Sintesi del sesto rapporto annuale “I MIGRANTI NEL MERCATO DEL LAVORO IN ITALIA”
Il Sesto Rapporto annuale “I migranti nel mercato del lavoro in Italia” è ormai un consolidato strumento di raccolta e analisi di dati relativi alla presenza straniera e all’importanza che i cittadini extracomunitari, in particolare, hanno nel sistema occupazionale italiano. La basi dati utilizzate sono molteplici e di diversa natura, sia campionaria che amministrativa, frutto dell’attività dei diversi soggetti istituzionali che hanno partecipato alla ricerca. Il Rapporto, infatti, nasce dalla collaborazione tra Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, Direzione Generale dei sistemi Informativi, dell’innovazione tecnologica e della comunicazione, INPS, lNAIL, Unioncamere e il coordinamento di Italia Lavoro.
Rispetto alla precedente edizione – in cui erano stati dedicati approfondimenti all’impatto della crisi economica sugli assetti dell’occupazione straniera, all’analisi della condizione occupazionale delle cittadine migranti etc. – nell’edizione del 2016 è dato ampio spazio non solo ai dati relativi ai flussi migratori, alla popolazione, alle partecipazione alle politiche attive e passive ovvero ai sistemi di welfare e al mercato del lavoro, ma anche all’analisi della dimensione famigliare.
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FLUSSI MIGRATORI E POPOLAZIONE
Nel 2015, la grande maggioranza degli stranieri residenti (UE e non UE) si distribuisce in cinque paesi, tre con una consolidata tradizione come destinazione dei flussi migratori — Germania (7,540 milioni), Regno Unito (5,422 milioni) e Francia (4,356 milioni) — e due paesi con una storia recente di immigrazione — Spagna (4,454 milioni) e Italia (5,014 milioni). Proprio in Italia, tra il 2010 e il 2015, la popolazione residente nazionale è lievemente in crescita (+0,4%), mentre quella straniera ha conosciuto un incremento del 37,5%; in 5 anni il numero di individui stranieri è aumentato di circa 1,4 milioni di unità.
La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2015 assomma, dunque, a 5,014 milioni di persone, pari all’8,2% della popolazione. L’aumento rispetto al 2014 è modesto. Nel 2015, infatti, la stima del saldo migratorio è pari a +128 mila unità, per un tasso migratorio pari al 2,1 per mille, più basso di quello del 2014, il cui valore in termini assoluti è stato pari a +141 mila unità equivalente ad un tasso del 2,3 per mille.
Tra le comunità di origine extracomunitaria, residenti al 1° gennaio 2015, prevalgono i cittadini di Albania (490.483 individui), Marocco (449.058), Cina (265.820), Ucraina (226.060), Filippine (168.238), India (147.815), Moldova (147.388).
Gli incrementi maggiori, negli ultimi 12 mesi, si registrano per le comunità egiziana (+8,0%), nigeriana (+6,5%), pakistana (+6,2%) e srilankese (+5,8%). Inoltre, la quota relativa di presenza femminile varia in modo consistente tra le diverse cittadinanze: l’incidenza percentuale sul totale dei residenti oscilla tra poco meno dell’80%, nel caso dell’Ucraina, al 27,4%, nel caso del Senegal. La popolazione femminile è prevalente nei paesi latino-americani e nella maggioranza dei paesi europei.
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MERCATO DEL LAVORO
Il 2015 ha segnato un cambiamento significativo nel mercato del lavoro. I dati fanno registrare una netta inversione di tendenza dei trend: ad una crescita decisa dell’occupazione, corrisponde un netto decremento del numero dei disoccupati. Gli incentivi previsti dalla Legge di Stabilità 2015 (art. 1, comma 118) e il D.Lgs. n. 23 del 4 marzo 2015 (“Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”) hanno generato incrementi rilevanti del lavoro subordinato a tempo indeterminato, contribuendo a migliorare le dinamiche occupazionali. Nel caso della componente straniera della forza lavoro, anche nel 2015, il tasso di crescita dell’occupazione è stato positivo.
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Gli Occupati
Il numero di occupati comunitari ed extracomunitari ha fatto registrare, tra il 2014 e il 2015, un significativo incremento di poco inferiore alle 65mila unità (+34.298 UE e + 30.647 Extra UE), così come un notevole aumento dell’occupazione si osserva per la componente nativa, aumento pari a +121mila individui circa.
In lustro, il valore del tasso di occupazione nel caso dei cittadini comunitari è calato di 5,5 punti (68,1% nel 2010 a fronte del 62,6% del 2014), così come è calato il tasso degli extracomunitari di 4,1 punti (dal 60,8% al 56,7%); riduzioni molto più ampie rispetto ai -0,8 punti in cinque anni rilevati per gli occupati italiani (dal 56,2% al 55,4%). Nell’ultimo anno disponibile si osserva però un’inversione del trend e segnatamente un recupero dei valori degli indicatori. In particolare, nel caso degli UE il tasso di occupazione ha toccato quota 63,3%, +0,7 punti rispetto al 2014, così come nel caso degli italiani l’incremento è stato pari a +0,6 punti, per un tasso complessivamente pari al 56%. Più contenuta la crescita dell’indicatore relativo alla componente Extra UE (appena +0,2 punti), indicatore che nel 2015 ha raggiunto il 56,9%.
Anche nel 2015 in alcuni comparti è la componente straniera ad assicurare gli unici incrementi del numero di lavoratori ed in particolare nel settore dell’Industria in senso stretto i livelli occupazionali sono garantiti esclusivamente dalla forza lavoro comunitaria: in questo caso, rispetto al 2014, l’occupazione UE è cresciuta del 14,7%, a fronte di un calo della componente italiana dello 0,4% e di quella Extra UE del 2,1%.
Inoltre, nelle Altre attività nei Servizi è la componente extracomunitaria a fornire, sempre nel 2015, il maggior contributo alla variazione positiva dell’occupazione. Di contro, nelle Costruzioni la funzione compensativa della forza lavoro stranierà non è rilevabile, giacché la perdita di occupazione continua ad interessare sia lavoratori nativi che UE ed Extra UE.
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I disoccupati
Nel 2015 si registrano 456.115 cittadini stranieri in cerca di occupazione (138.709 UE e 317.407 Extra UE), platea che proprio nell’ultimo anno è diminuita di 9.580 individui. Simmetricamente, il tasso di disoccupazione della popolazione straniera si è ridotto sensibilmente. Nel caso dei senza lavoro di cittadinanza UE si è passati dal 15,7% del 2014 al 15,1% del 2015 e nel caso degli extra UE dal 17,4% al 16,7%. Anche per la componente nativa si osserva una riduzione del tasso di disoccupazione dal 12,2% all’11,4%.
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Occupazione, profili professionali e livelli di istruzione
La strutturale segmentazione professionale dei lavoratori stranieri, impiegati prevalentemente con profili esecutivi, è evidente e confermata dai dati: la quasi totalità dei lavoratori comunitari ed extracomunitari svolge un lavoro alle dipendenze e poco meno dell’80% è impiegato con la qualifica di operaio e, per di più, appena lo 0,9% degli occupati ha una qualifica di dirigente o quadro a fronte del 7,6% degli italiani. Inoltre, il 10,2% degli occupati extracomunitari svolge un’attività lavorativa per proprio conto, confermando la tendenza degli stranieri al lavoro in proprio fatto prevalentemente di più o meno piccole attività commerciali.
L’asimmetria tra livello di istruzione e impieghi svolti è un elemento caratterizzate l’occupazione straniera nel mercato del lavoro italiano. La suddivisione degli occupati per livello di istruzione e profilo professionale rivela differenza significative tra le diverse cittadinanze. Incrociando i dati per qualifiche professionali e livello di istruzione, il fenomeno della sovra-istruzione della manodopera straniera appare evidente. Ad esempio, la quota di lavoratori UE ed Extra UE laureati impiegati con mansioni di basso livello è pari, rispettivamente al 6,1% e all’8,4% dei totali di riferimento, a fronte dell’1,3% degli italiani.
Inoltre, il 70,4% degli occupati comunitari e il 60,6% degli extracomunitari impiegati come Dirigente, professioni intellettuali e tecniche è laureato, contro il 48,8% degli italiani.
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Famiglie prive di reddito da lavoro
La quota di famiglie realisticamente in una condizione di forte criticità materiale, giacché prive di fonti di sostentamento economico derivanti da una qualsivoglia attività lavorativa, presente o passata che sia, è molto alta tra i cittadini stranieri. Nel 2015 è possibile stimare un numero di famiglie di soli cittadini stranieri senza alcun percettore di reddito/pensione da lavoro e senza componenti over 65enni pari a 263.317 unità. Si tratta del 15,5% dei nuclei composti di soli cittadini comunitari e del 14,1% dei nuclei composti di soli cittadini extracomunitari. Nella medesima condizione di criticità trova il 7,6% delle famiglie italiane.
L’articolazione territoriale rivela la presenza di condizioni di spiccata problematicità in molti contesti regionali. Ad esempio il 37,7% dei nuclei di cittadini stranieri in Calabria è senza alcun percettore di reddito da pensione e/o lavoro, a fronte del 15,4% del totale dei nuclei di soli italiani, così come il 31,9% delle famiglie di comunitari ed extracomunitari in Campania.
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Gli inattivi
Nel 2015 si rilevano 1.270.242 inattivi stranieri. Anche solo osservando gli andamenti del numero di inattivi in età da lavoro negli ultimi anni, si nota come il tasso di crescita che ha interessato gli stranieri sia costantemente positivo. In particolare, la variazione tendenziale relativa alla componente extracomunitaria ha raggiunto il picco nel 2012 con un +10,4%, per poi scendere progressivamente su valori più contenuti nel 2014 (+2,7%). Il trend degli inattivi italiani è stato opposto: nel periodo 2011-2014, il tasso di crescita è stato sempre negativo. Nel 2015, invece tornano a crescere gli inattivi italiani (+0,2%), così come gli inattivi comunitari (+3,1%) ed extracomunitari (+2,2%).
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Le comunità e il mercato del lavoro
La partecipazione al lavoro per buona parte dei cittadini stranieri è notoriamente molto elevata. Elevati sono ad esempio i tassi di occupazione per alcuni gruppi etnici come filippini (81,3%), cinesi (73,1%), moldavi (67,5%), ucraini (66,1%). Tuttavia, elevati sono altresì i tassi di disoccupazione per marocchini (25,4%), pakistani (24,5%), tunisini (23,5%) e albanesi (20,2%).
Tuttavia è la condizione delle donne extracomunitarie a rappresentare uno degli aspetti più problematici della dimensione socio-lavorativa. Il tasso di disoccupazione delle donne pakistane (67,3%), egiziane (62,1%), tunisine (44,1%) e ghanesi (37,2%) è elevatissimo, ma ben più complesso e pervasivo è il fenomeno dell’inattività. I tassi di inattività per le donne originarie del Pakistan, dell’Egitto, del Bangladesh, dell’India superano, infatti, l’80% a fronte di una media nazionale del 60,2%.
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La domanda di lavoro: i dati delle Comunicazioni Obbligatorie sul lavoro dipendente e parasubordinato
Nel 2015 il Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie ha registrato un volume di rapporti di lavoro che hanno interessato cittadini stranieri pari a 1.969.635 unità, di cui 782.953 hanno interessato lavoratori comunitari (39,8% del totale) e 1.186.682 extracomunitari (60,2%).
Rispetto al volume di assunzioni rilevate per il 2014, si osserva una variazione positiva pari a +0,6% per gli UE e pari a +4,7% per gli Extra UE. Complessivamente la parte di contrattualizzazioni destinate agli stranieri è dunque aumentata di 3,0 punti percentuali, a fronte di un +4,1% del numero di rapporti che hanno interessato la componente italiana.
Parallelamente si registra un lieve decremento (-0,1%) del numero complessivo dei rapporti di lavoro cessati, in particolare dovuto alla componente comunitaria (-2,1%) e italiana (-0,2%). Le cessazioni dei contratti che hanno interessato gli stranieri oscillano tra il -2,1% rilevato per gli UE e il +1,8% rilevato per gli Extra UE.
Con riferimento alla cause di cessazione, le dimissioni si attestano nel caso dei cittadini extracomunitari su una percentuale pari al 25,6% del totale (13,7% nel caso dei comunitari), così come più alta è la quota di licenziamenti che hanno interessato cittadini con cittadinanza Extra UE rispetto agli UE (rispettivamente 14,9% e 11,4%). Da rilevare come nel 2015, rispetto all’anno precedente, si registrino contrazioni per le cessazioni dovute a dimissioni solo nel caso dei lavoratori UE (-0,4%). I licenziamenti, invece, diminuiscono sia nel caso dei comunitari (-2,4%) che degli extracomunitari (-4,1%).
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POLITICHE DEL LAVORO E SISTEMI DI WELFARE
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Politiche passive del lavoro
Nel 2015 il numero di beneficiari di trattamenti di integrazione salariale ordinaria con cittadinanza in Paesi extracomunitari è di 47.050 unità. Essi rappresentano l’11,5% del totale di beneficiari (410.765). Nel caso dell’indennità di mobilità, nel 2015 i lavoratori che ne hanno usufruito sono pari a 286.873 unità, di cui 13.122 (4,6%) con cittadinanza extracomunitaria. Il numero globale dei beneficiari di tale prestazione è in diminuzione rispetto al 2014 ma la percentuale dei lavoratori extracomunitari si mantiene costante.
Sempre nell’anno 2015, i beneficiari di disoccupazione ordinaria non agricola (inclusa speciale edile), ASpI, Mini-ASpI e NASpI, sono risultati nel complesso 2.425.987 (+14,4% rispetto al 2014), dei quali 314.569 con cittadinanza extracomunitaria pari al 13% del totale. Tale percentuale rimane piuttosto stabile rispetto ai due anni precedenti (12,9% nel 2014 e 12,8% nel 2013).
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Infortuni professionali
Alla data di rilevazione del 31.12.2015 risultano pervenute all’Inail (fonte Inail Open Data) circa 633mila denunce d’infortuni nel periodo di avvenimento gennaio-dicembre 2015, con un calo del 3,9% rispetto all’analogo periodo del 2014 (quasi 26mila casi in meno). Sempre nel periodo di avvenimento gennaio-dicembre 2015, risultano pervenute all’Inail 1.172 denunce d’infortunio mortale, in aumento del 16,2% (+163 casi) rispetto all’analogo periodo del 2014 (1.009 casi: dati mensili rilevati al 31 dicembre 2014) e in controtendenza all’andamento comunque decrescente degli ultimi anni.
Negli ultimi due anni, i dati infortunistici dei lavoratori stranieri hanno evidenziato una diminuzione del 3,2%; si è passati infatti da circa 95mila denunce del periodo gennaio-dicembre 2014 alle 92mila dello stesso periodo del 2015; in particolare un calo del 2,6% per gli extra-comunitari e del 4,7%, per quelli comunitari. 182 sono state le denunce con esito mortale pervenute all’Inail nel 2015 (dati ancora provvisori e non consolidati – data di rilevazione 31.12.2015) con un incremento del 32% circa rispetto all’anno precedente (-36,9% per i lavoratori extra-UE e del 24,1% per quelli UE).
Nel 2015 gli infortuni ai danni dei lavoratori stranieri hanno rappresentato il 14,5% di quelli in complesso (632.665) e il 15,5% dei mortali (1.172). Dei 91.749 casi riguardanti i lavoratori stranieri, il 73,2% ha interessato i nativi dei Paesi extra-UE e il rimanente 26,8% quelli dei Paesi UE, mentre per i casi mortali si è registrata una quota rispettivamente del 63,2% e del 36,8%.
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L’accesso ai servizi e alle politiche attive del lavoro
Nel 2015 dichiarano di aver avuto, nell’arco della loro vita, almeno un contatto con i servizi pubblici per l’impiego circa 280mila stranieri in cerca di lavoro (il 61,1% del totale), di cui poco meno di 88mila di provenienza UE e circa 191mila di nazionalità Extra UE.
Tuttavia, quasi 180mila disoccupati stranieri non hanno mai contattato un servizio pubblico per l’impiego (il 38,6% del totale). Tra coloro che entrano in contatto con i servizi, una quota rilevante ha una interazione abbastanza sistematica con i centri. Infatti, più di 5,5 lavoratori stranieri in cerca di lavoro su 10 si sono recati presso una struttura pubblica negli ultimi 4 mesi, un valore, questo, significativamente più alto rispetto a quanto sia osservabile nel caso dei disoccupati con cittadinanza italiana. In particolare, il 26,1% dei lavoratori extracomunitari in cerca di lavoro ha avuto un contatto nell’arco temporale di un mese. Anche una quota significativa dei disoccupati di nazionalità Extra UE hanno rapporti frequenti con i Centri e nel 28,5% dei casi il contatto è avvenuto da meno di 30 giorni. Parallelamente, appare utile sottolineare che circa il 25% degli stranieri in cerca di lavoro ha avuto contatti con la rete dei servizi da più di un anno e per alcuni (12,7%) l’ultimo contatto risale almeno a tre anni orsono.
La gran parte dell’utenza straniera in cerca di occupazione si è recata presso un Centro pubblico per l’impiego (CPI) al fine di verificare l’esistenza di opportunità lavorative (52,6%), mentre una quota altrettanto rilevante lo ha fatto per ragioni di natura amministrativa ossia per confermare lo stato di disoccupazione (25,9%), o per rinnovarlo (22,0%) oppure per iscriversi (13,9%) o effettuare per la prima volta la DID (6,7%).
L’analisi dei motivi di contatto mostra, quindi, una fruizione prevalentemente amministrativa dei servizi da parte dei lavoratori extracomunitari dal momento che sia in termini di orientamento, sia in termini di accesso ad altre misure di politica attiva, le percentuali sono bassissime. Infatti, solo una quota minoritaria dei lavoratori stranieri in cerca di lavoro che è entrato in contatto con un CPI ha beneficiato di servizi di consulenza ed orientamento e solo lo 0,4% ha ricevuto un’offerta di lavoro e/o un’opportunità di formazione.