questo sono diverse. Ma è proprio sul modo di affrontare i propri errori (questo è un territorio per il narratore di grande suggestione), sullo stile, sulla trasparenza, sull’assunzione di responsabilità, sulla capacità di comunicazione, che si gioca lo spessore dei macrosistemi ( Sanità compresa). Quando si evita di arrivare, cioè, alla condizione dove l’individuo viene soverchiato dalle grandi strutture, che hanno più forza, più conoscenze, maggiore capacità di azione.
La madre del ragazzo, Elisa, vorrebbe dimenticare o sapere la verità. Molti parenti delle vittime delle strade chiedono che venga inserito il reato di “omicidio stradale”. A che punto è l’iter di questa legge?
Mi pare che se ne parli di più, ma non siamo ancora approdati. E’ evidente che sulla strada accadono molti, tragici, eventi e che sulla strada è necessaria una grande attenzione civile, cioè la comprensione che l’automobile ha lo stesso potere distruttivo di un’arma. Bisogna essere educati ad usarla in maniera accurata, e bisogna essere richiamati a questo costantemente. E credo che si debba sapere che, se provochi un grave danno, la tua responsabilità non può arrivare solo sino al pagamento della rata annuale di una polizza assicurativa.
Centrale, nel libro, è il rapporto padre-figlio e sono anche importanti le tre donne (le TNT) che si battono per il diritto alla salute: ce ne può parlare?
Sono tornato a parlare ( dopo “Se ti abbraccio non avere paura”) di una forte relazione parentale. Qui un figlio, Lorenzo, manifesta un forte desiderio di giustizia verso il padre. E’ un atto di rispetto. Lorenzo vuole che si dica, domani, che suo padre è innocente rispetto alla morte. Cioè non se l’è cercata, non ha abbandonato la famiglia per qualche imprudenza o per qualche tragica fatalità. Purtroppo, per far luce sulle responsabilità di quello che è successo, Lorenzo, come fanno molti cittadini, deve affidarsi a qualche professionista che lo accompagni nell’intricato mondo delle leggi, della medicina legale, dei referti, delle assicurazioni. Il cittadino non ha, da solo, la forza per tutelarsi adeguatamente. E’ troppo solo, in questi territori.
Lei è anche professore di liceo: qual è il ruolo della scuola, oggi, nella formazione dei futuri cittadini?
Naturalmente io auspico che la scuola resista nel suo ruolo di formatore collettivo. So, anche, che questo è un ruolo che viene svolto, purtroppo con molta efficacia, anche da altre “agenzie formative”, che sono, in realtà, disinformative.
Ma se vuole competere e resistere, l’istituzione scolastica deve ritrovare passione, motivazione, visione. Non si mantiene il contatto con queste nuove generazioni, velocissime ed anche disattente, con la grinta del burocrate e con l’energia del registratore che ripete l’ennesima, grigia, lezioncina.
Dobbiamo riprendere il volo.