Reportage dalla SIRIA, luglio 2016
L’Associazione per i Diritti umani con il seguente importante reportage dalla Siria inizia un percorso di testimonianza e documentazione dal alcune aree del mondo.
Ringraziamo tantissimo il fotoreporter Salvatore Di Vinti per questo suo report.
Mi chiamo Salvatore Di Vinti e faccio parte da tre anni dell’associazione “Insieme si può fare” una onlus con la quale ho partecipato a sei viaggi umanitari in Siria (quando ancora era possibile ) e al confine turco siriano. Sono pronto a partire, anche questa volta riesco ad unirmi alla missione che ci attende, portare aiuti ai profughi siriani che stanziano a Reyhanli al confine tra la Turchia e la Siria dove, affacciandoti alla finestra, riesci a vedere la Siria, circondata da un muro che l’esercito turco ha alzato per non far passare i profughi.
Sono le 14.00 dell’ 11 Luglio attendiamo di imbarcarci con un volo per Istanbul, viene annunciato un ritardo di 2 ore, la preoccupazione di perdere la coincidenza per Hatay è alta, la fortuna ha voluto che tutti i voli da Istanbul subiscano ritardi; passano le ore e finalmente stanchi ed esausti atterriamo ad Hatay. Sono le 2 di notte , ma le sorprese non finiscono qui: i doganieri turchi ci sequestrano sei cartoni contenenti magliette per i bambini della scuola di Mudanboy, 200 peluche ed altro abbigliamento per bambini, creme per la protezione della pelle , ma grazie all’intervento del vicesindaco di Reyhanli, riusciamo a recuperare gran parte di quello che ci è stato sequestrato.
Poche ore di sonno e si riparte con una riunione alle sede dell’organizzazione turco/siriana che si occupa di distribuire i container che inviamo durante l’anno in Siria e per programmare la distribuzione dei pacchi alimentari che in ogni missione riusciamo a donare alle famiglie più bisognose. Tutto ruota intorno alle donazioni che riceviamo in Italia: questa volta, visto le molte offerte, siamo riusciti a distribuirne una grande quantità in ben tre villaggi – Mudanboy, Tisaya, e Birilias – per il numero totale davvero straordinario di 280 pacchi.
Iniziamo la distribuzione con i primi 130 pacchi, il caldo è torrido, qui si sfiorano i 40°, ogni volta è una ferita al cuore, bambini scalzi o con ciabattine dal numero più grande, visi bruciati dal sole pieni di punture (qui gli insetti la fanno da padrone) e purtroppo senza igiene; ogni famiglia una storia, cerchiamo di ricevere informazioni per poterli aiutare; vita da profughi, sfruttati nel lavoro miseramente pagato; ci impegnamo a memorizzare tutto questo, per poterlo raccontare a casa, attraverso le immagini, scatto foto con difficoltà, in diverse situazioni è molto difficile, non voglio ferire la loro dignità, ma e’ necessario perché il mondo conosca la realtà dei fatti, fatti di cui nessuno parla . Ci siamo quasi rassegnati a entrare nelle case e trovare i bambini soli, quasi abbandonati , perché i genitori sono nei campi a lavorare o a volte non ci sono più, e’ davvero doloroso, non ci si abitua mai.
In questi giorni sono avvenuti fatti drammatici, in Europa si susseguono attentati, i discorsi che sentiamo sono carichi di razzismo, aumenta sempre di più l’intolleranza e la diffidenza verso chi è diverso da noi, per questo motivo , il nostro compito è quello di documentare tutto attraverso le immagini, volti e storie per far capire alle persone a casa che chi fugge lo fa per necessità, vite stravolte da una guerra, costrette a ricominciare un’esistenza lontano dalla loro terra, senza una casa per ripararsi dal sole e dal freddo inverno, senza cibo, senza igiene e senza acqua; non avere più una vita “normale”, questo è essere profughi. Nelle nostre visite alle famiglie, ritroviamo Kadija, giovane mamma di 33 anni, paralizzata perché un cecchino le ha sparato nella schiena, mentre era incinta al quinto mese del suo bambino, che nascerà poi con gravi problemi di salute, ferita nell’anima e negli affetti, perché lo stesso giorno veniva ucciso suo marito e uno dei sui bambini, altri due figli sono in Siria con il nonno, mi dice che non passa istante della sua giornata che non pensi a loro, mi si spezza il cuore nel vederla così, queste sono le brutte storie che ascoltiamo ad ogni viaggio ormai da anni.
Il giorno dopo decidiamo di andare a Mersin, al porto, dove arrivano i nostri container, abbiamo appuntamento con Nial la ragazza siriana che si occupa dello sdoganamento dei container, una tappa importante. Lì le notizie sono buone, ci comunica che il nostro trentunesimo container è entrato in Siria, un container prezioso perché carico di cibo e di pannolini per bambini. Ci auguriamo vengano al più presto distribuite le merci per alleviare, con una piccola goccia, chi vive ormai da anni di stenti. Nel pomeriggio ci rechiamo negli uffici dell’associazione Salam, nostra partner locale,(è lei che si occupa delle nostre distribuzioni nel territorio tra idlib e Aleppo), per fare un punto della situazione, dove ho il piacere di conoscere un medico siriano che opera, almeno tre volte la settimana, in Siria e che ci racconta le atrocità che quotidianamente è costretto a vedere e soccorrere, in postazioni da campo perché la maggior parte degli ospedali sono stati bombardati e tutto ciò che serviva è stato distrutto; per questo motivo chiede il nostro aiuto, la possibilità di inviargli strumentazioni che possano aiutarlo a fronteggiare le continue emergenze e soprattutto i farmaci.
Fervono i preparativi per una festa che abbiamo organizzato per i 120 bambini della scuola di Mudanboy, per loro ci saranno giochi e divertimento , condivideremo con loro il pranzo , un momento che rimarrà impresso nella mia mente, vedere questi bambini mangiare con gusto e stupore, per tutti loro purtroppo e’ impossibile avere un pasto come questo tutti i giorni: pollo ,patatine, hairan, pane ,frutta. E’stato disarmante vedere alcuni bambini arrotolare il pane e conservarlo nelle tasche dei pantaloni, una pugnalata al cuore per chi come noi è abituato ad avere tutto e sprecare spesso ciò che avanza sulle tavole, tutto questo fa riflettere tantissimo.
Il giorno dopo si continua con la distribuzione dei pacchi famiglia, oltre alle famiglie con bambini vengono consegnati anche pannolini e assorbenti per le signore, utilissimi in una situazione di scarsa igiene come quella in cui sono costretti a vivere e, mentre stiamo concludendo le consegne, si avvicina a noi un bambino dallo sguardo perso e triste: gli domandiamo cosa accade, ci racconta che è fuggito da Aleppo con la sua famiglia e che ha subito i bombardamenti al fosforo, alzando la maglietta ci mostra il suo corpo martoriato dalle bruciature subite, dramma nel dramma, non è possibile ,non è umano tutto questo!
Ormai siamo giunti alla fine della nostra missione, abbiamo fatto moltissimo per la piccola associazione che siamo, ma grazie alla gente ogni volta e’ possibile , molti i progetti che cercheremo di portare avanti nel corso dei prossimi mesi.
E’ venerdì 15 luglio sono le 23.30 in Turchia: stiamo mangiando tranquillamente qualcosa in un punto ristoro, quando mi raggiunge la telefonata di mia moglie che mi informa del colpo di stato. Il silenzio e lo smarrimento ci raggiungono. Non sappiamo cosa fare, da lì a poco ci giungerà un messaggio della unità di crisi della Farnesina con il quale veniamo invitati a rimanere in albergo e a non andare per le strade. La mattina dopo sarebbe prevista la nostra partenza, ma gli aeroporti turchi sono tutti chiusi e non c’è possibilità di muoversi per nessuna destinazione; la notte sembra non finire mai , la televisione turca non trasmette più nulla, solo qualche emittente privata mostra quello che accade, internet funziona poco e male, per le strade si sentono persone che gridano, clacson che suonano non si capisce se a favore di Erdogan o contro, per fortuna il contatto telefonico con casa e’ ancora possibile. Finalmente è giunto il mattino,intanto anche dall’Italia cercano di contattare la Farnesina per capire il da farsi , dalle pagine Fb , chi ci segue si interessa a noi chiedendo informazioni, le notizie cambiano in continuazione, uno dei nostri contatti, Luay un ragazzo siriano che ci aiuta quando siamo a Reyhanli, viene a prenderci, ci invita a stare a casa sua con la sua bellissima famiglia, un gesto di grande valore, per non lasciarci soli, (infatti ci siamo sentiti in famiglia), quasi protetti, non finirò mai di ringraziarlo per la sua grande umanità e per il suo gesto di fratellanza. Domenica 17 luglio dopo l’ok dell’unita’ di crisi, siamo riusciti a ritornare a casa, la situazione in Turchia era piuttosto nervosa, molta agitazione per le strade, i siriani sono felici che il golpe sia fallito, una situazione con l’esercito al potere sarebbe stato un disastro. Le notizie danno conto degli arresti e delle vittime, ancora una volta è stato versato del sangue.