Stay human, Africa: I rifugiati somali
di Veronica Tedeschi
La Somalia, situata nel “Corno d’Africa”, ha ottenuto l’indipendenza nel 1960 ma presenta ancora oggi un assetto politico instabile a causa dei numerosi scontri interni, ormai trasformatisi in una vera e proprio guerra civile. La capitale è attualmente nelle mani del TFG, il governo federale di transizione, ma la situazione non è comunque pacifica.
La popolazione civile è la prima a risentire negativamente di questa situazione ed è costretta a subire abusi e violazioni dei diritti umani, il più delle volte connessi all’abbandono delle abitazioni.
Ad aggravare la situazione si aggiunge la carestia che colpisce oltre 3 milioni e mezzo di persone e che, unita alla situazione di instabilità del paese, porta la Somalia a diventare uno dei primi paesi per numero di richieste di asilo registrate nei paesi industrializzati.
Insorge quindi una forte necessità di garantire protezione internazionale alle persone in fuga dalla Somalia meridionale e centrale. È necessario valutare le domande di protezione in modo da rispettare il principio di non- refoulement in base al quale i cittadini somali non possono essere rinviati forzatamente nel proprio paese d’origine se non nel caso in cui lo Stato di ritorno garantisca che tali persone non siano a rischio di persecuzione.
La Somalia resta un luogo pericoloso, lo scorso 30 novembre, a Galhayo – città divisa in due zone, a nord del Puntland e a sud del Galmudug – , è stato promosso un cessate il fuoco tra le milizie rivali delle due regioni autonome autoproclamate. Negli scontri, scoppiati già il 22 novembre sono morte almeno 28 persone.
La risposta dell’Unione Europea a questa situazione non è delle migliori, nel 2014 l’Olanda ha cercato di espellere richiedenti asilo della Somalia in zone di questo paese controllate dal gruppo islamista al-Shabab. Per un periodo lo stato europeo ha ritenuto la Somalia un “paese sicuro” e ha sospeso la prassi automatica di non rimpatriare i richiedenti asilo sostituendola con una valutazione caso per caso.
Vista la situazione, Amnesty International giudicò l’atteggiamento del governo olandese incomprensibile e irresponsabile, oltre che contrario al diritto internazionale: non si può espellere una persona in un paese dove la sua vita e la sua libertà siano a rischio. Rimandare richiedenti asilo somali tra le mani di al-Shabab equivale a comunicargli una condanna a morte.
L’UNHCR ritiene che i cittadini somali non abbiamo possibilità adeguate di trovare protezione dalle persecuzioni o dai gravi pericoli nel sud e centro della Somalia, in particolare nelle ampie aree ancora sotto il controllo di Al-Shabaab e di suoi alleati. Una situazione che si ripete anche a Mogadiscio, dove le possibilità di proteggersi dal rischio di persecuzione per mano di Al-Shabaab sono praticamente assenti.
L’Italia, dal lato suo, lo scorso ottobre ha stanziato un contributo per sostenere il rientro volontario degli sfollati somali provenienti dai campi profughi interni al Paese e dal campo profughi di Dadaab in Kenya – il più grande al mondo -. Le aree di rientro interessano solo delle specifiche aree, in particolare quelle centro-meridionali, in quanto ritenute le migliori per ottenere accesso ai servizi e a opportunità lavorative.
Le attività del progetto prevedono infatti il reinserimento degli sfollati nelle aree di rimpatrio e l’assistenza nell’accesso ai servizi essenziali, al fine di favorire soluzioni di accoglienza durevoli. Il progetto prevede inoltre l’attività di assistenza ai rifugiati somali provenienti dallo Yemen, in considerazione del recente aggravamento della situazione umanitaria nel Paese arabo, che ha determinato numeri rientri forzati verso la Somalia in particolare nelle aree del porto di Bosaso e nella regione del Puntland (Fonte: www.onuitalia.com).