La Carta dei figli di genitori detenuti
La Carta dei figli dei genitori detenuti, un Protocollo d’Intesa sottoscritto dal Ministero della Giustizia, dall’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza e dall’Associazione Bambinisenzasbarre Onlus, a tutela dei diritti dei 100mila bambini e adolescenti che entrano nelle carceri italiane è nata nel marzo 2014. Vogliamo ricordarla e ricordare le sue finalità: “Se a un bambino succede che gli arrestino uno dei genitori, riuscire a mantenere la relazione familiare, senza sentirsi tradito da quel genitore, ma anche senza sentirsi spaventato da quelle istituzioni, che rinchiudono in carcere suo padre o sua madre, è fondamentale perché la sua crescita sia ugualmente equilibrata e il più possibile serena” (come si legge su Ristretti orizzonti)
La Carta dei figli dei genitori detenuti riconosce il diritto di questi figli, spesso considerati “orfani di padri o madri vivi”, devono veder garantito il loro diritto alla continuità del legame affettivo con il genitore detenuto, ma anche il diritto di quei padri e quelle madri a non perdere la loro famiglia nel periodo della reclusione.
Proponiamo una testimonianza, raccolta sempre da Ristretti orizzonti all’epoca della redazione della Carta, e vi chiediamo di seguire la Campagna intitolata “Non un mio crimine, ma una mia condanna” di cui parliamo di seguito.
Il carcere fa nascere e crescere nei bambini un muro di durezza
Nei giorni scorsi è stato firmato un protocollo d’intesa affinché ai figli delle persone in carcere sia garantito proprio il diritto ad essere figli.
Purtroppo le carceri italiane e le leggi attuali in merito a questo tema sono molto inadeguate rispetto a quello che succede in tanti altri Paesi europei, infatti è sempre più difficile oggi per i figli delle persone detenute riuscire a mantenere un rapporto umano con il proprio congiunto, e in questo modo si rischia che siano proprio i figli a pagare la vera pena per gli errori che hanno commesso i loro genitori, dovendo crescere sentendosi come bambini di serie B rispetto ai loro coetanei, perché ci si dimentica che invece anche loro sono vittime delle scelte dei genitori, rinchiusi per aver commesso dei reati.
Io sono un genitore detenuto, e prima di essere padre sono stato figlio a mia volta di un padre detenuto. Nonostante siano passati ormai molti anni da quando ero figlio di un detenuto, è ancora nitido il ricordo della sofferenza e della disumanità che sono stato obbligato a vivere in quegli anni quando mi recavo nei vari istituti a trovare mio padre, o la rabbia e la frustrazione che crescevano dentro di me in quel periodo nei confronti delle istituzioni ogni qual volta all’uscita da scuola o nei vari eventi come un compleanno, le recite, la comunione, diversamente dai miei compagni io ero senza la presenza di mio padre.
In questo modo per i figli la pena del padre diventa una punizione crudele, in quanto non tiene conto della loro dignità e tanto meno del diritto ad essere figlio.
Io credo che una pena utile deve privare un genitore solo della propria libertà e non del ruolo genitoriale, come invece oggi avviene per chi sta in carcere, perché in questo modo si fa pagare ai figli delle persone detenute male con male, usando lo stesso linguaggio di violenza che hanno usato i loro genitori nel commettere i loro reati, e con il tempo questa punizione rischia di diventare deleteria nei confronti di chi è stato figlio di un detenuto, perché fa nascere e crescere nei bambini un muro di durezza, che invece di avvicinarli alle istituzioni e alla legalità finisce per allontanarli.
Credo che infatti non sia un caso che tanti bambini che hanno avuto i genitori in carcere a loro volta crescendo si sono trovati ad avere problemi con la giustizia e quindi a sperimentare l’esperienza carceraria.
Io credo che ci sia bisogno non solo di un protocollo d’intesa, ma anche di una rivoluzione culturale nel nostro Paese in merito a questo tema per cambiare rotta, altrimenti sulla carta continuiamo ad avere moltissimi diritti, ma poi di fatto i figli dei detenuti continuano a vivere una vera e propria negazione di esperienze di conoscenza autentica nei confronti dei propri genitori, che nel tempo in molti casi rischia di trasformarsi in un senso di inferiorità fisica e psicologica.
Io apprezzo il buon senso dell’iniziativa presa dai vari operatori del settore in merito a quest’ultimo protocollo d’intesa che rafforza ulteriormente la sacralità di essere figli “senza se e senza ma”, ma auspico però che chi è preposto poi ad applicare queste leggi dimostri maggior sensibilità su questo tema e non continui a far rimanere i diritti solo parole scritte sulla carta e mai applicate.
Luigi Guida
CAMPAGNA “NON UN MIO CRIMINE, MA MIA LA CONDANNA”
“Lo sguardo dei bambini trasforma ed umanizza il carcere, costretto a prendere in considerazione la loro presenza e ad attrezzarsi per accoglierli – ha sottolineato Lia Sacerdote, Presidente di Bambinisenzasbarre – Il Modello d’Accoglienza Spazio Giallo non è solo un modello per il sistema penitenziario, ma lo anche per il “sistema città” di cui il carcere è parte ed occupa un posto cruciale in termini di legami e scambi relazionali, soprattutto per i bambini coinvolti. Il modello, che Bambinisenzasbarre sta estendendo sul territorio nazionale partendo dagli istituti in Lombardia, si è rivelato decisivo per le ricadute in termini di trasformazione dei comportamenti sociali sul territorio, riducendo il disagio delle persone e della società e avviando un processo di inclusione sociale. Non ultimo effetto di questo processo, generato anche dalla Carta firmata lo scorso marzo, è la presa di coscienza da parte delle Istituzioni dell’importanza di questa questione, non più rimandabile, dando esempio agli altri Paesi europei.”.
“Non un mio crimine, ma una mia condanna” è la Campagna di raccolta fondi di Bambinisenzasbarre, che sostiene – con l’invio al 45507 di un SMS da 2 Euro da cellulare e 2 o 5 Euro da telefono fisso – il consolidamento e l’estensione negli Istituti penitenziari del Modello d’accoglienza Spazio Giallo, il luogo di Bambinisenzasbarre predisposto nelle sala d’attesa delle carceri dedicato alle famiglie ed ai bambini che si preparano all’incontro con il genitore detenuto insieme alle psicologhe, psicopedagogiste e arte-terapeute e di strutturare il servizio nazionale di Telefono Giallo per rispondere alle famiglie di persone in una situazione di detenzione, agli operatori e, al contempo, per dare risposte concrete alle esigenze e alle difficoltà dei bambini.
Finalità della Campagna è sensibilizzare il grande pubblico sull’importanza del riconoscimento e visibilità di questi bambini e dei loro bisogni senza per questo stigmatizzarli, nel pieno rispetto del diritto di ogni bambino di essere tale.
Al contempo, si intende far comprendere come la continuità e il rafforzamento del legame affettivo agisca in termini di prevenzione sociale: per il figlio che non rischia di ripetere l’esempio del padre da cui è forzatamente separato e, a causa dell’improvvisa “scomparsa”, ne idealizza il comportamento ma, al contrario, ne comprende le debolezze e gli errori e, quindi, è in grado di scegliere un diverso stile di vita; mentre per il genitore detenuto il figlio con cui riesce a mantenere un legame diventa la motivazione forte per non ripetere il reato e ritornare ad essere per lui un modello.
Una volta di più, l’intera comunità è chiamata a mettere in atto tutte quelle pratiche positive che permettano a questi bambini di subire il minor danno possibile da questa difficile situazione e garantire loro il diritto all’infanzia.
Bambinisenzasbarre, liberiamo i bambini.
Bambinisenzasbarre Onlus difende il diritto di essere bambini. È impegnata nella cura delle relazioni familiari durante la detenzione di uno o entrambi i genitori, nella tutela del diritto del bambino alla continuità del legame affettivo e nella sensibilizzazione della rete istituzionale e della società civile.