Unioni civili: è legge
L’Italia ha approvato, presso la Camera dei deputati, la legge sulle unioni civili con 372 SI e 51 NO. Vengono introdotte due novità all’emendamento approvato precedentemente in Senato: le unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze.
L’Associazione per i Diritti umani ripropone una riflessione di Alessandra Bernaroli sul tema, riflessione che ci ha gentilmente scritto lo scorso gennaio.
Signora Bernaroli, è un piacere riaverla qui dopo più di un anno, quando ancora era incerta la sorte del suo matrimonio eterosessuale, poi divenuto dello stesso sesso dopo il suo percorso di trasformazione da uomo a donna.
Grazie, ho accettato volentieri il vostro invito e penso che anche lo spazio che mi dedicaste allora sia stato utile per vincere la mia battaglia.
Attualmente, dopo la sentenza della Cassazione che nell’aprile 2015 ha deciso sul destino del mio matrimonio precedente la mia transizione, è importante ricordare che esiste in Italia un matrimonio tra due persone dello stesso sesso.
Scusi, forse non abbiamo compreso bene. In questo periodo si discute in Parlamento sulle unioni civili e lei sta dicendo che in realtà in Italia esiste già il matrimonio egualitario?
Sì, potrebbe sembrare assurdo, ma è così!
Provo a spiegare meglio la questione: la sentenza cui ho accennato prima ha stabilito che il nostro matrimonio potrà restare in essere così com’è fino a che in Italia non ci sarà una legge che regolamenti le famiglie composte da persone dello stesso sesso.
Il nostro caso era particolare, certo; non era il caso di una coppia omosessuale, bensì quello di una coppia che inizialmente era eterosessuale e regolarmente sposata, in cui è avvenuto un cambio di sesso di uno dei coniugi senza che sia stato chiesto il divorzio. Quindi il matrimonio era preesistente: ecco la ragione di questa decisione che mi sento di definire storica.
Certo, ricordiamo la sua storia. Se abbiamo compreso bene, quindi, questa legge sulle unioni civili potrebbe in qualche modo “declassare” il suo matrimonio. Eppure non ci pare di aver letto alcun riferimento al suo caso nel pur intenso dibattito di questi ultimi mesi.
Sì, è così. Se fosse approvata la legge in discussione, io rischierei un declassamento, anche se si riaprirebbero i presupposti per una nuova battaglia giuridica. Sinceramente, ne farei volentieri a meno.
Il punto della questione secondo me è un altro, invece, e l’avete giustamente evidenziato. Come mai non si è mai parlato di questo matrimonio dello stesso sesso già esistente?
Davvero non saprei, posso solo formulare delle ipotesi. Non penso sia stata una dimenticanza, anzi; la nostra battaglia ha rappresentato una vera spina nel fianco per i settori più oscurantisti della nostra società e, tra l’altro, vi è l’articolo 7 della proposta Cirinnà specificamente dedicato al mio caso.
Questa proposta è stata presentata quale innovatrice e foriera di un grande progresso. Come sarebbe stato possibile elogiare questa legge a tal punto, se si fosse reso palese, rendendo nota l’esistenza del mio caso, che tale progetto rappresentava invece un regresso rispetto alla più avanzata posizione già esistente nella società italiana?
Quello che dice è interessante, ma non dobbiamo dimenticare che, a parte il caso del suo matrimonio, ad oggi in Italia non è prevista alcuna tutela per le coppie same sex. Non pensa quindi che questa legge possa rappresentare un passo avanti, seppur non il migliore possibile?
Ad oggi l’Italia è oramai l’unico Paese di cultura occidentale privo di tutele per le coppie gay. È facile, in queste condizioni, essere portati a pensare che qualsiasi cosa sia comunque meglio del vuoto normativo, ma forse, pensandoci bene, non è detto che sia così.
Anzitutto l’assenza di leggi lascia il campo libero per le azioni e le rivendicazioni; si può impostare liberamente la strategia. Ad esempio, la strategia giuridica sui matrimoni same sex, intrapresa oramai una decina di anni addietro, ha portato a numerose sentenze che hanno modificato i presupposti della situazione ed hanno fatto si che oggi il Parlamento sia in qualche modo obbligato a discutere (ma non ad approvare) una proposta di legge su questo tema. Per contro in certi Paesi esistono divieti espliciti su questo tema; divieti che non si possono superare facilmente.
L’aspetto peggiore di questa situazione è che ci si muove e si dibatte alla ricerca di improbabili compromessi. Ma io mi chiedo: com’è possibile che si possa anche solo pensare di trattare i diritti civili come se si stesse facendo una trattativa commerciale? La dignità ed il rispetto o ci sono oppure no, non possono darsi per metà.
Questi temi non ammettono compromessi: o si concedono diritti pieni o si sta scrivendo la discriminazione.
Quindi, per ipotesi, se in Italia passasse una proposta minimale, davvero al ribasso, una proposta che offrisse poche tutele e soprattutto una minore dignità alle coppie gay, quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi?
Mi risulta difficile parlare di questo senza avere a disposizione un testo di legge preciso e definito che, ad oggi, manca. Occorrerebbe in primis verificare i diritti fiscali, successori, sui figli, sulle adozioni, sul nome, sulla comunione dei beni, sullo status, ecc.
Vantaggi incerti e tutti da dimostrare, quando si pretende di creare ex novo un istituto che sia per forza differente, e non di poco, da quello matrimoniale. Almeno questo pare essere il modo di procedere in cui si sta muovendo la politica.
Gli svantaggi, invece, quelli sì che sarebbero certi. Il peggiore di tutti sarebbe quello di vedere sancita da una legge dello Stato una condizione di “minorità”, di inferiore dignità, scritta nero su bianco in una legge della Repubblica.
Occorre riflettere bene su questo punto: se esistesse una legge di tal fatta, chiunque sarebbe autorizzato a pensare alle persone gay come ad una categoria in qualche modo un po’ inferiore alle persone etero, perlomeno nella vita di coppia. La persona omosessuale sarebbe sì titolare di dignità, ma non di una dignità piena, bensì limitata e di certo inferiore a quella della persona eterosessuale. Tutto ciò sarebbe dimostrato dall’impossibilità di costituire una famiglia a pieno titolo, riconosciuta dallo Stato nella sua forma più alta, quella del matrimonio.
Purtroppo in Italia la discussione ha pretesto di confinare la famiglia LGBTI nei confini dell’articolo 2 della Costituzione, laddove si parla di formazioni sociali.
Questo è un errore molto grave. Il riferimento giusto non può che essere l’articolo 3, laddove si parla di non discriminazione anche in ragione del sesso; in tal modo la nostra Repubblica viene meno al suo dovere di garantire l’eguaglianza, vittima di un condizionamento culturale di matrice religiosa.
È del tutto evidente che questo stato di cose legittimerebbe atteggiamenti omofobi e discriminatori; le persone potrebbero pensare che in fondo, se una persona ha una dignità limitata, si può forse tollerare, ma non addirittura considerare degna dello stesso rispetto.
Non è forse una visione troppo pessimistica la sua? In fondo non i tutti i Paesi di cultura occidentale è già presente il matrimonio egualitario.
Può darsi che io veda troppo nero, ma i Paesi in cui non vi è ancora il matrimonio gay hanno visto le leggi sulle unioni civili approvate molti lustri addietro, in un’epoca diversa, quando il riconoscimento di questi diritti sembrava un’utopia. Alcuni di questi Paesi hanno continuato sulla via del progresso ed hanno approvato i matrimoni same sex, ma altri non hanno ancora intrapreso questa strada. Questo ci fa capire come non ci sia un automatismo ed un’unica direzione nei percorsi, mentre è molto più importante la fase iniziale.
Purtroppo la storia non si muove sempre in direzione del progresso. Oggi partiamo da un dato acquisito che è l’esistenza del matrimonio egualitario in numerosi Paesi ed è a questo che occorre ispirarsi.
Quindi che scenari futuri le paiono più plausibili?
Ho sentito le opinioni di chi pensa di poter partire da un testo sulle unioni civili estendendone poi gli effetti e le capacità di tutela fino a trasformarlo in un matrimonio, seppur con nome diverso, grazie al lavoro delle Corti nazionali ed europee.
Io non sono così certa che si possa facilmente ottenere questo risultato. Riguardo alle Corti europee, spesso hanno dimostrato di non voler forzare troppo la mano ai singoli Paesi, limitandosi ad esercitare più una sorta di “moral suasion” anziché imporre decisioni vincolanti. Le Corti italiane, poi, anche in mancanza di una normativa hanno preferito lasciare prive di tutele le coppie pur di non scavalcare il legislatore; è palese che se ci fosse una norma, seppur non del tutto soddisfacente, avrebbero tutte le giustificazioni per evitare accuratamente di compiere balzi in avanti.
L’esempio della Germania, a cui spesso si fa riferimento, è in questo caso lampante. La normativa sulle unioni civili, pur modificata dopo le precise e numerose indicazioni delle Corti nazionali, non è ancora sovrapponibile al matrimonio.
Trovo davvero assurdo il ragionamento di chi afferma che senza una norma non sarebbe possibile chiedere tutele, mentre con una legge seppur minimale si aprirebbero le porte ai ricorsi. A parte il fatto che, se fosse confermato questo ipocrita approccio delle Corti, non si potrebbe certo fare affidamento sulle stesse in nessun modo, contraddice tale impostazione il recente esempio della Corte Suprema USA, laddove in mancanza di una legge generale ha stabilito che i diritti civili vanno tutelati subito ed appieno, senza attendere gli incerti esiti del Legislatore.
Il rischio, in alternativa, sarebbe però quello di continuare a rimanere senza tutele.
Momentaneamente senza tutele, ma pieni di speranza e di energia positiva utili per pretendere un cambiamento equo, giusto e rispettoso.
Sono convinta che la propria dignità e la propria autostima valgano più di un’elemosina, qual è questa proposta che io considero irricevibile.
Si sente spesso dire che il vero problema sono le adozioni del figlio del partner.
Penso che la questione delle adozioni sia un falso problema.
Sono convinta che sia stato un errore strategico, non so se voluto o meno, inserire esplicitamente questo tema parlando del matrimonio egualitario. Forse si pensava di dare più forza alle adozioni appoggiandole al matrimonio, ma il risultato è stato quello di indebolire entrambe le opzioni con il risultato che ci troviamo ora ad avere una forma di unioni civili al ribasso e la stepchild adoption (che non è un’adozione piena) con ipotesi di ulteriori peggioramenti verso strambe ipotesi di affidi rafforzati.
A mio avviso non è stata una buona idea, anzi piuttosto egoistica, quella di tenere il matrimonio in ostaggio delle adozioni, senza peraltro avvedersi che si stanno creando “figli di un dio minore”, con meno diritti di chi accede all’adozione piena. Si sono messe davanti a tutto singole questioni di vita quotidiana familiare, svendendo i principi. La dignità in cambio di trenta denari.
A ben pensare si rappresenta come innovativa una proposta che riporta indietro gli orologi a quando vi era distinzione tra figli legittimi e naturali.
I temi sono distinti e andrebbero trattati in modo distinto. Le adozioni hanno già una loro specifica disciplina e li occorrerebbe lavorare, sempre nell’ottica di tutela del minore.
Per inciso, parlando di figli e di adozioni, si palesano molteplici esigenze.
Si potrebbe anzitutto analizzare la questione in termini di pretesa della filiazione come diritto soggettivo costitutivo della famiglia (di una delle tante modalità in cui si può determinare la famiglia); non so se questo punto di vista possa essere criticato in quanto foriero di replicare la famiglia eterosessuale, però merita senz’altro un’analisi.
Vi può anche essere il desiderio del singolo ad avere un figlio, sia per dare continuità alla sua genealogia, sia a volte in un malinteso senso di “clonazione”, quasi un anelito di immortalità.
Sono tutti temi interessanti e da analizzare, temi che però ci portano lontano dal matrimonio, fino a strade inesplorate che riguardano il futuro della società, a come si faranno i bambini e di chi saranno figli. Nuove forme e tecnologie di fecondità e di nascita, nuove modalità di interazione e crescita dei figli che disegneranno il futuro della società.
Temi forse troppo complessi per una modesta proposta sulle unioni civili. Temi che intersecano altre discipline, dalle adozioni alla procreazione assistita.
Proprio sul tema della maternità surrogata si è levato un ampio dissenso trasversale.
Sì, senz’altro questo tema è stato cavalcato in modo strumentale.
In Italia esiste già il divieto di ricorrere alla maternità surrogata. È pur vero che è un divieto facilmente aggirabile andando all’estero in Paesi dove questa pratica è legale. Questa è solo una delle tante questioni che ogni giorno ci propone la globalizzazione e l’apertura delle frontiere.
Resta il fatto che quando il bambino nasce, siamo di fronte ad una nuova realtà che merita piena tutela. Diversa sarebbe la posizione dei genitori e lì si potrebbero prevedere forme di disincentivo e sanzioni. È chiaro che in questa prospettiva la questione si trasformerebbe in un boomerang per le coppie gay desiderose di avere figli.
In aggiunta vale dire che questo fenomeno merita un approfondimento serio, perché coinvolge il corpo e la libertà delle donne. Occorre far sì che sia sempre tutelata la libertà di scelta di chi decide di donare il proprio corpo; servono forme di garanzia non solo per evitare situazioni di vero e proprio sfruttamento e riduzione in schiavitù, ma occorre anche essere certi che la donna non sia spinta da considerazioni puramente economiche.
Si potrebbe pensare pertanto a forme di co-responsabilizzazione della madre surrogata, fors’anche studiate a livello internazionale, in modo da limitare l’offerta di tale pratica solo a chi veramente desidera farlo per spirito altruistico.
Quindi, secondo lei, sul tavolo della discussione dovrebbe rimanere semplicemente il tema delle unioni civili privato del riferimento alla cosiddetta “stepchild adoption”, essendo escluso il matrimonio per problemi di costituzionalità?
Sì, come detto in questa prima fase io avrei tralasciato il tema dei figli, atteso che le coppie esistenti possono già trovare una buona tutela presso le Corti ordinarie.
Riguardo ai presunti problemi di costituzionalità, anche qui penso si tratti di un falso problema.
In realtà sarebbe ben possibile per il Parlamento modificare il codice civile e, se proprio si ritenesse (ma non se ne vede la necessità), anche la Costituzione.
La verità è che manca la volontà politica di fare questo passo e si sta semplicemente cercando di dare un contentino risicato da poter poi spendere politicamente; al contempo l’obiettivo è rispondere ai pur blandi rilievi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo offrendo davvero il “minimo sindacale”.
Come giudica il dibattito che si è sviluppato su questa questione?
Il dibattito è stato davvero intenso ed ha offerto spunti interessanti. Di sicuro non si era mai arrivati a tal punto nella società italiana e spero di aver potuto offrire anch’io un piccolo contributo positivo.
Questa tensione mediatica ha però messo in luce tutti i limiti ed i difetti della politica e della società italiana.
Quello che si è visto è stata davvero la manifestazione di un enorme regresso culturale e, penso, anche morale. Si è manifestata l’assenza di contenuti positivi, di spirito critico, di capacità di analisi e confronto.
Si è reso palese l’arroccamento su posizioni ideologiche, forse neppure interiormente del tutto condivise, magari al solo fine di trarne un piccolo beneficio in campo politico. Più che un sano conservatorismo, una politica della propria poltrona, insomma.
In questo sfacelo mi è sembrato di poter cogliere gli effetti di un certo tipo di multiculturalismo. Questo termine spesso evoca scontri tra culture inconciliabili del Nord e del Sud del mondo; qui invece vediamo lo scontro tra una morale cattolica, paladina dell’obiezione di coscienza, ed una cultura laica e razionale, aperta al confronto. In mezzo c’è purtroppo anche la posizione di chi, indifferente agli interessi della società, segue la convenienza.
Mi pare di poter affermare che abbiamo la prova dell’inconciliabilità degli approcci; il tutto viene purtroppo complicato dal pragmatico ed amorale atteggiamento dell’opportunismo politico. Manca una visione inclusiva orientata alla tutela delle minoranze.
Come si potrebbe uscire da questo stallo? Quale sarà il destino di questa proposta?
Davvero non lo so, ma non sono soddisfatta.
Sinceramente spero che la legge non venga approvata, perché fino a che non sarà riconosciuta pari dignità in ragione del sesso, come dice l’articolo 3 della nostra Costituzione, vorrà dire che in Italia vi è ancora discriminazione, una discriminazione che trova appigli e giustificazione nella religione.
Solo il matrimonio egualitario è la soluzione giusta.
Guardando al modo di agire della politica, mi sono convinta che su certe questioni occorrerebbe davvero un giudizio superiore di razionalità. Le proposte dovrebbero passare un vaglio di consistenza logica e le obiezioni e le modifiche dovrebbero essere motivate e valutate razionalmente. Solo così si potrebbero evitare compromessi mossi da pregiudizi e corruzione.
Non per insistere, ma in coscienza ci può confermare che la sua contrarietà a questa proposta non sia motivata dal fatto che lei e sua moglie siete le uniche persone in Italia che subirebbero una “diminutio” di diritti a seguito dell’approvazione di questa legge? Può garantire che la sua contrarietà non sia motivata da un calcolo personale?
In tutta sincerità, è logico che non mi possa piacere questa proposta perché vedrei svanire il mio matrimonio dopo anni di vittoriose battaglie; mi pare però di aver dimostrato di non temere di affrontare battaglie di civiltà senza guardare all’interesse personale.
È vero che io lotto in primis per il mio matrimonio, come ho sempre fatto, ma la mia critica, come ho cercato di spiegare, non è motivata da ragioni personali (per me, in fondo, è sempre aperta la via dei tribunali italiani ed europei), bensì dalla consapevolezza che una norma come quella oggi sul tavolo può portare solo ad un arretramento di quella che è la collocazione delle persone LGBTI nell’ambito della società civile.
Come detto, il mio unico timore è quello di veder bruciare le speranze future di riscatto a causa dell’insipienza e della vanità di pochi.