Curarsi (non) è permesso: I risultati dell’indagine sull’accesso alle cure per i cittadini stranieri irregolari negli ospedali milanesi.
il pieno accesso alle cure anche per i cittadini stranieri
irregolari, la normativa italiana è avanzata ed includente”:
inizia così la dichiarazione degli operatori del Naga a seguito
della loro ultima indagine che riguarda la salute di tutti i
cittadini, italiani e stranieri.
diritto alla salute viene protetto, come ricorda la Corte
Costituzionale, “come ambito inviolabile della dignità umana”.
gennaio 2014 e febbraio 2015 i volontari del Naga ne hanno verificato
l’effettiva applicazione negli ospedali milanesi, con un’indagine
qualitativa, raccogliendo documentazione le testimonianze.
“Gessi
non tolti, controlli diagnostici e ricoveri non effettuati, farmaci
salvavita non forniti, esenzioni non applicate, pazienti cronici
respinti, mancata erogazione del codice Straniero Temporaneamente
Presente (STP) che permette l’accesso alle cure, ai farmaci e agli
esami diagnostici.
Sono questi alcuni dei 155 casi dei quali abbiamo raccolto la
documentazione clinica e che dimostrano che a
Milano e nei paesi limitrofi, ogni anno, cittadini stranieri
irregolari affetti da patologie anche gravi non ricevono assistenza
sanitaria adeguata”
afferma il Dott. Fabrizio Signorelli, direttore sanitario del Naga.
“Dalla
nostra indagine emerge che in 80 dei 155 casi di pazienti non
adeguatamente assistiti si tratta di patologie
gravi come
il diabete mellito, fratture ossee, casi di tumore o gravi
patologie cardiache. Si tratta di persone giovani (età media 43
anni), prevalentemente di sesso maschile (76%), provenienti
principalmente dai paesi del nord Africa, centro America, sud est
Asiatico, Romania. Il
20% dei pazienti che non ha ricevuto assistenza è
cittadino comunitario. I
casi si distribuiscono equamente in tutti gli ospedali di Milano e
dei paesi limitrofi e si rilevano prassi
estremamente variabili, a discrezione dei singoli ospedali o anche
dei singoli operatori” prosegue
il direttore sanitario.
“Riteniamo
che tutto ciò sia, in parte , frutto di una mancanza di
conoscenza della normativa da parte degli operatori sanitari e
amministrativi, di difficoltà burocratiche e linguistiche e di
un’abitudine diffusa a demandare alle associazione di volontariato.
Ma crediamo che ciò derivi anche da una chiara
volontà politica regionale di non rendere pienamente godibile il
diritto alle cure per tutti nella nostra città”
conclude Signorelli.
“Affinché
le cure siano garantite a tutti, senza discriminazione alcuna, è
necessario un chiaro cambio di rotta politico. Al di là di ogni
interpretazione del fenomeno migratorio, crediamo
che debba essere garantito a tutti il pieno godimento del diritto
alla salute.
Non solo per rispettare la legge, ma soprattutto per una questione di
civiltà,
equità e giustizia;
crediamo, infatti, che sia inammissibile che una fetta di popolazione
che vive sul nostro territorio venga esclusa dal godimento di un
diritto fondamentale” afferma Luca Cusani presidente del Naga.
“In
attesa di un cambio di approccio strutturale e di vedere la legge
pienamente applicata, sottoponiamo alcune
raccomandazioni che
potrebbero migliorare notevolmente la situazione attuale: rendere
concretamente possibile per i pazienti stranieri irregolari
l’iscrizione agli ambulatori dei medici di medicina generale;
utilizzare il codice ENI, riconosciuto a livello nazionale, per i
cittadini dell’Unione Europea indigenti privi di assistenza
sanitaria; permettere anche agli ospedali privati convenzionati di
prescrivere farmaci ed esami su ricettario regionale per i pazienti
stranieri irregolari e attuare una campagna di informazione e
formazione rivolta a chi opera nella sanità” prosegue
Cusani. “Come
Naga continueremo a denunciare ogni forma di discriminazione e
a colmare
temporaneamente le lacune del sistema sanitario: curiamo, senza
chiedere il permesso”.
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