Danilo Currò: un regista giovane e il suo cinema sociale
Quando è nato in te l’interesse per le questioni sociali?
E’ stato un caso, ho partecipato a un laboratorio di cinema a scuola e ho realizzato insieme ad altri ragazzi un lavoro sulla sensibilizzazione alle droghe. Crescendo e affinando la passione per il cinema, mi sono capitate davanti sempre più questioni sociali che trovavano un risvolto all’interno dei miei lavori. L’ho trovato un modo per esprimersi più facilmente all’inizio, per comunicare con il pubblico in maniera più diretta. Ma ancora la strada da fare è tanta e sto iniziando a sperimentare altre tematiche, a ricercare uno stile più personale. Ma non escludo il fatto di lasciar fuori il sociale, capiterà e sarà interessante raccontarlo con occhi diversi, con occhi più grandi.
Parlaci dei tre scatti del progetto “Black lips”: dove li hai realizzati e come si è sviluppato il lavoro? Cosa ti è rimasto di quella esperienza?
Il progetto Black Lips è nato dall’incontro con i ragazzi sbarcati in Sicilia e residenti all’interno del Centro Ahmed di Messina. Ho avuto modo di conoscerli all’interno dei vari laboratori d’integrazione che si sono svolti, a stringere amicizia con alcuni di loro e successivamente a pensare di poter raccontare la loro storia attraverso i loro visi. Le foto sono state scattate non includendo gli occhi e per questo motivo credo che donino sicuramente più forza alla foto. E’ come se non fossero nessuno, come se questo gesto cancellasse la loro anima. Così è nato Black Lips, un progetto fotografico che raccoglie 20 foto ritraenti alcuni dei ragazzi che vivono al Centro Ahmed e che ha vinto il premio per il pubblico dei lettori del quotidiano “La Stampa” di Torino. Sono molto fiero del progetto perché ha riscosso tanta sensibilizzazione e spero che ancora continui a farlo, grazie a una mostra che si terrà a breve, accompagnata da poesie che racconteranno del loro viaggio, dei loro sogni o semplicemente dei loro pensieri, scritte da Andrea Cafarella. Per questo ci tengo anche a ringraziare la Gran Mirci Film di Giuseppe Ministeri che sta credendo nel progetto e che ha già creduto in “ Sunday”, documentario che ho realizzato in seguito alle foto.
Un altro lavoro interessante si intitola “The Elephant”: un cortometraggio sulla violenza. In che modo l’hai declinata?
“The Elephant” parla della violenza che non cessa neanche di fronte alla quiete. Può nascere e spuntare dal nulla, in qualsiasi contesto ci si trovi. Parla anche della vendetta, che non è un modo per stare meglio e lasciarsi il passato alle spalle ma per generare altra violenza. E’ un circolo vizioso e l’ho raccontato attraverso un uomo che appunto cerca vendetta nei confronti di chi gli ha ucciso la moglie. Il cortometraggio è rimasto in streaming per sei mesi su Infinity di Mediaset, purtroppo adesso non si trova più online ma spero di rimediare. Tra gli attori Angelo Campolo, Maurizio Marchetti, Giada Vadalà e Francesco Coglitore.
La fotografia e il Cinema: quanto le immagini sono importanti per approfondire temi di attualità?
Fin da che ne abbiamo memoria, con il realismo nella pittura o con le prime fotografie, l’uomo ha sempre avuto il bisogno di raccontare qualcosa. Così man mano che il cinema assumeva un ruolo sempre più importante con il passare degli anni, l’uomo ha capito di poter trattare qualunque cosa volesse e in qualunque modo volesse. Credo che le immagini siano fondamentali, oggi veniamo bombardati di immagini su internet e l’eccesso a volte non è neanche corretto. Ma chi attraverso qualunque forma d’arte, che sia la fotografia o il cinema, riesca a comunicare qualcosa, penso abbia risposto all’esigenza che queste due forme di linguaggio hanno.
Quale sarà l’argomento di cui ti occuperai prossimamente?
Come accennavo prima, ho appena finito di lavorare a un documentario che racconta la storia di Sunday, un ragazzo di 17 anni sbarcato in Sicilia. Penso sia una di quelle storie che la gente debba sentire, e spero che ciò accadrà col maggior numero di persone possibili. Stiamo lavorando alla distribuzione nei festival, ci credo molto.
Secondo te, quanto interesse c’è – da parte dei giovani – nei confronti di certe tematiche?
Credo che una sensibilizzazione mirata la facciano le scuole con alcuni laboratori che prevedono la realizzazione di spot o cortometraggi al fine di affrontare temi sociali. E’ bello anche perchè molti dei ragazzi che partecipano, dopo magari scelgono di proseguire con l’audiovisivo sperimentando altro. Io ho iniziato in questo modo, magari ne parlo così per questo motivo. Penso che questa sia una cosa che in parte fa capire l’interesse che c’è per questo tipo di tematiche, ed è bello che nasca dalla scuola.