Hate crimes in Europe!: Che cosa e’ il dolore di un rifugiato?
di Cinzia D’Ambrosi
Baba lo spiega nel suo piccolo poema.
Sono arrivata ad Eleonas, a campo aperto per rifugiati nei sobborghi di Atene in una giornata autunnale molto calda passando attraverso una zona industriale. Il campo ospita rifugiati che vengono prevalentemente dall’Afghanistan e nel quale le procedure di registrazione sono molto più lente rispetto a quelle dei siriani.
I rifugiati vivono in containers parcheggiati in linea; si vedevano dei bambini ed alcune donne e poi c’era tanto silenzio. Un’impiegata dell’ UNHCR mi accompagna da uno dei rifugiati che si e’ prestato a parlare con me. Baba Saffar ha 76 anni, viene dall’Afghanistan. E’ arrivato ad Eleonas da alcune settimane e sta aspettando di essere trasferito nuovamente. Per Baba essere in Grecia rappresenta la fine di una vita difficile, di cui la sofferenza fisica rappresenta solamente una piccola parte. Le ultime settimane lo avevano visto camminare per piu’ di diciasette ore, da solo, per raggiungere la barca che l’avrebbe portato in Grecia, poi imbarcarsi nel viaggio pericoloso, le lunghe ore nel campo militare, il campo di detenzione ed ora a Eleonas. Baba spiega che non possedeva nulla quando e’ arrivato in Grecia. Aveva dovuto abbandonare il suo zaino perche’ il ‘capitano’ lo aveva ordinato a tutti per far sì che la nave fosse più leggera. Erano 54 di loro su una piccola barca . Arrivato in Grecia nessuno gli ha dato del cibo o dell’acqua. Ha dovuto trascorrere la notte fuori dalla caserma della polizia, poi il mattino successivo un autobus e’ arrivato e ha preso tutti per portarli al campo militare. Era pieno di persone. Per altri tre giorni Baba non ha ricevuto cibo e acqua ed e’ stato molto difficile. Si e’ sentito poco accolto.
Baba Saffar dice che vorrebbe fare della Grecia la sua nuova patria. Sotto I talebani dovette fuggire per andare a Teheran dove pero’ le sue condizioni di vita erano pessime. Ritorno’ in Afghanistan, ma la guerra aveva ucciso tutta la sua famiglia, incluso i suoi genitori, sua moglie e sua figlia.
Sono un poeta, mi dice Baba, e ho scritto un poema dal titolo Che cosa e’ il dolore di un rifugiato? ‘Mi piacerebbe essere una persona di valore per voi. Questo e’ il mio obbiettivo. Sono un rifugiato Afghani. Non vorrei che voi pensiate che siamo poveri. Non guardate nelle nostre tasche, ma fate attenzione alla nostra mente. Siamo esseri umani.’ Baba Saffar.
Foto di Cinzia D’Ambrosi
What is the refugee pain?
Baba explains in his short poem.
I arrived to Eleonas, a refugee open camp in the suburb area of Athens on an autumnal sweltering hot day passing through what it looked like an industrial area. The camp hosts mostly refugees from Afghanistan whose papers are typically slower to process than those of Syrians. The refugees live in containers parked in lines.
The UNHCR staff introduced me to Baba Saffar, who was happy to speak to me. Baba is 76 years old man from Afghanistan. He had arrived to Eleonas a few weeks ago, and waiting to be moved again. For Baba being in Greece represented the end of a long life ordeal. One in which, the phisical strain is just a small part of it. Taking the last weeks, saw him walking for over 17 hours to reach the boat in Turkey, then embarking in the perilous journey to Greece followed by long hours in the military camps, the detention camp and now in Eleonas. He explained that he had nothing when he reached Greece. He had to drop his rucksack into the sea because the ‘captain’ said that the boad had to be light. They were 54 of them on the small boat.
When he finally reached the Greek shores, he was not offered food or water but made to stay put for the night outside the police quarters. In the morning a bus came and took them to a military camp. It was full of people and for next 3 days he had no food or water again. That was very hard. He was unwelcomed and had no respite from the hardship that he has suffered.
Baba Saffar says that he would like to make Greece his home. Under the Taliban Baba escaped to Teheran in Iran where his conditions were not good. Then he went back to Afghanistan but he lost everything including his parents, wife and daughter who were killed. I am a poet and I wrote a poem called ‘What is the refugee pain? ‘I would like to be a valuable person for you. This is my target. I am an Afghani refugee. I don’t want you to think that we are so poor. Don’t look in our pockets, but pay attention to our minds. We are human beings.’ Baba Saffar.