Avesta Harun, la guerrigliera curda
Nel settembre 2014, il volto di Avesta Harun, comandante curda caduta in battaglia contro l’Isis, fa il giro del mondo. Questo libro racconta la storia dietro quel volto: la breve infanzia in famiglia nel Kurdistan turco e l’oppressione della sua minoranza da parte del governo; la scelta dell’adorato fratello Harun di salire in montagna e di darsi alla lotta partigiana; la morte di lui e la decisione di Avesta di prendere il suo posto e il suo nome nella lotta. L’ultimo presente è invece quello, coraggioso, sulle montagne del Qandil, insieme ai compagni e alle compagne con cui Avesta prepara le azioni di guerriglia e le esercitazioni militari che preludono all’azione contro l’lsis.
L’originalità del romanzo di MARCO ROVELLI – intitolato La guerriera dagli occhi verdi, edito da Giunti – consiste nell’aver dato voce alle persone che hanno conosciuto la donna per riproporre al lettore il suo mondo interiore: una guerrigliera sì, ma anche una donna, una sorella, una persona che ha coltivato le proprie opinioni per fare una scelta di vita consapevole. Con grande sensibilità, l’autore e giornalista si è addentrato nelle montagne e si è avvicinato al gruppo di curdi con la precisa volontà di capire le loro motivazioni più profonde.
L‘Associazione per i Diritti umani ha rivolto alcune domande a Marco Rovelli e lo ringrazia per la sua disponibilità, anche in agosto…
Come si è preparato per la stesura di questo libro?
L’idea è nata passo passo: volevo scrivere qualcosa su ciò che sta accadendo in Turchia e parlare dei membri del PKK quando ho letto un’intervista ad Avesta Harun su “Foreign Policy” e tre giorni dopo ho saputo della morte di Avesta, uccisa da Daesh. Ho preso questo fatto un po’ come un segno e così ho deciso di raccontare la sua storia; mi sono rivolto, prima, ai curdi di Roma che mi hanno trovato i ganci per il viaggio. Sono arrivato in Iraq, dove ho incontrato l’interprete, e poi mi sono spostato nella Turchia orientale.
Cosa spinge i giovani curdi ad entrare nel PKK?
Da una parte c’è una catena di sangue perchè ogni guerrigliero con cui ho parlato ha vissuto dei lutti, un parente, un amico e quindi c’è un aspetto intergenerazionale, destinale che raccoglie un’identità antica da riscattare. E questo è l’aspetto al centro del libro: Avesta è il personaggio di una tragedia greca e la sua libertà consiste nel dire SI a questo destino, nell’essere toccata da ciò che la tocca.
Dall’altra parte, i giovani vogliono anche ricostruire la propria identità perchè l’identità stessa è dinamica, è data dalle possibilità di vita, da ciò che ancora non sei. Nella voglia di liberazione c’è la voglia di costruire il futuro, lottando contro i caln, contro l’aspetto feudale e patriarcale della società turca.
In che modo i curdi riescono a sopraffare l’Isis?
Per la loro storia, i curdi hanno una capacità bellica ineguagliata da Daesh, hanno grandi capacità militari. Daesh è avanzato grazie agli armamenti e perchè gli ufficiali degli eserciti siriano e iracheno sono entrati nelle loro fila, ma nonostante questo, i curdi – che dispongono di pochissime armi pesanti – sono riusciti a contrattaccare grazie anche alla loro capacità di resistenza fisica e psicologica e a una profonda conoscenza del territorio.
Come vivono i guerriglieri delle montagne?
Vivono in maniera ascetica, in mezzo alla neve, nelle grotto, sotto terra. Vivono in simbiosi con le montagne. Gli addestramenti mentali sono fondamentali e l’ho voluto mettere in risalto nel testo: i curdi trascendono la propria individualità nel corpo collettivo.
Quale sarà lo scenario futuro dopo il tentato golpe?
Per i curdi non cambierà nulla; peggio di così non può andare perchè il livello di repressione è già inaudito. Questo è un processo che Erdogan portava avanti da tempo contro tutti i suoi oppositori e il tentato golpe gli ha dato ulteriori strumenti per continuare con la sua politica repressiva.