La pena di morte è disumana
occasione delle ultime esecuzioni negli Stati Uniti (la prima donna
in 70 anni è stata condannata alla sedia elettrica in Georgia e la
pena eseguita nei giorni scorsi), ripubblichiamo un intervento del
Pontefice – sui temi delle carceri e della pena di morte – ma
ancora molto attuale.
Francesco: abolire pena di morte, no a carcere
disumano
Udienza di Papa Francesco nella Sala dei Papi – L’Osservatore
Romano
23/10/2014
Cristiani e uomini di buona volontà “sono chiamati oggi o a
lottare non solo per l’abolizione della pena di morte”, in “tutte
le sue forme”, ma per il miglioramento delle “condizioni
carcerarie”. È uno dei passaggi centrali del discorso tenuto da
Papa Francesco in Vaticano a un gruppo di giuristi dell’Associazione
penale internazionale. La voce del Papa si è levata anche contro il
fenomeno della tratta delle persone e della corruzione. Ogni
applicazione della pena, ha affermato, deve essere
fatta con gradualità, sempre ispirata
dal rispetto della dignità umana. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
L’ergastolo è una “pena di morte coperta”, per questo l’ho
fatta cancellare dal Codice Penale Vaticano. L’affermazione a
braccio di Papa Francesco si incastona in una intensa,
particolareggiata disamina di come gli Stati tendano oggi a far
rispettare la giustizia e a comminare le pene. Il Papa parla con la
consueta schiettezza e non risparmia critiche a tempi come i nostri
in cui, afferma, politica e media incitano spesso “alla violenza e
alla vendetta pubblica e privata”, sempre alla ricerca di un capro
espiatorio. Il passaggio sulla pena di morte è molto sentito. Papa
Francesco ricorda che “San Giovanni Paolo II ha condannato la pena
di morte”, come pure il Catechismo, non solo punta il dito contro
il ricorso alla pena capitale, ma smaschera in un certo senso anche
quello alle “cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali”,
che lui chiama “omicidi deliberati”, commessi da pubblici
ufficiali dietro il paravento dello Stato:
“Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono
dunque chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della
pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma
anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto
della dignità umana delle persone private della libertà. E questo,
anche, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa,
nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo.
L’ergastolo è una pena di morte coperta”.
Lo sguardo e la pietà di Papa Francesco sono evidenti in tutta la
sua esplorazione sia delle forme di criminalità che attentano alla
dignità umana, sia del sistema punitivo legale che talvolta – dice
senza giri di parole – nella sua applicazione legale non è, perché
quella dignità non rispetta. “Negli ultimi decenni – rileva
all’inizio il Papa – si è diffusa la convinzione che attraverso
la pena pubblica si possano risolvere i più disparati problemi
sociali, come se per le più diverse malattie ci venisse raccomandata
la medesima medicina”. Questo ha fatto sì che il sistema penale
abbia varcato i suoi confini – quelli sanzionatori – per estendersi
sul “terreno delle libertà e dei diritti delle persone”, ma
senza un’efficacia realmente riscontrabile:
“C’è il rischio di non conservare neppure la
proporzionalità delle pene, che storicamente riflette la scala di
valori tutelati dallo Stato. Si è affievolita la concezione del
diritto penale come ultima ratio, come
ultimo ricorso alla sanzione, limitato ai fatti più gravi contro gli
interessi individuali e collettivi più degni di protezione. Si è
anche affievolito il dibattito sulla sostituzione del carcere con
altre sanzioni penali alternative”.
Papa Francesco definisce ad esempio il ricorso alla carcerazione
preventiva una “forma contemporanea di pena illecita occulta”,
celata dietro “una patina di legalità”, nel momento in cui
procura a un detenuto non condannato un’“anticipo di pena” in
forma abusiva. Da ciò – osserva – deriva sia il rischio di
moltiplicare la quantità dei “reclusi senza giudizio”, cioè
“condannati senza che si rispettino le regole del processo” – e
in alcuni Paesi sono il 50% del totale – sia, a cascata, il dramma
della vivibilità delle carceri:
detentive che si verificano in diverse parti del pianeta,
costituiscono spesso un autentico tratto inumano e degradante, molte
volte prodotto delle deficienze del sistema penale, altre volte della
carenza di infrastrutture e di pianificazione, mentre in non pochi
casi non sono altro che il risultato dell’esercizio arbitrario e
spietato del potere sulle persone private della libertà”.
Ma Papa Francesco va oltre quando, parlando di “misure e pene
crudeli, inumane e degradanti”, paragona a una “forma di tortura”
la detenzione praticata nelle carceri di massima sicurezza.
L’isolamento di questi luoghi, ricorda, causa sofferenze
“psichiche e fisiche” che finiscono per incrementare
“sensibilmente la tendenza al suicidio”. Ormai, è la desolante
constatazione del Papa, le torture non sono somministrate solamente
come mezzo per ottenere “la confessione o la delazione”…
“…ma costituiscono un autentico plus
di dolore che si aggiunge ai mali propri della detenzione. In questo
modo, si tortura non solo in centri clandestini di detenzione o in
moderni campi di concentramento, ma anche in carceri, istituti per
minori, ospedali psichiatrici, commissariati e altri centri e
istituzioni di detenzione e pena”.
E dalla durezza del carcere, insiste il Papa, devono essere
risparmiati anzitutto i bambini, ma anche – se non del tutto almeno
in modo limitato –anziani, ammalati, donne incinte, disabili,
compresi “madri e padri che – sottolinea – siano gli unici
responsabili di minori o di disabili”. Papa Francesco si sofferma
con alcune considerazioni su un fenomeno da lui sempre combattuto. La
tratta delle persone, sostiene, è figlia di quella “povertà
assoluta” che intrappola “un miliardo di persone” e ne vede
almeno 45 milioni costrette alla fuga a causa dei conflitti in corso.
Quindi, osserva con durezza:
“Dal momento che non è possibile commettere un delitto
tanto complesso come la tratta delle persone senza la complicità,
con azione od omissione, degli Stati, è evidente che, quando gli
sforzi per prevenire e combattere questo fenomeno non sono
sufficienti, siamo di nuovo davanti ad un crimine contro l’umanità.
Più ancora, se accade che chi è preposto a proteggere le persone e
garantire la loro libertà, invece si rende complice di coloro che
praticano il commercio di esseri umani, allora, in tali casi, gli
Stati sono responsabili davanti ai loro cittadini e di fronte alla
comunità internazionale”.
Il capitolo sulla corruzione è ampio e analizzato con grande
scrupolo. Il corrotto, secondo Papa Francesco, è una persona che
attraverso le “scorciatoie dell’opportunismo”, arriva a
credersi “un vincitore” che insulta e se può perseguita chi lo
contraddice con totale “sfacciataggine”. “La corruzione –
afferma il Papa – è un male più grande del peccato” che “più
che perdonato”, “deve essere curato”:
“La sanzione penale è selettiva. È come una rete
che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel
mare. Le forme di corruzione che bisogna perseguire con [la] maggior
severità sono quelle che causano gravi danni sociali, sia in materia
economica e sociale – come per esempio gravi frodi contro la
pubblica amministrazione o l’esercizio sleale dell’amministrazione
– come in qualsiasi sorta di ostacolo frapposto al funzionamento
della giustizia con l’intenzione di procurare l’impunità per le
proprie malefatte o [per] quelle di terzi”.
Al tirare delle somme, Papa Francesco esorta i penalisti ad usare
il criterio della “cautela” nell’applicazione della pena”.
Questo, asserisce, “dev’essere il principio che regge i sistemi
penali”:
“Il rispetto della dignità umana non solo deve operare
come limite all’arbitrarietà e agli eccessi degli agenti dello
Stato, ma come criterio di orientamento per il perseguimento e la
repressione di quelle condotte che rappresentano i più gravi
attacchi alla dignità e integrità della persona umana”.