Don Ciotti racconta Lea Garofalo al Festival dei Diritti umani
L’Associazione per i Diritti umani, media patner del festival che si tiene in questi giorni a Milano, vi propone il primo report di apertura dei lavori. L’articolo è a cura di Cecilia Grillo
Oggi, 3 marzo 2016, in Triennale, in apertura del Festival dei Diritti Umani, è stato presentato il film su Lea Garofalo, donna e madre coraggiosa che ha rinunciato alla propria vita per riaffermare la legalità. La regia del film è di Marco Tullio Giordana,un film sul coraggio delle donne che si ribellano alla mafia. Alla presentazione è intervenuto Don Luigi Ciotti, fondatore dell’Associazione Libera contro i soprusi delle mafie in tutta Italia.
Il film tratta della storia di Lea Garofalo, testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, che decise di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Il 20 novembre 2009 Cosco attirò l’ex compagna a Milano con la scusa di parlare del futuro della figlia Denise e Lea venne qui uccisa.
Don Ciotti si riferisce a Lea come a una donna coraggiosa, che ha sfidato l’andrangheta e le convezioni; ci tiene a sottolineare come il suo sacrificio non sia stato dimenticato.
In risposta alle domande che gli vengono poste, Don Ciotti parla del suo passato e racconta di come è iniziato il rapporto con il mondo della povertà, della droga e della strada che lo ha condotto alla fondazione del Gruppo Abele e Libera.
Luigi Ciotti ha diciassette anni quando, sulla strada per recarsi a scuola, incontra spesso un senzatetto, si tratta però di un personaggio strano, legge sempre e sottolinea in blu e in rosso i libri che legge. Luigi ai tempi frequenta la parrocchia, dove si parla di tematiche relative alla povertà, ma vorrebbe un contatto diretto e decide di conoscere quel senzatetto che vede tutte le mattine intento nella sua lettura. Si propone di offrirgli un caffè, ma l’uomo non risponde. Dopo molta insistenza il dodicesimo giorno accetta il suo invito.
Scopre così che quel “barbone” in passato era un medico; durante uno dei loro incontri gli racconta che si è accorto che i ragazzi che frequentano il bar di fronte sono soliti prendere dei farmaci, della droga, che mischiano con l’alcool, li definisce “bombe”.
Il senzatetto poco tempo dopo muore e questo evento porta Don Luigi ad interessarsi alla lotta contro la circolazione della droga; inizia ad avere la piena coscienza che non si devono lasciare sole le realtà di mafia: nasce così Libera.
“Sono presenti 1.600 associazioni, 5.000 scuole hanno aderito, l’80% delle facoltà italiane hanno firmato protocolli sottoscritti da Libera. Libera è una realtà difficile perché ci sono le associazioni criminali mafiose, gli amici dei mafiosi, quelli che lottano contro questi fenomeni (…) in questo percorso ho conosciuto anche Lea Garofalo” le parole di Don Ciotti .
La Chiesa ci dice di perdonare, ma quando si sente di situazioni di mafia e del Papa che ha scomunicato i mafiosi come facciamo a perdonare? Secondo Don Ciotti la Chiesa non va a cancellare il percorso della giustizia: se faccio del male agli altri oltre che a me stesso, devo rispondere alla legge.
Don Ciotti fa riferimento al Papa: riporta le sue parole sottolineando come il perdono di Dio non ha confini, Dio chiede ai suoi di essere misericordiosi, senza sovrastare la giustizia che persegue i reati. C’è una giustizia terrena, ci sono delle leggi e dei percorsi, ma quella giustizia prevede che chi ha sbagliato prenda coscienza e si assuma le proprie responsabilità.
Risulta così lampante la funzione rieducativa della giustizia, per cui le persone si prodigano per aiutare gli altri; Don Ciotti fa notare come spesso in carcere si recano gli stessi familiari delle vittime innocenti dei crimini di mafia.
Racconta il caso di una donna, di una madre, che ha incontrato nel cortile di un carcere minorile; la donna gli spiega che il ragazzo che li stava raggiungendo era l’assassino di suo figlio, ma notando le condizioni penose in cui è nato e vissuto, la situazione della sua famiglia, lei e il marito decisero di perdonarlo, in nome di un atto di giustizia e amore.
La donna si congeda dicendogli che nel rispetto del percorso della giustizia si recano loro a trovarlo perché il ragazzo è solo e quando uscirà ci saranno sempre loro ad aspettarlo.
Continuando l’incontro, Don Ciotti racconta di come ha conosciuto Lea Garofalo dopo una conferenza a Firenze e lei chiede aiuto per se stessa e per la figlia.
Lea era assolutamente convinta che se si fosse recata presso l’abitazione dell’ex marito, accompagnata dalla figlia Denise, Cosco, l’ex compagno, non l’avrebbe toccata. Don Ciotti e altri membri di Libera l’hanno scongiurata di non andare, ma la sua unica risposta è stata di occuparsi di Denise nel caso lei non fosse tornata.
Successivamente la parola passa a Vanessa Scalera, coprotagonista del film Lea, che sottolinea come l’incontro con la figura di Lea e con Marco Tullio sia stato centrale per la sua vita. “Lea è rimasta dentro di me e non è lavoro, è altro…” così si esprime l’attrice. L’altra figura principale del film è Linda Caridi, che sottolinea come, grazie allo studio di questa storia, sia riuscita a capire cosa significasse crescere peregrinando fra pochi porti sicuri, sempre alla ricerca di una nuova identità grazie alla quale poter vivere una nuova vita.
A fine conferenza la parola torna a Don Ciotti che fa riferimento ad altri episodi di mafia in cui persone innocenti e forti sono state vittime: il caso di Don Peppino, che pochi giorni prima di morire aveva chiesto a Don Ciotti di andare a parlare ai ragazzi della sua parrocchia, o il caso di Don Pino Puglisi. Mentre prima gli uomini d’onore rispettavano la Chiesa,ora sempre di più gli uomini d’onore mandano messaggi chiari e diretti anche agli uomini di chiesa.
Don Ciotti conclude citando un rapporto della Banca di Italia di tre anni fa, secondo il quale è elevatissimo il tasso di corruzione in Italia: secondo lui corruzione e mafia nel nostro Paese sono due facce della stessa medaglia, sono i parassiti della nostra società!