Due interventi all ‘UE sulla sicurezza dati personali e sulla Convenzione di Ginevra
Dichiarazione di Barbara Spinelli: “Ecco il parlamento che
vogliamo”
Il 29 ottobre a Strasburgo, il Parlamento ha adottato con 342 voti a
favore e 274 contrari la “Risoluzione Moraes” sul
seguito da dare alla risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo
2014 sulla sorveglianza elettronica di massa dei cittadini
dell’Unione. È una risoluzione che svela un Parlamento più
coraggioso e audace del previsto, in primis per l’invito – rivolto
agli Stati membri dell’UE – a ritirare ogni imputazione penale nei
confronti di Edward Snowden, a offrirgli protezione e, di
conseguenza, a evitare la sua estradizione o consegna da parte di
terzi. Il suo statuto di “lanciatore di allerta” (whistleblower),
e dunque di difensore internazionale di diritti fondamentali della
persona, viene pienamente riconosciuto. Sostengo da sempre la
necessità di difendere gli informatori e ho caldeggiato di recente,
con il gruppo GUE-NGL, la candidatura di Snowden al premio Sakharov
(assieme ad Antoine Deltour, whistleblower nel caso Luxleaks.
e a Stephanie Gibaud, che ha rivelato pratiche di evasione e
riciclaggio della banca UBS AG). È il motivo per cui l’emendamento
Snowden (presentato da deputati Verdi e del GUE-NGL) era cruciale per
me. È passato per pochi voti: 285 i voti a favore, 281 i contrari.
Nella risoluzione il Parlamento esprime preoccupazione per le recenti
leggi approvate in alcuni Stati membri (Francia, Regno Unito, Paesi
Bassi) e ribadisce l’invito a tutti gli Stati membri affinché
assicurino che i loro quadri normativi e i meccanismi di controllo
che disciplinano le attività delle agenzie di intelligence siano in
linea con le norme della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e
con la legislazione dell’Unione.
Il Parlamento ritiene inoltre che la risposta della Commissione alla
risoluzione del 12 Marzo 2014 sia stata finora “assai
insufficiente”, vista la portata delle rivelazioni sulla
sorveglianza di massa, e invita la Commissione a dare seguito alle
richieste avanzate nella presente risoluzione entro dicembre 2015 al
più tardi. In caso contrario, il Parlamento si riserva il diritto di
presentare un ricorso per carenza, o di iscrivere in riserva
determinate risorse di bilancio destinate alla Commissione finché
non verrà dato un seguito adeguato a tutte le raccomandazioni.
Il Parlamento sottolinea la necessità di una definizione comune e
chiara di “sicurezza nazionale”, affinché l’UE e i suoi
Stati membri garantiscano la certezza del diritto, in quanto
l’assenza di tale definizione consente arbitrarietà e violazioni dei
diritti fondamentali e dello Stato di diritto da parte degli
organismi esecutivi e di intelligence nell’UE;
Pacchetto sulla protezione dei dati
La risoluzione, evidenziando l’importanza della sentenza della Corte
di giustizia dell’Unione europea dell’8 aprile 2014 – che dichiara
invalida la direttiva 2006/24/CE sulla conservazione dei dati –
ricorda come il regolamento e la direttiva sulla protezione dei dati
attualmente in corso di negoziato debbano tutelare i diritti
fondamentali delle persone.
Approdo sicuro (Safe Harbour)
Il Parlamento richiede la sospensione immediata della decisione
“Approdo sicuro”, dal momento che Safe Harbour non
prevede un’adeguata protezione dei dati personali dei cittadini
dell’Unione, e si compiace che la sentenza del 6 ottobre 2015 della
Corte di giustizia dell’Unione europea abbia dichiarato invalida la
decisione della Commissione 2000/520, secondo cui viene “attestato”
che gli Stati Uniti garantiscono un adeguato livello di protezione
dei dati personali trasferiti. È una sentenza che conferma la
posizione di lunga data del Parlamento, riguardante l’assenza di un
livello adeguato di protezione in virtù degli strumenti forniti
dalla decisione dell’esecutivo UE.
Inoltre, un emendamento dei liberali (ALDE) esorta la Commissione a
valutare l’effetto e le conseguenze sotto il profilo giuridico di
questa stessa sentenza – la cosiddetta causa Schrems
(C-362/14) – su eventuali altri accordi con paesi terzi che
consentono il trasferimento di dati personali, come ad esempio il
programma di controllo delle transazioni finanziarie dei terroristi
UE-USA (TFTP), gli accordi relativi ai codici di prenotazione PNR
(Passenger Name Record), l’accordo quadro UE-USA ed altri strumenti
di “diritto unionale” che prevedono la raccolta e il trattamento
di dati personali.
Tutela dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dei
cittadini dell’Unione / maggiore protezione degli informatori e dei
giornalisti
Nella risoluzione, il Parlamento “si rammarica” per i
limitati progressi registrati sul fronte della protezione degli
informatori (whistleblowers) e dei giornalisti, e invita l’UE
ad adottare norme per la protezione dei dipendenti che segnalano
illeciti (norme valide anche per il personale dei servizi di
sicurezza o d’intelligence nazionali e per quelli delle imprese
private che operano in questo campo) e a concedere l’asilo ai
dipendenti autori di tali segnalazioni minacciati di misure di
ritorsione nei loro paesi d’origine. Sottolinea inoltre che la
sorveglianza di massa minaccia gravemente il segreto professionale
delle professioni regolamentate, compresi i medici, i giornalisti e
gli avvocati, ed evidenzia segnatamente il diritto dei cittadini
dell’UE a essere protetti legalmente da qualsiasi tipo di
sorveglianza delle comunicazioni riservate, suscettibile di violare
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e in
particolare gli articoli 6, 47 e 48.
Strategia europea per una maggiore indipendenza informatica e
governance democratica e neutrale di Internet
Il Parlamento ribadisce fermamente il suo invito a sviluppare,
nel quadro di nuove iniziative come il mercato unico digitale, una
strategia europea per una maggiore indipendenza informatica e una
maggiore privacy online che promuova l’industria informatica dell’UE,
e valuta positivamente l’intento della Commissione di fare
dell’UE un attore di riferimento per la sua visione di un modello
“multipartecipativo” di governance di Internet.
Infine, un emendamento presentato dai liberali e adottato con 375
voti a favore e 242 contrari sottolinea il fatto che la
giurisprudenza più recente, e in particolare la sentenza della Corte
di giustizia europea dell’8 aprile 2014 sulla conservazione dei dati,
stabiliscono l’obbligo per legge di dimostrare la necessità e la
proporzionalità di eventuali misure destinate alla raccolta e
all’utilizzo dei dati personali in grado di interferire
potenzialmente nel diritto al rispetto della vita privata e familiare
e nel diritto alla protezione dei dati. Rammaricandosi del fatto che
le considerazioni politiche spesso pregiudicano il rispetto di tali
principi giuridici nel processo decisionale, invita la
Commissione a garantire, nel quadro del suo programma “Legiferare
meglio”, che l’intera legislazione dell’UE sia di qualità
elevata, conforme a tutte le norme giuridiche e alla giurisprudenza,
e in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
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Intendono abolire la Convenzione
di Ginevra?
I deputati del
Gue/Ngl denunciano come deplorevole e pericoloso il Progetto di
conclusioni del Consiglio sul rimpatrio
I deputati del Gue/Ngl hanno
ripetutamente chiesto al Consiglio dell’UE di far fronte alle proprie
responsabilità individuando una risposta umanitaria all’arrivo di
uomini, donne e bambini in cerca di protezione in Europa, e smettendo
di consolidare la Fortezza Europa.
Il progetto
di conclusioni del Consiglio,
fatto trapelare da Statewatch, mostra che il Consiglio
sta pianificando una serie di iniziative che violano chiaramente i
diritti e gli obblighi europei e internazionali, facendo applicare le
decisioni di rimpatrio con ogni mezzo, compreso un diffuso ricorso
alla detenzione per chiunque non venga considerato qualificato per la
protezione internazionale, e un rafforzamento dei poteri dati a
FRONTEX.
Il Consiglio minaccia di ritirare aiuti,
accordi commerciali e accordi sui visti a quei paesi che dovessero
rifiutarsi di riprendere i propri cittadini, e dà alla Commissione
sei mesi di tempo per individuare soluzioni su misura per giungere a
riammissioni più efficaci con i paesi terzi.
sviluppo di centri di detenzione nei paesi terzi colpiti dalla
pressione migratoria “fino a quando non sia possibile il ritorno
nel paese di origine”. La prospettiva è utilizzare questi
centri come luoghi di rapido rimpatrio per chi non sia qualificato
per la protezione internazionale, o sia inammissibile in paesi terzi
sicuri. La Commissione si è già mossa in questa direzione,
decidendo di utilizzare i fondi dell’Unione per aprire sei centri
di accoglienza per rifugiati in Turchia, che attualmente fronteggia
forti tensioni nella regione circostante.
Marie-Christine Vergiat ha
espresso grave preoccupazione per la richiesta del Consiglio di
implementare l’articolo 13 dell’accordo di Cotonou relativo
all’obbligo di riammettere i cittadini di paesi aderenti all’accordo,
quando sappiamo che molti di questi paesi sono aree di guerra e di
crisi dalle quali i rifugiati sono attualmente in fuga. Eritrea,
Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo sono tra
questi paesi.
“Queste conclusioni, se
adottate così come sono, costituirebbero una violazione
dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea, poiché produrrebbero effetti giuridici nei confronti di
paesi terzi”, ha commentato Barbara Spinelli. “Il
Parlamento potrebbe portarle alla Corte per violazione di un
requisito procedurale essenziale e dei Trattati”, ha aggiunto, “in
quanto il Parlamento non verrebbe coinvolto, in ambito di sua
competenza, in decisioni vincolanti per terzi”. A proposito
degli hotspot menzionati nel progetto di conclusioni del Consiglio,
ha detto che “rischiano di intrappolare chi chiede protezione e
di trasformarsi in centri di detenzione per i richiedenti asilo”.
“Se adottato, questo
progetto di conclusioni equivarrebbe all’abolizione della
Convenzione di Ginevra e, di fatto, alla fine del sistema di
protezione internazionale per i rifugiati, come stabilito dopo la
Seconda guerra mondiale”, ha aggiunto Cornelia Ernst.