EVE ENSLER: un saggio, un testo profondo che parla di donne e di violenza (e molto altro)
Monica Macchi
la lotta è tra le persone che devastano il pianeta,
le risorse,
noi
poetessa, sceneggiatrice, regista e attivista di origini ebree è
diventata famosa per i “Monologhi della vagina”1,
che dal 1996 è stato
tradotto
in 50 lingue e rappresentato in 150 paesi (ha appena debuttato in
India e a Cuba). Ogni anno viene attualizzato con un nuovo monologo
sulle violenze contro le donne in ogni parte del mondo: una delle più
rappresentate è My
Vagina Was My Village,
monologo scritto sulla base delle testimonianze delle donne vittime
di stupro in Bosnia. Da queste pièce teatrali è nato il movimento
globale V-Day, per la difesa dei diritti delle donne: 189 Paesi,
oltre 70 città in Italia, 13mila organizzazioni femminili e
femministe coinvolte oltre a singole personalità come Vandana Shiva
e il Dalai Lama.
14 gennaio 2012 dopo aver letto una statistica secondo cui una donna
su tre in tutto il pianeta sarà oggetto di percosse o stupro nel
corso della sua vita ha lanciato la campagna One Billion Rising in
cui
le attiviste e gli attivisti danzano come strumento creativo per
mostrare sdegno e assumersi le proprie responsabilità e favorire una
nuova presa di coscienza, una presa di coscienza che opponga
resistenza alla violenza finché questa non diventerà inconcepibile.
scorso 13 settembre Eve Ensler era a Milano al Teatro Elfo-Puccini in
un incontro pubblico con Lella Costa per presentare il suo ultimo
libro “Nel corpo del mondo” in cui racconta la sua esperienza con
la malattia, un tumore all’utero e la riappropriazione del proprio
corpo rispetto alle mutilazioni fisiche e psicologiche. In
particolare rivendica una maternità non stereotipata che va al di là
degli organi di procreazione, ma intesa come cura nei confronti di
perone che si scelgono e con cui si creano dei legami. Ed Eve ha
scelto le donne di Bukavu, in Congo con cui ha creato la Città della
Gioia, un luogo condiviso in cui donne, molte delle quali analfabete
e sopravvissute a stupri e torture, esorcizzano i traumi attraverso
l’arte, la danza e corsi di autodifesa mentre diventano
catalizzatrici di un radicale cambiamento sociale seguendo corsi
professionali, di agricoltura e di uso del computer per poi istruire
altre donne nei villaggi. Il cancro diventa così una metafora della
società capitalistica senza alcuna attenzione né all’ambiente né
alle persone: legare la nostra lotta a quella degli altri contro una
società consumistica e sprecona è l’unico modo per ribaltare la
gerarchia e la violenza.
numero, in Italia, per denunciare violenze e stalking: 1522