Il bambino magico: un bimbo albino dall’Africa all’Italia
Moussa è un bimbo africano albino: nel libro è considerato “magico”, ma è anche vero che nella realtà sono discriminati?
In alcune parti dell’Africa gli africani albini, chiamati zeruzeru, non sono solo discriminati, ma anche perseguitati. Si ritiene che siano figli del diavolo e che la loro carne abbia poteri magici, vengono dunque cacciati, uccisi e smembrati per ricavare pozioni curative.
Nel romanzo Moussa ha la fortuna di nascere in un piccolo villaggio dove la comunità si stringe intorno a lui, lo accoglie e lo protegge. Ugualmente il bambino albino è un figlio difficile da accettare, un compagno di gioco discriminato. Attraverso la diversità di Moussa volevo raccontare, più in generale, la fatica di ogni diversità, ma, anche, il potere magico e liberatorio di chi è diverso: Moussa è il personaggio più libero e coraggioso del romanzo, fortificato dal suo essere oltre le aspettative e gli schemi di pensiero.
Miriam, forse, è un nome che non è stato scelto a caso: cosa rappresenta la figura femminile in questa storia?
Miriam è il motore narrativo di tutto il romanzo: Miriam è il desiderio che spinge a spostare i confini oltre i limiti del villaggio, fino al fiume, alla Città sul mare e, da ultimo, oltre l’Africa. E’ una bambina visionaria e ribelle che preferisce le corse sfrenate alle danze, i coltelli al pestello per macinare il miglio. Miriam si sottrae al destino che è stato di sua madre e, prima ancora, della madre di sua madre: quello di essere moglie e, a sua volta, madre. Ci arriverà alla fine del romanzo, ma per una strada diversa, tutta sua.
Dovete sapere che la seconda parte del romanzo è stata interamente riscritta: nella prima versione il trauma della migrazione spegneva completamente il cuore di Miriam e la storia volgeva verso un ripiegamento. Ho sentito il bisogno di capire come fosse accaduto e ho capito che tutto dipendeva da lei, dalla sua rinuncia a lottare. Perché la mia Miriam così indomabile si era arresa? Non erano soltanto gli eventi tragici in cui si era imbattuta ad averla sconfitta ma, piuttosto, il senso di colpa: Miriam aveva cominciato a pensare che tutto ciò che le era accaduto fosse la giusta punizione per aver tradito la storia della sua gente, per aver desiderato e cercato per sé una strada diversa da quella delle donne che l’avevano preceduta. Quando l’ho capito ho cominciato a riscrivere ogni pagina, perché Miriam (e io con lei) potesse superare il senso di colpa e diventare l’inizio di una nuova stirpe di uomini e di donne.Certo il nome Miriam non è un caso. Come non lo è il nome di Beppe, abbreviativo di Giuseppe. Nel disegno dei nomi c’è l’idea di una rifondazione dell’umanità che può iniziare da capo in ogni bambino che nasce: un’umanità attraversata dalla luce del divino, ogni volta che gli uomini e le donne hanno il coraggio di amare, oltre ogni logica.
Si tratta di un racconto di formazione: quali sono le tappe fondamentali della crescita dei protagonisti? E quali i legami con l’attualità?
Che domandona.
La scelta di non indicare in quale parte di Africa sia ambientata la prima parte del romanzo (anche se sono evidenti i riferimenti al Senegal) nasce principalmente dal fatto che c’è un piano simbolico in cui l’Africa rappresenta l’infanzia, non solo dei protagonisti, ma di ciascuno di noi: il tempo delle infinite impossibilità, dell’immaginazione e dell’incoscienza della morte. L’arrivo a Milano segna la fine di questo tempo, rappresenta l’inizio dell’età adulta con le sue disillusioni e le molte difficoltà.
In questo senso Il bambino magico è una storia di migrazione nella misura in cui racconta l’uomo in cammino, l’uomo che diventa adulto accogliendo l’idea dei propri limiti ed esplorando la vastità delle proprie risorse, misurandosi con la perdita e la malvagità, affrontando la necessità di passare al vaglio della realtà gli insegnamenti che ha ricevuto, perché, da convinzioni inconsapevoli, si facciano scelte di vita.
Il bambino magico di questo romanzo non è solo Moussa, l’africano albino. Ci sono molti bambini magici, uno per ogni personaggio della storia. Siamo tutti astronavi guidate dal bambino che siamo stati: la qualità della nostra vita adulta dipende dalla nostra infanzia e dal dialogo che sappiamo instaurare con il nostro bambino interiore. I grandi uomini sono coloro che, pur avendo sperimentato la durezza della vita, conservano i poteri magici dell’infanzia: il senso della possibilità, la capacità di sbagliare senza abbattersi (solo attraverso l’errore, provando e riprovando si impara) e l’attitudine a chiedere aiuto.
Per quanto riguarda l’attualità, i temi che attraversano il romanzo sono davvero moltissimi: la migrazione, la condizione della donna, il bullismo e l’individualismo delle società occidentali sono solo alcuni.