Ius sòla: il commento del Naga sulla riforma della cittadinanza
Approvato
dalla Camera il testo della nuova legge che riforma il diritto di
cittadinanza, introducendo nel nostro ordinamento lo “ius soli”,
ovvero la cittadinanza per chi nasce nel nostro paese da genitori non
italiani.
Peccato
che l’acquisizione della cittadinanza avvenga solo qualora almeno uno
dei genitori disponga del “Permesso di soggiorno UE per
soggiornanti di lungo periodo”, precedentemente detto “Carta
di soggiorno”; un vincolo pesantissimo, che subordina un diritto
fondamentale, la cittadinanza, non solo alla lunga permanenza di uno
dei genitori nel nostro paese, ma alla sua disponibilità di un
lavoro, di un’abitazione con requisiti che a nessun cittadino
italiano vengono richiesti e di un reddito minimo fissato con un
semplice provvedimento amministrativo.
Il
diritto di cittadinanza, insomma, è sottoposto alla condizione
amministrativa dei genitori: un luminoso esempio di rispetto dei
concetti giuridici di “responsabilità individuale” e
“proporzionalità”.
Interessante
anche l’introduzione della cittadinanza per “ius culturae”,
ovvero per quei minori che pur non avendo i requisiti per
l’applicazione dello ius soli abbiano frequentato almeno 5 anni negli
istituti scolastici o di formazione professionali italiani;
incomprensibile tuttavia risulta la richiesta di aver conseguito la
promozione al termine della scuola primaria: chi viene bocciato a
scuola, insomma, è rimandato in cittadinanza.
Timidi
passi in avanti rispetto al nulla di prima, indubbiamente, ma un
testo che deve assolutamente essere modificato in seconda votazione
al Senato eliminando le discriminazioni.
Come
Naga, continueremo a sostenere non solo che cittadino è chiunque
abita e contribuisce alla vita civile del paese, ma anche che i
diritti fondamentali, quali la salute e la libertà di movimento, non
possono essere subordinati alla condizione amministrativa ma neppure
alla cittadinanza stessa: gli esseri umani nascono liberi e uguali.