Ucraina, la guerra che non c’è
Due giovani giornalisti, 40 giorni tra l’orrore dei due fronti.
Al di là delle questioni geopolitiche e della guerra diplomatica fra Nato e Putin cosa avviene davvero in quella landa alla periferia dell’Europa? Questo libro è un reportage esclusivo, scritto da Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi, per Baldini & Castoldi, che per un mese e mezzo hanno vissuto lungo le due sponde del fronte. Da Donetsk a Lugansk, passando per Kiev, un’odissea fra trincee, battaglie e posti di blocco, miliziani dal volto umano, ufficiali alcolizzati e cocainomani, volontari di mezza Europa ubriachi di ideologia, bombardamenti e bordelli militari. L’obiettivo, osservare il vero volto della guerra: senza pregiudizi né retorica, ma con lo spirito un po’ incosciente di chi cerca la verità.
L’Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ai due giornalisti. Li ringraziamo molto.
Si tratta della prima guerra civile in Europa del XX secolo: potete raccontarci quali sono state le premesse?
In seguito alle proteste di piazza Maidan e alla caduta del governo Yanukovich, nel febbraio 2014, la situazione in Ucraina orientale ha iniziato a surriscaldarsi. Migliaia di manifestanti filo-russi, intimoriti dalla svolta filo-occidentale che la nuova giunta di Kiev stava imprimendo alla nazione, hanno preso d’assalto i palazzi governativi a Donetsk, Lugansk e in altre città del Donbass. A marzo a Russia ha occupato la Crimea, che con un referendum-lampo si è dichiarata indipendente dall’Ucraina, mentre all’inizio di maggio, nella città di Odessa, una quarantina di manifestanti filo-russi sono stati uccisi dai militanti dell’estrema destra ucraina nella Casa dei Sindacati. Questi due fatti hanno contribuito a esacerbare ulteriormente gli animi, fomentando gli opposti nazionalismi e facendo divampare la guerra civile. Donetsk e Lugansk si sono costituite come repubbliche indipendenti, dotandosi di una propria milizia armata e unendosi nella repubblica di Novarossia che è il nome di una vecchia entità territoriale dell’epoca zarista. Queste, grosso modo, sono le premesse.
L’Ucraina si trova in una posizione geopolitica interesante per molti: quali sono le posizioni delle grandi potenze ?
Dietro gli opposti contendenti ci sono – in modo molto evidente – gli interessi economici e geopolitici delle grandi potenze: Stati Uniti ed Europa da una parte, Russia dall’altra. Il punto del contendere riguarda, in buona sostanza, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e – dunque – nella sfera di influenza occidentale: una prospettiva che Putin non potrebbe mai accettare, perché significherebbe avere il “nemico” alle porte. Perciò sono stati fomentati i nazionalismi locali – che prima di oggi non erano in pratica mai esistiti – e sono stati massicciamente riforniti, con armi e supporto logistico, i due schieramenti in campo. Gli ucraini sono spesso foraggiati con materiale di fabbricazione statunitense, mentre i separatisti possono contare sul supporto di decine di consiglieri militari e centinaia di “volontari” russi. Insomma: la guerra civile ucraina altro non è che la proiezione locale di uno scontro a bassa intensità tra le grandi potenze. Chi ci guadagna – oltre agli strateghi internazionali – sono gli oligarchi e i lobbisti, che a loro volta si sono schierati da una parte o dall’altra.
Chi ci perde sono i cittadini locali, i soldati mandati la macello, i lavoratori e gli idealisti di tutte le risme, massacrati sotto le bombe e nelle trincee.
Voi siete stati sulle due sponde del fronte: cosa potete dirci di diverso rispetto alle notizie che abbiamo letto sulla stampa ufficiale?
Che le guerra si combatte ogni giorno, a dispetto delle varie tregue e dei cessate-il-fuoco. E che è una guerra terribile, combattuta senza pietà. Abbiamo vissuto a Donetsk per diverse settimane. Molte notti le abbiamo trascorse svegli, mentre le artiglierie bombardavano la città. Parliamo di bombardamenti massicci, con una esplosione ogni quattro o cinque secondi. Le fabbriche sono state chiuse e i pensionati hanno smesso di ricevere i sussidi. Questo è ciò che i giornali non dicono: la guerra ci viene spesso descritta come una funambolica partita a dama tra stati maggiori, diplomatici e strateghi militari. E’ anche questo, certo, ma soprattutto – e te ne accorgi con sgomento quando ti ci trovi dentro – è un grande mare di merda: uno scontro di morti di fame contro altri morti di fame, il cui inutile sacrificio si trasforma in guadagni per gente che si trova comodamente seduta a una scrivania, a centinaia di chilometri di distanza. Siamo stati all’obitorio di Donetsk, che è uno dei luoghi più educativi che abbiamo visitato: vuoi capire cosa sia la guerra? Ti bastano cinque minuti lì dentro. Chi ci lavora è perennemente ubriaco di vodka. Iniziano a bere la mattina alle sette, perché nessuno, da sobrio, sarebbe tanto pazzo da trascorrere le sue giornate oltre quella soglia.
Perchè il titolo del libro recita: “…La guerra che non c’è”?
Perché la guerra nel Donbass è una guerra dimenticata, di cui si è parlato poco, e solo a sprazzi, in occasione dei grandi meeting internazionali, delle principali battaglie e delle elezioni ucraine. Eppure si combatte alle porte dell’Unione Europea, a poche ore di volo dalle nostre città. La guerra macina ogni settimana decine di morti, il cui dramma sembra non interessare a nessuno. Quando siamo tornati dal nostro viaggio, nel novembre 2014, ricordo che la stampa italiana si stava accapigliando sul caso del cono gelato del ministro Madia. Come degli zombie, ci siamo messi a sfogliare i quotidiani in cerca di un reportage, un articolo, un trafiletto, qualunque straccio di notizia che parlasse di ciò che avevamo appena abbandonato: non abbiamo trovato nulla. Anche per questo abbiamo deciso di cominciare a scrivere…