VenerdIslam: la parola “DAWLA”
di Monica Macchi
Continuiamo l’incursione nel vocabolario dell’Islam in preparazione dell’incontro con il Prof. Massimo Campanini, inocntro organizzato dall’Associazione per i Diritti umani, il 28 aprile , alle ore 19, presso il Centro Asteria di Milano.
DAWLA
Questa è la parola araba che indica lo Stato e la radice è quella di “girare, ruotare” che sottolinea il ruolo delle dinastie e famiglie che si alternano al potere. Lo Stato moderno nell’Europa occidentale nato dopo Westfalia è caratterizzato dal territorio, dalla burocrazia e dal principio del “Cuius regio, eius religio”. Nell’Islam invece il Califfato aveva confini labili ed era transnazionale, non esistevano catasti né prelievo delle tasse e l’Islam ne era l’orizzonte onnicomprensivo: ebbene nel pensiero politico classico nessuno ha mai definito il Califfato come Dawla islamyya, ossìa “Stato Islamico” acronimo oggi di Daesh. Quindi il Califfato non è né può rappresentare l’’immagine simbolica dell’Islam unito e vincente di Daesh: già Rashid Rida sosteneva che il Califfo deve essere Khoreiscita ed esperto in scienza religiosa, deve essere legittimato dal riconoscimento degli ulema e dal consenso del popolo. Daesh frantuma l’unità della Umma in una nuova fitna: e si moltiplicano le prese di distanza degli Ulema (soprattutto siriani, ma non solo…) che denunciano le incompatibilità tra Daesh e Islam. Islam che in un’ottica cesaropapista è sempre stato controllato e utilizzato dallo Stato come mezzo di legittimazione a partire dalla khutba, il sermone del venerdì che inizia con l’elogio del governante di turno.