L’Afghanistan, l’Arte e la vita
Fino al 5 marzo – presso la Theca Gallery di Milano (Via Tadino, 22) – è possibile visitare una mostra interessante e bellissima: “ Mohsen Taasha Wahidi: beyond the curtain”.
“Beyond the curtain” perchè bisogna proprio andare oltre l’estetica delle opere per capirne a fondo il significato. L’artista – Mohsen Taasha Wahidi – è nato a Kabul nel 1991 ed è uno dei più rappresentativi nel panorama delle arti figurative: ha partecipato tra le altre esposizioni internazionali, alla Biennale di Venezia e a dOCUMENTA.
Specchi, colori vivaci, scritte in arabo e in persiano; figure deformate, corpi senza volto; miniature e quel rosso scarlatto che ritorna spesso per colpire lo sguardo in memoria di sangue e di vita.
Ogni scelta cromatica, ogni linea, ogni tratto è studiato per rappresentare simbolicamente una ferita ancora aperta, per riflettere in maniera critica sulla società, sulla dittatura dei talebani, sulla mancanza dei diritti fondamentali e sulla violenza. La riflessione di Wahidi, infatti, si concentra sulla situazione contemporanea dei due Paesi a cui appartiene: l’Afghanistan – il Paese d’origine – e il Pakistan, quello in cui ora vive. Ma l’Arte, quando è vera, attinge dalla Storia passata e presente per farsi universale e allora i dipinti, i collage, si fanno anche poesia per esprimere sentimenti che appartengono a tutti: nostalgia, paura, resilienza, rabbia, amore.
Le radici del lavoro del giovane artista affondano nella tradizione indo-iraniana e Rumi è uno dei suoi filosofi di riferimento, per il quale la morte è soltanto l’inizio di un nuovo percoso dello spirito: forse, per questo motivo, alcune opere hanno un carattere circolare, per ricordare il grande Ciclo della Natura e della Vita stessa che non può essere fermato da alcuna guerra; la scrittura utilizzata nelle parole incastonate nei suoi quadri diventa anche decorativa per un manifesto di libertà e giustizia; il tessuto narrativo (di immagini e parole) può sembrare antico, ma rimanda necessariamente all’attualità, in un gioco creativo che lega il Passato al Presente per ricordare quanto sia importante la Memoria per non ripetere sempre gli stessi errori.
Una mostra, quindi, complessa che richiede il tempo necessario per entrare in ogni singolo lavoro e per poi collegare le opere in un nastro concettuale che permette ai visitatori un viaggio nella Cultura, nella Storia, nella Contemporaneità di un’area del mondo in grande difficoltà, ma in cui le persone resistono e riflettono grazie all’afflato alto dello spirito e dell’Arte.
Riportiamo i dati registrati dall’ONU: il 2015 è stato l’anno con il maggior numero di vittime civili in Afghanistan: 3.545 morti e 7.457 feriti. E questi sono solo i dati ufficiali.
21 febbraio “Giornata Internazionale della Lingua Madre”
Il 21 marzo 1948 il Governatore del Pakistan ha dichiarato che l’urdu sarebbe diventata l’unica lingua ufficiale del Pakistan nonostante la maggioranza parlasse il bengali. Il 21 febbraio 1952 un gruppo di studenti sostenitori del bengali vennero uccisi mentre protestavano presso il campus universitario di Dhaka.
Dal 1999 l’UNESCO ha proclamato il 21 febbraio “Giornata Internazionale della Lingua Madre” con l’obiettivo di promuovere la diversità linguistica e culturale ed il multilinguismo nella convinzione che una cultura della pace possa fiorire solo dove ognuno possa comunicare liberamente nella propria lingua in tutte le situazioni sia pubbliche che private.