Schiave di Guerra, dall’Isis al Boko Haram e la scelta eroica di Nadia Murad
Associazione per i Diritti umani vi propone l’articolo di Cecilia Grillo
Oggi, 4 maggio 2016, seconda giornata del Festival del diritti Umani, in Triennale, ad apertura della conferenza “Schiave di guerra, dall’Isis al Boko Haram” è stato proiettato il film I was worth 50 sheep, regia di Nima Sarvestani.
Il film tratta della storia di Sabere, una ragazzina afghana che a soli 10 anni è stata venduta in moglie ad un uomo talebano di 50 anni.
È rimasta incinta diverse volte, ma le gravidanze sono state interrotte spesso a causa della violenza e dei maltrattamenti perpetuati dal marito.
Suo padre l’ha venduta al prezzo di 50 pecore e un pezzo di terreno (da qui il titolo del film I was worth 50 sheep).
Sabere adesso ha sedici anni e con l’assistenza dell’associazione Shelter è aiutata nella lotta per conquistare la libertà.
I was worth 50 sheep è la storia di due sorelle e la loro lotta per la dignità umana e la libertà in un Paese devastato dalla guerra, in bilico tra antiche tradizioni e un mondo moderno.
L’incontro continua con l’intervento di Nadia Murad, giovane yazida sfuggita dalla schiavitù dell’ISIS (di cui abbiamo parlato ieri).
Nadia racconta la sua storia, la storia di una ragazza che è stata schiava e da quando non lo è più gira per le scuole di tutta Europa e di tutto il mondo a denunciare le violenze subite da lei e dal suo popolo.
Nadia Murad sottolinea come lo scopo di parlare in questo festival non sia solo quello di far vedere a tutti la tragedia a cui sono stati sottoposti, ma anche quello di fare capire che quanto successo non deve più accadere.
Nadia viveva a Sinjar, una città irachena, fa parte della minoranza yazida, che sta subendo un vero e proprio genocidio perchè la loro religione contiene elementi del cristianesimo, zoroastrismo e islam.
“Questa volta”, dice Nadia Murad, “il genocidio è stato perpetuato dall’Isis, per loro noi yazida siamo degli infedeli. Questo genocidio prosegue da un anno e mezzo e per il momento nessuno ha fatto niente”.
Sono agghiaccianti le parole di Nadia, racconta di essere stata prigioniera Isis.
“Due ore dopo che sono entrati nella nostra città hanno ucciso più di settecento persone, hanno ucciso prima gli uomini e poi le donne anziane perchè non potevano più né sposarle né stuprlarle.
Hanno preso noi ragazzine e ci hanno spostato in un altro luogo, entravano in questo posto e ci stupravano. Ma come fa un quarantenne a violentare una ragazzina di 9 anni?
Dopo averci stuprate ci vendevano o ci scambiavano con altre ragazze, hanno distrutto le nostrre case, i territori sono stati presi dall’Isis.
Tante ragazze che andavano a scuola con me si sono suicidate. Alcune sono riuscite a scappare, altre sono state comprate e rivendute.
L’Isis ha fatto tutto nel nome della religione musulmana nonostante nessuna religione del mondo dice che lo stupro sia normale”.
Nadia Murad dopo essere riuscita a scappare si reca in Germania e racconta della strage.
La prima volta si rivolge al Consiglio di sicurezza, poi si reca direttamente in Paesi arabi come Egitto e Q8 perchè tanti ragazzi arabi erano attratti dalla comunità dell’Isis pensando che si trattasse di atti nel rispetto della legge.
Nonostante siano quattro mesi che Nadia gira per il mondo raccontando la sua storia a Governi, Parlamenti, ragazzi, per il momento non è ancora stato fatto niente, nessun bambino è stato salvato.
“Se nessuno ci aiuta, la nostra comunità sparirà. Se il genocidio non viene fermato, tantissime persone moriranno e tantissimi cadaveri rimaranno inseppelliti”.
La parola passa a Viviana Mazza, giornalista del Corriere della Sera e scrittrice dei libri Malala e Ragazze rubate.
La giornalista racconta di aver incontrato molte ragazze detenute dall”Isis per poi essere vendute e sottolinea come la popolazione yazida abbia una religione che gli altri popoli considerano come bassa, sporca, vengono ritenuti adultori del diavolo.
I bambini di questa comunità vengono spesso convertiti alla religione islamica e vengono utilizzati come kamikaze in guerra, le donne vengono ridotte in schiavitù, vengono struprate, ma con contraccettivi, in modo tale che non rimangano incinte e possano essere rivendute più facilmente.
Nel suo testo Ragazze rubate Viviana Mazza parla della Nigeria, più nello specifico della realtà del Boko Haram, che è un’organizzazione terroristica jihadista sunnita diffusa nel nord della Nigeria.
Gli uomini che non aderiscono all’ideologia del Gruppo vengono uccisi, le donne violentate o fatte diventare kamikaze. Durante un’intervista, una dei queste ragazze racconta di come le ragazze vergini dei territori occupati dal Boko Haram vengano sposate e le ragazze incinte violentate ripetutamente da tutti i membri del gruppo.
Interviene successivamente Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare, che descrive il Boko Haram come una setta surreale. Il nome stesso significa “educazione occidentale proibita”, l’educazione occidentale infatti viene vista come un peccato e questo spiega il sequestro delle liceali di Chibok.
Il giornalista sottolinea come questo gruppo sia assolutamente surreale e porta come esempi il fatto che il Boko Haram non crede che la terra sia tonda perchè nel Corano non è scritto, non crede che la pioggia sia un fenomeno di evaporazione e condensazione dell’acqua perchè la pioggia è una benedizione o una maledizione.
Questo gruppo ha raggiunto livelli di efferatezza inconcepibili: circondare il corpo di una bambina di esplosivo e mandarla a farsi esplodere in un mercato o in una moschea è qualcosa di inimmaginabile!
Tale organizzazione è molto più sanguinosa e spietata dell’Isis, ma ha una sua qualche forma di struttura. Ci deve essere qualcosa che va oltre la religione e che tocca altri interessi. Il Boko Haram, a differenza di altre organizzazioni terroristiche internazionali, ha una genesi molto riconoscibile e locale ad solo in seguito è avvenuta l’adesione del gruppo all’Isis e il tentativo di formare uno Stato islamico.
In chiusura dell’incontro viene restituita la parola a Nadia Murat, la quale conclude così: “Quello che chiedo a voi è che tutto quello vi ho raccontato rimanga nella vostra mente, voglio che ricordiate che tante ragazze come me vengono rese schiave e uccise ogni giorno.
Bisogna unirci, noi tutti Paesi di tutto il mondo, per porre fine a questa strage, a questo genocidio.
Io da sola, o la mia comunità da sola, non riusciremo mai a fare niente, a cambiare la situazione.
Bisogna che le persone ci aiutino, che aggiungano la loro voce alla nostra per riuscire a trovare una soluzione a questa strage”.