Mutilazioni genitali femminili (MGF): THE CUT, rompere il tabù
The cut. Voci del cambiamento, il nuovo saggio di Valentina Mmaka – scrittrice e attivista – mescola il registro dell’informazione con quello dell’Arte per rompere il tabù verso uno dei temi più importanti della nostra contemporaneità: quello delle mutilazioni genitali femminili, una pratica diffusa in molitissimi Paesi, un problema globale.
Valentina Mmaka ha raccolto testimonianza e interviste di donne (di varie età) che l’hanno subìta, che l’hanno praticata e anche di persone e di artisti che mettono la propria creatività a serivizio di un lavoro culturale, perchè si parte sempre dalla mentalità e dalla conoscenza per modificare i comportamenti individuali e collettivi.
L’Associazione per i Diritti umani ha intervistato Valentina Mmaka e la ringrazia moltissimo per questo approfondimento.
Il testo nasce dal progetto “Gugu Women Lab”: ce ne vuole parlare?
Nel 2011 ho fondato a Cape Town un collettivo di donne sudafricane e migranti da altri paesi africani. L’idea del collettivo era lavorare ad un progetto di scrittura che avesse come obiettivo quello di identificare le interrelazioni tra identità e spazi. Nel corso degli incontri, abbiamo esplorato diverse modalità per rappresentare l’ espressione e la scoperta identitaria, così come diverse nozioni di spazio. Dal lavoro è emerso che lo spazio che ciascuna donna voleva affermare era il proprio corpo. Alcune delle partecipanti hanno cominciato a condividere la loro esperienza del “taglio”e da lì c’è stata la volontà di rompere il tabù attorno al tema, realizzando uno spettacolo teatrale, un testo che raccontasse il corpo violato della donna ma al tempo stesso la sua auto affermazione. Il percorso che ha portato alla realizzazione di THE CUT è stato un lungo intenso viaggio verso l’acquisizione di consapevolezza della propria identità. L’idea centrale di tutto il lavoro è che l’arte, più di ogni altro percorso formativo, è in grado di sensibilizzare e smuovere le corde emotive della gente.
Quali sono le pratiche che riguardano le Mutilazioni Genitali Femminili e quali conseguenze hanno sul corpo e sulla psiche delle donne che le subiscono?
L’OMS classifica 4 tipologie di MGF: Tipo I, noto come clitoridectomia, consiste nella rimozione parziale o totale del clitoride e del prepuzio; Tipo II, conosciuto come escissione, consiste nella rimozione parziale o totale del clitoride e/o di entrambe le piccole e grandi labbra; Tipo III, noto come infibulazione, consiste nella chiusura vaginale riducendo le piccole e grandi labbra, lasciando un piccolo foro per l’urina e il ciclo; il Tipo IV, racchiude tutte le altre procedure legate ai genitali femminili come il pierceing, il nicking, l’incisione e la cauterizzazione.
Le conseguenze delle MGF sono innumerevoli. Ci sono conseguenze immediate come il tetano, la setticemia, infezioni urinarie, emorragie oltreché paura ad urinare per il dolore che provocano. A queste si aggiungono conseguenze a lungo termine sia fisiche che psicologiche. Quelle fisiche più gravi sono quelle legate alla gravidanza. L’insorgere di infezioni vaginali può compromettere l’esito della gravidanza quindi provocare aborti, rottura prematura del sacco amniotico, parto prematuro. Recenti ricerche hanno confermato che le donne che hanno subito le MGF, hanno il 55% in più di rischio di perdere il bambino al momento del parto. Anche durante il parto i rischi sono grandi, spesso si richiede un’ operazione di deinfibulazione per evitare al bambino di restare intrappolato nel canale vaginale e quindi soffocare a cui fa seguito una ulteriore operazione di re -infibulazione per riportare la vagina al suo aspetto iniziale. Tutto questo comporta sofferenze atroci per la donna. Tra le altre problematiche si possono riscontrare problemi come la fistula, l’AIDS, la sterilità. I danni psicologici legati al trauma sono l’insicurezza, il senso di perdita, l’impossibilità a provare piacere sessuale e spesso in conseguenza a questo a mantenere relazioni interpersonali stabili e durature. C’è un senso di alienazione e di solitudine, soprattutto perché le MGF sono ancora tutt’oggi un tabù anche presso le comunità che le praticano, non se ne parla apertamente e questo rende difficile condividere le proprie paure e inscurezze.
Dove e da chi vengono praticate e quali sono i motivi (appartenenti alla tradizione culturale) che le motivano?
Le MGF vengono praticate nei cinque continenti. I flussi migratori hanno amplificato la presenza del problema nelle nostre società. Si pensa erroneamente che le MGF siano un fenomeno esclusivamente africano, invece vengono praticate nel Sud Est Asiatico, in Medio Oriente, in India presso i Dawoodi Bohra, e nella diaqspora in Europa, negli Stati Uniti, in Australia. Fino a non molto tempo fa venivano praticate anche in Australia, Colombia e Perù da popolazioni autoctone.
Le motivazioni per cui si praticano le MGF sono varie, a seconda dell’area geografica. Si tratta perlopiù di un fattore culturale tramandato da centinaia di anni. Presso alcune popolazioni viene addotta una motivazione religiosa, sebbene nessun testo sacro menzioni le MGF. Ci sono poi fattori sociali ed economici. In molte culture, una ragazza non mutilata è considerata una ragazza impura e in quanto tale non può accedere all’istituto del matrimonio e questo significa che non sarà in grado di portare una dote alla sua famiglia.
Vengono perlopiù praticate da éxciseuse, donne anziane che ereditano la “professione” dalle madri. In alcuni paesi le MGF sono adirittura medicalizzate, basti pensare all’Indonesia dove l’incisione del clitoride avviene sulle bambine neonate in quello che viene chiamato il “birth package” un pacchetto di “servizi” che la neonata riceve nelle prime settimane di vita, esso comprende oltre al piercing nel lobo dell’orecchio e una serie di vaccinazioni standard anche la mutilazione dei genitali.
In tema di diritti umani: come può, la comunità internazionale, contrastare le MGF?
La comunità internazionale dovrebbe innanzi tutto investire nella formazione a partire dalla scuola. In ogni scuola dovrebbe essere obbligatoria la formazione di studenti e insegnanti su tematiche legate ai diritti umani, uno spazio dove si possa parlare apertamente di argomenti come le Mutilazioni Genitali Femminili e in modo più ampio della Violenza di Genere, creando un supporto umano e psicologico per tutte le bambine che provengono da paesi che praticano le MGF. È un problema che riguarda milioni di donne e ragazze nel mondo. Secondo l’ultimissimo rapporto dell’Unicef sarebbero ben 200 milioni e non 140 milioni come si pensava fino a pochi mesi fa, le donne che portano i segni delle mutilazioni e circa 86 milioni di bambine sono a rischio nei prossimi 15 anni. Sono numeri importanti che devono farci comprendere le dimensioni del problema. Le migrazioni hanno portato all’attenzione questo problema sebbene in molti paesi di immigrazione come l’Italia si faccia ben poco a riguardo. La scuola è il luogo del vero cambiamento. I ragazzi possono diventare dei veri mediatori agevolando le famiglie ad aprirsi ad un dialogo pubblico condiviso sulla tematica.
Ci sono poi le figure professionali come medici di famiglia, ginecologi, ostetriche, pediatri, ufficiali di polizia e assistenti sociali che dovrebbero anche’essi beneficiare di un piano formativo in grado di offrire loro strumenti validi per fronteggiare emergenze e monitorare l’incidenza del problema nei diversi paesi. Ho conosciuto tantissime donne sopravvissute alle MGF che hanno incontrato innumerevoli difficoltà a spiegare la loro esperienza a medici, ad esempio nei consultori o all’atto della richiesta di asilo presso la polizia di frontiera.
Un ruolo fondamentale dovrebbero poterlo inoltre svolgere i mass media trattando l’argomento in modo non pregiudizievole, ma inclusivo. Informare e offrire uno spazio di dialogo e confronto, questo andrebbe fatto.
Con particolare enfasi andrebbero coinvolti gli uomini al fianco delle donne. Le MGF nascono storicamente in seno a società patriarcali per controllare il corpo delle donne, quindi un loro coinvolgimento nella lotta allo sradicamento di questa pratica avrebbe un impatto efficace e un ‘accelerazione rapida. In Kenya e in Nigeria conosco decine e decine di giovani attivisti che si fanno portavoce della campagna anti MGF.
A livello internazionale, un passo importante sarebbe quello di individuare strategie transnazionali per sradicare il problema. Non esiste un unica soluzione al problema, bisognerebbe investire meno in conferenze e summit mondiali e più in programmi di formazione a livello locale di comunità. E’ evidente che l’impegno delle grandi organizzazioni mondiali impegnate da decenni nella lotta allo sradicamento delle MGF non sono riuscite con la loro strategia “unica” a raggiungere l’obiettivo prefissato. Guardiamo ad esempio al Senegal, dove solo alcune minoranze praticano le MGF, ancora oggi si praticano nonostante diversi organismi internazionali lavorino sul campo da oltre vent’anni. Se non sono riuscite a sradicare totalmente il problema di poche minoranze in una generazione, significa che la strategia unica non funziona.
Quanto è importante la scrittura (o la cultura in genere) per cambiare la mentalità e affermare il rispetto per la donna e il suo corpo?
Tantissimo. La violenza è un fattore culturale e per quanto le leggi siamo importanti e necessarie occorre cambiare la cultura che produce quella violenza per poterla sradicare definitivamente. Ci deve essere una cultura del rispetto condivisa perché si possano abolire tutte le forme di violazione dei diritti umani.
La scrittura e l’arte in genere, sono ottimi strumenti attraverso cui il cambiamento culturale può avvenire. Contribuisce a una presa di coscienza, ci avvicina all’esperienza dell’altro, ci offre la possibilità di sperimentare la molteplicità dell’esperienza umana. Ho lavorato con tantissime donne offrendo la scrittura come strumento di conoscenza e come momento liberatorio e di auto affermazione, senza pregiudizi. Lo spettacolo THE CUT, che ho portato in giro in Italia e in altri paesi, ha sortito reazioni inattese negli spettatori che spesso hanno chiesto come fare per saperne di più sul problema e come fermarlo. Il teatro mi ha dato l’opportunità di incontrare gente diversa, la comunicazione è immediata e senza filtri, ci sei tu e lo spettatore e il feedback è sempre produttivo ed emotivamente coinvolgente. Portare il testo ai ragazzi delle scuole al di fuori dell’Italia, penso alla Spagna o alla Gran Bretagna o al Kenya, ha sortito entusiasmo e interesse. Gli studenti sono i primi a volerne sapere di più. In Italia purtroppo, dalla mia esperienza, le scuole si sono defilate da un confronto, questo per paura di affrontare un tema di cui non si sa nulla e che a detta degli insegnanti e dirigenti di istituto “rischia di creare nuove forme di discriminazione”. E’ chiaro che c’è molta ignoranza sull’argomento, non può esserci nulla di più discriminatorio che mantenere il silenzio su un abuso di minore come quello che le MGF rappresentano!”
Anche a questo scopo ho scritto un libro sull’argomento (titolo THE CUT. Voci Globali del Cambiamento per Rompere il Silenzio sulle Mutilazioni Genitali Femminili) che cerca di presentare il tema delle MGF in modo esaustivo sotto tutti i punti di vista, da quello legislativo a quello sanitario, da quello sociologico a quello culturale oltreché dal punto di vista artistico, diventando così anche uno strumento formativo. Ho incontrato centinaia di attivisti e colleghi artisti in giro per il mondo impegnati nella lotta alle MGF, la loro voce è determinante per comprendere appieno l’esperienza di chi ha subito le MGF e di come poter dare voce a chi non ce l’ha rompendo il silenzio su questo tabù.