Kurdistan / Siria: la Turchia attacca postazioni kurde in territorio siriano
La NATO deve obbligare la Turchia a sostenere una soluzione pacifica nel conflitto in Siria
In seguito agli attacchi dell’esercito turco contro postazioni kurde in Siria l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) si è appellata ai governi dei paesi membri della NATO affinché impegnino il loro partner Turchia a una soluzione pacifica in Siria. Non è accettabile che la Turchia combatta proprio quelle forze che almeno dal 2012 e con pesanti perdite si oppongono alle milizie dello Stato Islamico e di altre forze radicali come il fronte Al-Nusra, l’Ahrar Al Sham, lo Jaish Al Islam, lo Jaish Al Mujahidin o il Fronte Islamico. In quanto membro della NATO e candidato per l’adesione all’UE, la Turchia deve impegnarsi a non sostenere formazioni radical-islamiche presenti lungo la sua frontiera e per una soluzione politica del conflitto in Siria.
Secondo quanto riportato dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani con sede a Londra e vicino all’opposizione, lo scorso 13 febbraio l’artiglieria turca ha attaccato le postazioni delle “Syrian Democratic Forces” (SDF). Tra i morti risultano anche otto civili, tra cui una donna e suo figlio e tre membri delle Unità di Protezione Popolare kurde. Da quanto riporta l’Osservatorio siriano per i Diritti umani, migliaia di persone che avevano deciso di restare nel proprio paese invece di fuggire all’estero ora sono state costrette a fuggire dagli attacchi turchi verso il centro della regione siriana di Afrin.
Secondo il governo turco, questi attacchi sono serviti per rafforzare l’opposizione siriana moderata, riferendosi con ciò al Fronte Al-Nusra, considerato l’affiliato siriano di Al-Qaeda, e ad altre formazioni che in realtà sono di ispirazione radical-islamica anche se in Siria sono perlopiù contrapposte allo Stato Islamico IS-Daesh. Ankara è intenzionata a occupare una striscia di frontiera lunga circa 100 km in territorio siriano, ufficialmente per creare una specie di zona cuscinetto, in realtà però il territorio in questione copre esattamente il territorio di Rojava, ossia il territorio kurdo in Siria. E’ evidente che il sostegno fornito dalla Turchia a formazioni radical-islamiche come Al-Nusra, facendole passare per moderate, ha come obiettivo da un lato la caduta del regime siriano di Bashar al-Assad ma mira principalmente a impedire la creazione di una regione autonoma kurda nel nord della Siria.
Se la Siria dovesse diventare uno stato islamico sunnita sotto il controllo di formazioni radicali, molte minoranze attualmente ancora presenti sul territorio, come Kurdi, Assiro-Aramei, Cristiani, Yezidi, Aleviti, Drusi, Ismaeliti o Sciiti non avrebbero più alcun futuro: minacciati di rapimento, violenze, messa in fuga e morte sarebbero costrette a scappare. Si stima che in Siria vivano ancora tra i 600.000 e i 900.000 Cristiani. Prima dell’inizio della guerra nel 2011 i Cristiani in Siria erano circa 1,8 milioni.