L’ultima parola. La vera storia di Dalton Trumbo
Dalton Trumbo: un uomo, uno scrittore, un professionista, tanto amato dal pubblico e dalla società e poi rifiutato da quello stesso pubblico e da quella stessa società, tanto liberal e tanto conservatori.
Siamo a Hollywood negli anni’40, nel periodo di maggior fulgore degli Studios e lì lavora Trumbo, abile paroliere, uno degli sceneggiatri più bravi e più affermati del sistema. Ma si sa, anche la Settima Arte può entrare a gran voce in quel meccanismo politico più grande che si chiama “politica”: e allora Dalton Trumbo si rifiuta di testimoniare nell’ambito delle indagini sulle attività comuniste negli Stati Uniti e il Comitato per le Attività antiamericane non perdona. Lo sceneggiatore verrà bollato come “comunista” e condannato a undici mesi di reclusione. Contro di lui anche la stampa, rappresentata da Hedda Hopper, ultrarepublicana.
Dopo aver scontato l’ingiusta pena, Trumbo continuerà a sopravvivere ai margini della gabbia dorata che era la “sua” Hollywood: vende casa, perde tutto. Scriverà per alcuni anni come ghostwriter e tornerà alla ribalta solo quando due stars come Kirk Douglas e Otto Preminger decideranno di inserire il suo vero nome nei titoli dei loro film di maggior successo: Spartacus e Exodus. E da qui si apre la strada per l’Oscar…
Quando la Cultura fa paura e il Cinema, ben scritto, è Cultura.
Dalton Trumbo è simbolo di gloria, di affermazione, di quel sogno americano desiderato da tanti. Ma l’America chiede in cambio, a volte, la libertà e, in questo caso, la libertà di espressione, di opinione, di scelta.
Sta per scoppiare la Guerra fredda, una guerra combattuta proprio sul fronte delle dichiarazioni politiche e intellettuali: una guerra che costringe le persone ad indossare una maschera, a mentire, a spiare per poi denunciare. Ma un uomo, Trumbo, che fa parte di quel mondo magico che si basa proprio sulla finzione e sulla recita non accetta le regole di una politica ancora più mistificatrice.
La professione di sceneggiatore sta alla base di ogni storia raccontata su uno schermo: si descrive la realtà, si inventano racconti, si mescola la verità con la bugia, ma davanti a un tribunale di Stato, non si può giocare con il linguaggio o con le vite degli altri. Trumbo si trova di fronte ad una scelta etica e avrà il coraggio di opporsi ad una moderna inquisizione, consapevole (o forse non tanto) di doverne poi pagare a caro prezzo tutte le conseguenze.
Una parabola, quella narrata da Jay Roach, con il suo lavoro intitolato L’ultima parola. La vera storia di Dalton Trumbo, che ha molte attinenze con la nostra attualità: quanti hanno perso il lavoro – o addirittura la vita – per aver manifestato chiaramente e in pubblico la loro appartenenza politica, quanti sono stati perseguitati e mandati in esilio?
Il film è ambientato all’epoca dei fatti, subito dopo la seconda guerra mondiale: molti artisti e cineasti scelgono di diventare delatori pur di mantenere il prestigio (pensiamo a Elia Kazan), ma Trumbo – fronte corrucciata, sguardo indisponente e sigaretta perennemente in bocca, grazie alla bella faccia di Bryan Cranston – accetta il sospetto di essere comunista, come se fosse l’onta peggiore del mondo, attraversa il carcere, perde la fama, ma non rinuncia alla propria integrità.
Pochi sono stati quelli che, come lui, hanno considerato le udienze del Comitato per le attività antiamericane una violazione dei diritti civili e pochi, come lui, hanno disceso la parabola fino in fondo. Eppure Trumbo sarà lo scenaggiatore di uno dei film più amati da tutto il pubblico mondiale e dalla critica: Vacanze romane, del 1953.
Una storia personale – l’amore incondizionato della moglie, l’attaccamento per i figli, le piccole manie come quella di scrivere immerso nella vasca da bagno, le debolezze (i fiumi di alcoll per liberare idee e creatività) – che si intreccia alla grande Storia; un uomo, in fondo, comune che perde l’eccezionalità del proprio tenore di vita a favore del Bene collettivo. Oltre alla burocrazia e alla politica, infine, è da sottolineare la bravura di Helen Miller che qui, con le sue capigliature colorate ed eccentriche, impersona chiaramente quella stampa mediocre, a caccia solo di gossip e scoop che accompagna, anche oggi, la nostra superficiale quotidianità.
Il film esce nelle sale proprio in questo periodo, quando è in atto la feroce campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti: Hillary Clinton parla di ideali e di diritti e si confronta con un Donald Trump, tutto slogan e volgarità. Chissà che sceneggiatura avrebbe scritto Trumbo a partire dalla elezione del primo presidente nero e della prima candidata donna.
Qui il trailer del film:
Ci sono voluti circa 60 anni per conoscere la storia di Trumbo, ciò conferma che la libertà negli States ha due facce. Con un soggetto del genere sarebbe stato impossibile fare um brutto film. Un uomo grande in un piccolo paese.