Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace, portavoce dei Baha’i all’Università Bicocca
di S.G. Anayati
Prima donna a diventare magistrato in Iran e a presiedere il Tribunale di Tehran, fondatrice del Centro dei Difensori dei Diritti Umani e Premio Nobel per la Pace nel 2003, Shirin Ebadi ha dedicato una vita a difendere i diritti di donne, bambini e minoranze, con coraggio e perseveranza. In esilio all’estero dal 2009, dopo che il governo si è appropriato del suo Premio Nobel, ha bloccato i suoi conti bancari, le ha ritorto contro il marito, ha arrestato la sorella e ha chiuso il suo Centro, Shirin Ebadi non accetta di restare in silenzio, ma anzi tiene conferenze in giro per il mondo dieci mesi l’anno, per dare una voce a chi è stato privato del diritto di esprimersi liberamente.
Lunedì 16 Maggio, in occasione della presentazione del suo nuovo libro “Finché non saremo liberi” all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, la Dott.ssa Shirin Ebadi ha portato l’attenzione alle persecuzioni ancora in atto contro i Bahá’í, la minoranza religiosa più numerosa del Paese ma di cui l’opinione pubblica è troppo spesso ignara. Ad affiancarla sul palco, un panel di donne attive promotrici dei diritti umani: Cristina Messa, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Nicole Bergamaschi, laureanda in Giurisprudenza, Francesca Zajczyk, Delegata del Sindaco per le pari opportunità, Tiziana Vettor, Professoressa e delegata del Rettore per la tutela antidiscriminatoria e le pari opportunità e Carmen Leccardi, Presidente del Centro di ricerca interuniversitario Culture di Genere.
Ebadi ha denunciato la politica repressiva del governo, volta alla totale distruzione dei 300.000 Bahá’í in Iran, a cui vengono negati fondamentali diritti umani, quali l’accesso all’università, avere attività commerciali e praticare la propria religione. Secondo il Premio Nobel, 200 persone si trovano attualmente in carceri iraniane soltanto perchè Bahá’í. Shirin Ebadi stessa si è occupata del caso degli Yaran, sette Bahá’í arrestati nel 2008 con accuse infondate di spionaggio. Facendo riferimento agli Yaran, la dott.ssa Ebadi ha affermato:
“Ero l’avvocato di questo gruppo, leggevo le loro pratiche e non c’era nulla che potesse sostenere l’accusa di agire contro la sicurezza nazionale”.
“Senza avere alcuna colpa si trovano in carcere da otto anni soltanto perchè appartengono a questa religione”.
“Siccome il potere giudiziario in Iran non è indipendente.. tutti gli sforzi miei e di altri avvocati miei colleghi non hanno finora avuto esito positivo.”
Non avendo paura della telecamera, la dott.ssa Ebadi difende i Bahá’í in questo breve video.
Il 14 maggio 2016, data che segna l’ottavo anno di prigionia degli Yaran, la Bahá’í International Community ha lanciato una campagna mondiale dal titolo “Basta! Rilasciate i sette Bahá’í ora”, per mobilitare l’azione di governi e opinione pubblica nel mondo, al fine di indurre il governo iraniano ad abbandonare la sua politica di violazione dei diritti umani. Riferendosi ai sette Yaran, i cui nomi sono Fariba Kamalabadi, Jamaloddin Khanjani, Afif Naeimi, Saeid Rezaie, Mahvash Sabet, Behrouz Tavakkoli e Vahid Tizfahm, la signora Bani Dugal, principale rappresentante della Bahá’í International Community presso le Nazioni Unite ha affermato: “Speriamo che la loro storia possa servire come un ulteriore sollecito alla necessità di proteggere le libertà fondamentali garantite da documenti, come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che, tra le altre cose, sostengono il diritto alla libertà di religione o di credo.” Per vedere un video che riassume la situazione clicca qui. Coloro che desiderano prendere parte a questa campagna sui social media sono invitati ad usare l’hashtag #ReleaseBahai7Now aggiungendo il tag @ITBahaiUPR.