11 SETTEMBRE… 13 NOVEMBRE: non ripetiamo gli stessi errori
corpi delle numerose e incolpevoli vittime degli attentati di Parigi
sono ancora caldi, ma già si scatenano le varie propagande.
Una
riflessione meno emotiva e più razionale, pur nell’assurdità della
situazione, invece s’imporrebbe.
l’11 settembre 2001 si è avuta un’excalation di imprese militaresche
più o meno sgangherate o del tutto sciagurate che hanno portato
gradualmente al buco nero dell’attuale caos mediorientale.
Non
tanto in Afghanistan, paese che in buona sostanza non è mai riuscito
a controllare nessuno, quanto più a ovest di esso, fino al
dissolvimento dell’Iraq e della Siria, non a caso antiche sedi del
primo califfato (di Damasco e di Baghdad) e dove oggi si appalesa il
‘monstrum’ dell’Isis.
La gravità di quanto è accaduto nella
capitale francese, unita alle legittime preoccupazioni derivanti
dall’attivismo russo nell’area – che molto deve alla lunga inerzia
occidentale – fanno supporre un probabile upgrade di interventismo
armato euro-americano.
Possibili soluzioni politiche, finora poco
effettivamente ricercate, sbiadiscono ancor di più all’orizzonte.
Un
simile e reiterato dilettantismo risponde forse a esigenze elettorali
di varie parti in causa, ma una vera gestione della crisi che possa
riportare stabilità in paesi a noi tanto vicini e per noi così
importanti, non può certo avvalersi di mere esibizioni
muscolari.
Tanto più che queste ultime non avrebbero altro esito,
nell’immediato, che l’aumento di distruzioni e l’annientamento di
innumerevoli vite innocenti.
Ci rendiamo conto che la contabilità
dei morti ha ben diverso peso quando il colore delle loro pelle (o la
lingua che parlano e la religione che professano) sono un po’
esotiche, ma nel mondo globalizzato simili ragionamenti ormai non
funzionano più, non tanto per sempiterne ragioni morali, ma almeno
per calcoli di convenienza che non dovrebbero essere oscuri più a
nessuno.