I muri di Tunisi: a cinque anni dalla rivoluzione
di Monica Macchi
“I muri di Tunisi si sono trasformati in un gigante libro di storia
che documenta e immortala i segni di una rivolta”
A più di 5 anni di distanza, la narrazione dei media mainstream parla ancora di “qualcosa di inaspettato” per raccontare quello che è successo in Tunisia. In realtà già dal 2008 ci sono stati scioperi e manifestazioni per le procedure non trasparenti per l’assegnazione di alcuni posti di lavoro a Redayef ma le componenti economiche, ambientali e sindacali sono state pressochè ignorate. Così come è stata trascurata tutta la produzione artistica underground impregnata di un umorismo liberatorio e sovversivo perché come ha detto Mounir Fatmi “non abbiamo aspettato che i nostri paesi divenissero democratici, accettassero un pensiero critico, per fare dell’arte” e che ha avuto un ruolo chiave (come del resto in Egitto) nella liberazione dalla Paura.
Per questo abbiamo deciso di recensire e presentare questo libro che dall’idea di fotografare e raccontare scritte, stencil, segni ed immagini dei muri di Tunisi dal 2011 fino alle elezioni del 2014. Muri che costituiscono una (ri)appropriazione dello spazio pubblico, aperti e accessibili a tutti… più di quanto non lo sia stato Internet che nelle zone rurali, come il bacino minerario di Gafsa, non era disponibile.
In particolare Luce Lacquaniti, arabista, si concentra sull’aspetto linguistico in un misto di arabo classico, dialetto tunisino, francese e n uove parole come nella foto qui sotto.
In francese ma con l’alfabeto arabo si legge “Fulousocratie c’est finie” cioè “è finita la Soldocrazia” ma si può leggere anche “Fulus wa karasi” cioè “soldi e poltrone”, entrambi chiari riferimenti alla cleptocrazia del regime di Ben Ali. Dai murales emergono così tutte le questioni dibattute nello spazio pubblico e politico: la laicità come garante della diversità e della libertà di coscienza, il ruolo dell’Islam, la “complementarietà” della donna, il ruolo dei sindacati, gli assassini politici, le vessazioni dei poliziotti, droga e rap. Ma ci sono anche le influenze e le citazioni colte e poetiche, da Abu Qacem Chebbi a Mahmoud Darwish, da Amal Donqol a Ghassan Kanafani firmato Molotov, un collettivo di artisti indipendenti impegnati socialmente; così come altri attivisti che si spingono nelle periferie (Ahl Al Kahf, Zwewla, El Seed). Un punto di vista underground e engagé che non ricomprende altre esperienze legate prettamente all’estetica come ad esempio Djerbahood, il villaggio completamente ricoperto da trompe l’oeil. http://www.djerbahood.com/
Ti spetta qualcosa in questo mondo, perciò alzati.
Ghassan Khanafani
Domani pubblicheremo il video dell’incontro pubblico con Luce Lacquaniti, a cura dell’Associazione per i Diritti Umani.