“America latina: i diritti negati”: Ciao bella
di Mayra Landaverde
Tutto inizia sempre così, con un “ciao bella”, accompagnato da altre tante parole che ti fanno sentire tutt’altro che bella. Ti fanno sentire sporca, cattiva, sbagliata, colpevole.
Eppure ci succede tutti i giorni. In metropolitana, sull’autobus, nei negozi, per strada, perfino in chiesa. E al lavoro. Le molestie sessuali ci circondano. Cresciamo con loro. Con quelle parole che fanno del corpo della donna un banale oggetto.
Mi è successo qui in Italia, in Messico, Tunisia, Svizzera, in Marocco… in tutti i paesi in cui sono stata. Tutti. E non mi ero resa conto. C’è sempre stato qualcuno che mi ha fatto sentire male per le sue insinuazioni sul mio modo di vestire, di camminare o per il mio corpo.
Credo che in Latinoamerica sia una cosa cui tristemente ci siamo troppo abituate. E’ colpa nostra. Soprattutto quando succede al lavoro. Si, è colpa nostra se non diamoa questo fenomeno il peso che ha. Non le nostre gambe o la nostra scollatura. Non dare importanza e non denunciare, quello sì che è colpa nostra.
Il Messico è un Paese veramente arretrato e maschilista, ma ha delle leggi che pochissime donne conoscono. Il governo dell’attuale presidente Enrique Pena, che è stato sindaco della città dove si registrano più femminicidi in assoluto, non si dà da fare per pubblicizzarle.
Un popolo di donne ben consapevoli dei propri diritti non è utile ad un governo del genere.
La “Comision para la cooperacion laboral” ha redatto una guida per far conoscere i propri diritti alle donne lavoratrici messicane. E’ scritta in modo efficace e con parole molto semplici. E’ la prima volta che mi capita di vedere un documento del genere in circolazione. Io sono stata anche lavoratrice in Messico e nessuno me ne ha mai parlato, nemmeno la mia responsabile, donna.
La guida inizia così.
“In Messico tutte le donne lavoratrici messicane e straniere anche senza permesso di soggiorno hanno gli stessi diritti.
Il diritto a essere trattate in modo uguale ai maschi
Il diritto a non subire molestie sessuali.
Il diritto a ricevere uno stipendio uguale a quello dei maschi per lo svolgimento dello stesso lavoro.”
Sotto queste parole la guida spiega cosa siano le molestie sessuali. Bisogna spiegarle, sì. Non è che hai un capo che adora le donne, che è troppo simpatico, che è troppo vivace. No. Quelle parole che ti mettono a disagio sono illegali. Si chiamano molestie sessuali e nessuna donna deve subirle. Bisogna denunciare.
In Messico è un delitto federale, ma pochissime donne lo sanno. Quasi mai denunciano.
Un datore di lavoro coinvolto in un qualsiasi trattamento discriminatorio sul posto di lavoro, che esegue, consente o tollera atti di molestia sessuale può essere multato da 250 a 5000 volte il salario minimo. Un dipendente può essere licenziato per aver commesso un atto immorale, molestie sessuali sul posto di lavoro. Allo stesso modo, un dipendente può legalmente risolvere il contratto di lavoro se lui o lei è sottoposto a molestie sessuali. Una multa pari a un massimo del salario di 40 giorni può essere inflitta nei confronti di una persona che, su base continuativa, molesta sessualmente un’altra persona di entrambi i sessi, approfittando della propria posizione gerarchica. Se la molestia è commessa da un dipendente pubblico, deve essere rimosso dal suo incarico.
Se ci sono le leggi, perché migliaia di donne subiscono quotidianamente queste violenze?
Come scrive Cynthia Juarez, femminista messicana:
“In Messico, la società tace sulla tortura quotidiana contro le donne e il femminicidio, ma è scioccata quando un gruppo di ragazze fanno dei graffiti, gridano o si difendono a colpi da una aggressione.
Il problema è che nemmeno la parte più progressiva di buone intenzioni, la società rivoluzionaria, è pronta a vedere un gruppo di donne organizzate e preparate a difendersi.
Siamo rabbiose, sì. E siamo anche ciniche, amorevoli, gioiose, non solo con i nostri sogni irriverenti, ma con artigli e denti per scappare e continuare a costruire un mondo in cui nessun bambino, nessuna bambina e nessuna donna devano vivere violenza da parte di soggetti concreti,e poi vivere una nuova vittimizzazione dalla società ipocrita che vieta loro di denunciare o difendersi”.