Come difendersi dal Cyberbullismo
L’Associazione per i Diritti umani ha intervistato la Dott.ssa Claudia Sposini, psicologa clinica: come difendersi dal Cyberbullismo. Claudia Sposini è autrice del testo intitolato “Metodo Anti-Cyberbulllismo” e la ringrazioamo moltissimo per il tempo che ci ha dedicato.
Come educare i ragazzi al senso di responsabilità e di rispetto per se stessi e per gli altri?
Durante gli interventi che propongo nelle Scuole cerco di stimolare la curiosità dei ragazzi e delle ragazze attraverso lo storytelling, ovvero narrare storie realmente accadute di minori, loro coetanei e vittime di cyberbullismo, bullismo e, più in generale, della devianza giovanile. Il lavoro viene fatto principalmente con l’utilizzo di diapositive, video e articoli di cronaca. In questo modo, i ragazzi, direttamente coinvolti, possono sviluppare un maggiore senso di “responsabilità”, ovvero riuscire a comprendere più da vicino i reali meccanismi implicati in un gesto che può avere serie conseguenze psicologiche sulla vittima. Propongo, inoltre, attività di interazione: ad esempio, scrivere attraverso l’utilizzo di un pezzo di carta e in maniera anonima, i loro pensieri e testimonianze su esperienze legate alla violenza online e/o fisica, sia che possono avere subito, sia che possono aver vissuto indirettamente con gli amici e/o con i compagni di classe.
In questa maniera, diventando protagonisti loro stessi di questa situazione, riportano con più facilità che cosa provano, i loro sentimenti e le loro emozioni. Naturalmente dietro c’è un lavoro di elaborazione, di confronto e di dialogo, indispensabile per poter entrare in sintonia con loro. Anche il concetto di “privacy” è un altro punto a cui tengo molto; infatti, i ragazzi, oggi, hanno una differente idea e opinione su cosa sia il rispetto dei dati personali. Facilmente inseriscono nei loro profili sui Social Network, molte informazioni e fotografie di loro stessi che mal si coniugano con i potenziali pericoli del crimine informatico (pedopornografia, pedofilia etc…). La responsabilità, oggi come oggi, è anche saper salvaguardare il proprio profilo Facebook! Allo stesso modo, il rispetto per la privacy altrui rimane una questione importante: quanti sono infatti i ragazzi e le ragazze che condividono materiale privato dei loro amici e/o ex fidanzati/e sui Social, come accade nel sexting?
Il rispetto per se stessi e per gli altri rimane un valore psicologico ed educativo che si impara in famiglia, in casa, soprattutto fin dalla tenera età: i genitori sono infatti i primi modelli a cui il/la bambino/a ricorre per poter stare, poi, con gli altri, e quindi nelle relazioni e nella società. E’ anche importante trasmettere il concetto del rispetto per il “diverso”, per chi “non è uguale a noi”, perché, per esempio, ha una religione e/o un orientamento sessuale differente dai nostri. Dico questo in relazione ai tanti fatti di cronaca che riportano sempre più spesso notizie di bullismo omofobico e sessuale tra i minori: alla base manca una cultura educativa, la quale non può fare molto, se non viene abbinata alla prevenzione che comincia, a mio parere, fin dalla Scuola dell’Infanzia e continua lungo tutto il percorso di formazione del minore.
L’intervento dovrebbe coinvolgere anche gli insegnanti e i genitori: il fenomeno dei “genitori troll” e il caso della maestra a Pavullo che maltrattava i bambini in un asilo nido, dovrebbero farci riflettere sulla necessità dell’intervento psicologico con gli adulti.
Nel libro sono riportati alcuni casi: in quali radici affonda il fenomeno del cyberbullismo?
Non ci sono vere e proprie “cause”; è un fenomeno che deve essere ancora studiato in modo approfondito in quanto le dinamiche sono molte e i fattori scatenanti sono diversi. Comunque, alla base rimane la mancanza di empatia, ovvero il non riuscire a mettersi nei panni della cybervittima; anzi, il cyberbullo prova un vero e proprio godimento nelle sue azioni lesive e difficilmente riconosce gli effetti che provoca. Li può minimizzare e/o dare la colpa alla vittima. Ma a lungo andare, l’incapacità di riconoscere le proprie condotte denigratorie, può sfociare in un disturbo antisociale, in quanto può venire a strutturarsi una personalità con tratti psicopatici. Non è sempre così, ma di certo è che il concetto di “recidività” rimane un aspetto che può tornare nella “carriera” del cyberbullo.
Il cyberbullismo rimane un problema di vasta portata, a livello mondiale, infatti colpisce tutti i ragazzi e le ragazze del mondo, che hanno la possibilità di collegarsi a un computer con una connessione Internet, o per mezzo di uno smartphone. E’ un fenomeno portato in atto sia dai maschi che dalle femmine e la fascia più colpita rimane quella tra i 14 e i 16 anni. Non conosce classi sociali ed è presente in ogni fascia di popolazione.
In che modo i genitori possono aiutare i figli a essere soggeti attivi della vita e non soggetti passivi davanti ad uno schermo?
Inserendo, fin dalla tenera età, alternative alla vita digitale, come sport, hobby, musica, gite fuori porta, gite al museo etc… che ripropongono situazioni sociali, in mezzo alla gente, interazioni con gli altri. Infatti, molto spesso i ragazzi passano il loro tempo in camera con il computer acceso e/o con il cellulare, quasi in modo autistico, ovvero senza avere una vita relazionale, se non quella dedicata ai rapporti virtuali. Il senso della comunità e dello stare insieme si è perso e al loro posto vi sono il narcisismo e l’individualismo sfrenato: gli adolescenti, oggi, sono i “perfetti rappresentanti” di questo stile di vita che viene appreso come un’abitudine ormai radicata da diverso tempo. Per cui è compito dei genitori, come dicevo, essere da modello per i propri figli.
Nelle classi spesso si creano relazioni di forza tra ragazzi “popolari” e ragazzi vittime di scherno: ci può indicare un metodo pratico per gli insegnanti e per gli alunni per affermare la cultura dell’inclusione e dell’accettazione di tutti nel gruppo?
La collaborazione Scuola-Famiglia è fondamentale per l’inclusione: deve essere però un rapporto continuativo, senza interruzioni e/o rotture per fare un buon lavoro. Sia gli insegnanti che i genitori, infatti, sono coloro che stanno con i ragazzi più tempo. Come ho detto prima, la cultura dell’inclusione e dell’accettazione dovrebbe partire già da piccoli e affermarsi come mentalità appresa nella considerazione del “diverso” e nel rispetto di tutti. Servono poco le sospensioni, le note scolastiche se dietro non sono sostenute da un atteggiamento collaborativo scuola-famiglia-alunni che tra l’altro dovrebbe tradursi per ogni Istituto in una sorta di “patto” che viene firmato all’inizio dell’anno scolastico. Per cui, anche chi si prende cura del minore deve seguire una linea di condotta coerente e rispettosa delle iniziative intraprese.
Il cyberbullismo non riguarda soltanto i giovani: anche gli adulti si nascondono dietro ai profili tecnologici. Quali sono le categorie di persone che si affidano alla finzione per comunicare con l’esterno?
Gli esempi sono innumerevoli. Ci sono gli hacker, i pedofili ma soprattutto ci sono molte persone che utilizzano i cosiddetti profili fake. per simulare identità fittizie, attraverso anche l’appropriazione di nickname altrui, e in alcuni casi per rubare l’identità di altri. Vi è per esempio il fenomeno gender-swapping, dove si cambia il proprio genere sessuale nell’interazione virtuale con gli altri, oppure vi sono i fake relativi alla propria etnia e/o razza che rappresentano un modo per favorire insulti, offese, e inneggiare alla discriminazione. Poi vi sono le persone che mentono relativamente alla propria età e per finire si sta diffondendo il fenomeno del trolling, il quale si tratta di un gioco di finzione, il cui scopo però è quello di deridere e di danneggiare altre persone che magari fanno parte della stessa comunità virtuale.
Come possiamo cambiare quella mentalità che sta alla base dei fenomeni legati alla sopraffazione?
Questa domanda si collega a quella posta prima, ovvero creare condizioni aperte all’inclusione e al rispetto di ognuno. Partire dall’educazione che si impara a casa e a Scuola per diffondere la mentalità del rispetto reciproco e del rispetto del prossimo. Inoltre è necessario spiegare che il Cyberbullismo non è un gioco, ma qualcosa di molto più grave che può arrecare danni irreversibili, come il suicidio. Spesso i/le ragazzi/e non sanno il significato di “reato” e/o “crimine” e sono piuttosto ignari relativamente alle conseguenze che una singola azione di questo tipo possa provocare sulle vittime.
La mia petizione “Risarcire i minori, vittime del Bullismo e del Cyberbullismo” (change.org)
Con questa petizione, chiedo un risarcimento per le cure mediche e psicologiche a chi ha figli/e vittime di bullismo e cyberbullismo. E’ indirizzata principalmente al Governo Italiano e al Parlamento Europeo.
bene, bella idea