“VenerdIslam”: la parola Madanyya
di Monica Macchi
Continuiamo l’incursione nel vocabolario dell’Islam in preparazione dell’incontro con il prof. Massimo Campanini, il 28 aprile al Centro Asteria di Milano, ore 19.
MADANYYA
Questa parola è apparsa in Piazza Tahrir quando Rami Essam, il cantante simbolo della rivoluzione cantava: “Kulluna ihda wahda wa talabna haga wahda: madanyya” cioè “Siamo tutti un’unica mano e abbiamo un’unica richiesta: madanyya!”. Ma cosa significa “Madanyya”? Questa parola ha avuto e ha tuttora diverse traduzioni: qualcuno ha proposto “civilismo”, qualcuno “civismo”, Khaled Fouad Allam optava per “secolarismo” e altri ancora usano il termine “laicità” che però tradizionalmente in arabo è 3almanyya la cui radice è 3ilm “scienza, educazione” ma che nel linguaggio corrente ha assunto un disvalore come simbolo della “miscredenza” dell’Occidente e che è quindi caduto in disuso.
Personalmente credo che più della traduzione, sia importante coglierne il significato che come si evince dalla foto qui sotto è duplice in quanto Madanyya ricomprende “non religioso e non militare” e assume un significato dirompente rispetto all’Islam inteso come “din wa dawla” (religione e Stato) collocandosi nel solco del superamento del mito identitario che dalla distinzione tra reato e peccato teorizzata da Ibn Rushd (Averroè) e Ibn Bajja (Avempace) arriva sino alla teologia di Mahmoud Taha che fa risalire l’uguaglianza alla separazione tra spirituale e legislativo.