Sos al Papa per la chiesa del carcere a Porto Azzurro
Il direttore del penitenziario, D’Anselmo: “Le rivolgo una
richiesta di aiuto a nome dei 500 reclusi”
(da La Nazione)
Porto Azzurro (Isola d’Elba, Livorno) 18 agosto 2015 – “Le
rivolgo, Santo Padre, una richiesta di aiuto a nome di circa 500
persone recluse nel carcere di Porto Azzurro, che da ormai quasi 10
anni non possono più partecipare alla santa messa nella chiesa di
san Giacomo Maggiore, situata all’interno del secentesco forte
spagnolo che ospita la casa di reclusione”.
Inizia cosi la lettera che il nuovo direttore del penitenziario
elbano, Francesco D’Anselmo, ha scritto a papa
Francesco per informarlo della situazione e chiedere un suo
autorevole intervento per far sì che la chiesa in questione,
costruita nel ‘600, venga restaurata e torni ad essere un punto di
riferimento non solo per la popolazione carceraria, ma anche per il
paese di Porto Azzurro.
“Dal 2004 – aggiunge il direttore – la chiesa è stata
dichiarata non agibile e perciò chiusa al culto. In realtà varie
perizie avevano allora evidenziato che non si trattava di una
situazione di particolare gravità, ma di infiltrazioni della
copertura e di deterioramento delle gronde. Così fin dal 2005
dal Vescovo diocesano e dalla direzione del carcere era stato
individuato un progetto per il restauro dell’ edificio, che
prevedeva costi piuttosto contenuti. I detenuti, i volontari, gli
operatori penitenziari a più riprese si rivolsero ai ministri della
Giustizia e dei Beni ambientali. Ne seguirono dichiarazioni di
disponibilità e di attenzione al problema. Ma gli anni sono passati
e la chiesa è sempre chiusa, le sue condizioni sono deteriorate ed
il degrado è sempre più evidente”. Il direttore evidenzia
l’importanza della Chiesa riveste per i reclusi.
“Per i detenuti che vivono in ambienti angusti –
scrive ancora il dottor D’Anselmo – l’unico luogo armonioso che
può trasmettere loro serenità e bellezza è questa chiesa.
In un carcere, inoltre, dove pochi sono i motivi di conforto, la
chiesa è un centro di diffusione di luce ed è bello stare uniti a
pregare in un luogo dove molti hanno pregato e dove anche alcuni
cittadini della comunità esterna possono, previa autorizzazione,
partecipare alla messa, realizzando con i detenuti la comunione
cristiana più autentica”.
Nel carcere di Porto Azzurro da dieci anni la messa viene
celebrata in un piccolo ambiente del tutto inadeguato, che non può
accogliere più di 60-70 persone. “E’ un locale adibito a
teatrino – spiega il direttore – con alle pareti pitture
raffiguranti non certo immagini sacre. Certo, so che l’importanza
dell’Eucarestia non dipende da pareti affrescate, statue all’altare
ed altro, ma dalla disposizione dell’anima e dalla Grazia. Però
l’essere umano ha bisogno di bellezza, musica, arte, che esprimono
fede e gratitudine. Tanto più in un luogo di sofferenza e di
tristezza come un carcere. Riaprire al culto la chiesa di San Giacomo
sarebbe perciò importante, una vera Grazia”.